Cerchio esistenziale
Oggi voglio essere latore di un pensiero che mi è balzato
troppo rapidamente alla mente perché non ne consideri l’eventualità di
condividerlo con voi:
E se il tempo scorresse in entrambe le direzioni? E se le precognizioni
che a volte ci fanno prevedere il futuro fossero la prova? “No! Non è
possibile…” sicuramente qualcuno starà latrando ora da qualche parte. Ma
pensate se questa nostra doppia direzione esistenziale potesse da noi essere,
per il momento, percepita solo a livello inconscio o nel migliore dei casi a
livello intuitivo? Ciò allora sarebbe possibile? A chi non è mai accaduto di
sentirsi depresso senza capirne il perché, poco prima che gli succedesse
qualcosa di spiacevole? Allo stesso modo, a chi non è mai capitato di sentirsi
allegro senza avere in realtà un vero motivo per esserlo? Queste riflessioni
potrebbero confutare e incoraggiare la tesi della direzione del tempo in due
diverse direzioni, e secondo alcuni anche più di due… ma non complichiamo la
faccenda e limitiamoci oggi alle due possibili modalità “Avanti” e “Indietro”,
che la nostra mente dovrebbe essere in grado di percepire, ma che per ragioni
che sono oggetto di studio ci permette di riconoscere in realtà solo quella
dell’”Avanti”.
Io, in realtà, sono più propenso a pensare che le
precognizioni e gli stati emotivi piacevoli o spiacevoli che questi procurano
siano determinati da algoritmi inconsci/intuitivi che il nostro cervello, molto
più intelligente di noi, elabora velocissimamente in virtù di tutti gli
elementi cosci ed inconsci del passato e del presente appena acquisiti, e a sua
immediata disposizione. Ma non me la sento di escludere del tutto la teoria
della doppia direzione esistenziale visto che alcuni fisici sostengono addirittura
che il tempo non esiste e che questo sia soltanto un prodotto della nostra
immaginazione… Ve lo spiego meglio la prossima volta, o forse lo spiegherete
voi a me. Comunque sia, se il tempo dovesse scorrere in entrambe le direzioni,
e io questo non lo so, forse, l’unica cosa che dovremmo cercare di fare (e che
molti fanno pur non ammettendolo), è autoglorificarci nel tentativo di trovare
un punto fermo in questo cerchio esistenziale dove “Avanti” e “Indietro” non
esistono più. E qui la chiudo, con l’illusione di aver risposto così, anche, a
qualcuno e a qualcosa.
IO SONO AUTOREFERENZIALE
– Io sono
autoreferenziale e me ne vanto.
– Io sono
autoreferenziale perché io so e ho le prove che non sono un ipocrita come la
maggior parte di quegli artisti che sfruttano i problemi sociali a titolo
strumentale solo per raggiungere i propri obbiettivi.
– Io sono
autoreferenziale perché io so e ho le prove di come vanno le cose nel mondo
dell’arte.
– Io sono
autoreferenziale perché io so e ho le prove che bisogna partire da sé stessi se
si vuole imparare a conoscere gli altri.
– Io sono
autoreferenziale perché io so e ho le prove di quale sia la differenza tra
essere egoista, egocentrico, megalomane, presuntuoso e l’essere
autoreferenziale.
– Io sono
autoreferenziale perché io so e ho le prove di quello che sono disposti a fare
e fanno gli artisti che non sono autoreferenziali pur di aver successo.
– Io sono
autoreferenziale perché io so e ho le prove che a volte si può essere più utile
agli altri così, che diversamente.
– Io sono
autoreferenziale perché io so e ho le prove che quello che faccio è necessario,
indispensabile e urgente.
– Io sono
autoreferenziale perché io so e ho le prove di non essere un terrorista ma un
artista che fa valere le proprie ragioni con il suo lavoro.
– Io sono
autoreferenziale perché io so e ho le prove di avere sbagliato a rivolgermi a
tutti coloro a cui era inutile rivolgersi.
– Io sono
autoreferenziale perché io so e ho le prove di continuare a sbagliare.
– Io sono
autoreferenziale perché io so e ho le prove che a causa di tutto questo ho
perso tutto ciò che avevo da perdere.
– Tutto
questo io lo so e ho le prove.
– Per questo
fino a quando avrò un alito di vita non smetterò di combattere la mia battaglia
contro tutto, contro tutti e contro me stesso, non perché sono un vero artista,
ma perché sono, sono uno, uno e basta.
– Uno lì
dove l’ipocrisia è imperante, e questo è tutto.
Pino Boresta
P.S. Dedicato a tutti gli autoreferenziali
Questo il cappello a cura della redazione:
A chi non è mai
accaduto di sentirsi depresso senza capire il perché, poco prima che gli
succedesse qualcosa di spiacevole? Allo stesso tempo modo, a chi non è mai
capitato di sentirsi allegro senza avere in realtà un vero motivo per esserlo?
L’opinione di Pino Boresta sul concetto di autoreferenzialità.
In foto:
Una vignetta di Osvaldo Cavandoli rivisitata, omaggio a Salvador Dalì (una mia opera
digitale), io in una foto smorfia.
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