Interventi abusivi
Le sue faccine disgustate sono appiccicate nei luoghi più impensati dei padiglioni della Biennale, mentre i gradini di molti ponti della città osservano gli amanti dell’arte con occhi cupi ed indagatori...si tratta delle opere situazioniste di Pino Boresta, ospite abusivo della kermesse artistica veneziana. Exibart l’ha intervistato per voi...
Pino Boresta è un artista romano che da anni ha intrapreso un difficoltoso percorso di ricerca nel campo dell’arte situazionista. Apparentemente i suoi interventi hanno il sapore della burla, mirano al coinvolgimento dei passanti, cercano di creare un certo divertito scompiglio. Ma il riso a ben vedere è, come nelle migliori tradizioni urbane, amaro come il fiele. L’arte di Pino Boresta invade le strade delle città, sale sui pullman, si diffonde pacifica ed insidiosa tra cartelli e manifesti pubblicitari. Talora diventa direttamente o subliminalmente un sondaggio ossessivo su che cosa sia l’arte. Il suo target, il passante, l’utente dei non luoghi di massa. Indagine sul campo, quesiti crudi in bilico tra le tecniche della propaganda underground, e le rilevazioni demoscopiche più all’avanguardia. L’11 dicembre del 1997, tra le 17,30 e le 19,30, alla Stazione Ostiense (si legge nella cospicua documentazione che lo riguarda presente all’Associazione Futuro di Roma), alle domande Cos’è l’arte? Dov’è l’arte? Com’è l’arte? Qual’è l’arte? Quand’è arte? Chi è arte? Perché è arte? Quant’è arte? Tra le risposte più sensate che ha raccolto e lasciato ai posteri troviamo: 1) Ciò che l’uomo fa con i mezzi della ragione seguendo gli istinti del cuore. 2) L’espressione dell’essere. 3) L’universo. 4) Il silenzio quando parlo. 5) Girare nudi in metropolitana... Ecco la sua intervista fiume.
Domanda: Questa é la tua prima “partecipazione” alla Biennale di Venezia?
Risposta: No questo progetto intitolato “Generate una smorfia” (come riportato per la prima volta nel libro “Non é Vero” e dal sottotitolo "disordinazioni di un'avanguardia subliminale di massa") é incominciato nel 1994 a Roma ed è stato in seguito realizzato quasi in tutte le grandi città Italiane. Venezia e la biennale sono state nel 1995 una delle prime tappe, e questo si é ripetuto per le tre edizioni seguenti infestando vicoli, campi, giardini e battelli con facce sbeffeggianti. All’estero questa, possiamo chiamarla A.D.U. - Azione di Disordinazione Urbana- é stata compiuta per quel che concerne il passato recente a Londra fine 2000 ed in questi giorni in Polonia, a Lodz, e Poznam, e nell’estate nel 1997 a Kassel in occasione di Documenta X di cui si può leggere sull’ultimo libro di “Oreste alla biennale” un mio divertente testo in inglese che riporta il resoconto degli interventi compiuti. Questo proprio nelle tre pagine da me curate, come l’intera manifestazione riguardante la sezione degli incontri e meeting concernenti gli Adesivi Urbani Autoprodotti e Sticker Artisti (tra cui Piermario Ciani e Jeroen Jongeleen da me invitati). Anzi approfitto di questo spazio per lanciare un appello a tutti gli artisti che lavorano in questo senso (vale a dire che utilizzano adesivi urbani disordinanti) perché m'informino sulla loro attività e per poterli così coinvolgere nelle prossime iniziative riguardanti A.S.A. - Associazione Sticker Artisti ed A.U.A.- Adesivi Urbani Autoprodotti A.S.A.- A.U.A.- Casella postale 19 - 00037 Segni (Roma).
D: Oltre alle tue famose faccine appese abusivamente nei luoghi più impensati, c’erano come altre volte, dei questionari da distribuire al pubblico?
R: I questionari e domande cui ti riferisci sono stati da me fatti ma non per quest'occasione. A meno che tu non ti riferisca alle faccine con una scritta intorno che sollecitano una riflessione sulla pubblicità, che tutti possono scrivere infondo all’adesivo nello spazio destinato a tale uso. Questo tipo d'intervento é una ramificazione del progetto precedente chiamato in questo caso C.U.S.- Cerca ed Usa la Smorfia. Quando nel 1995 ho ideato quest'adesivo interattivo (non conosco per il momento casi d'altri artisti che n'abbiano fatti altri), non era nelle mie intenzioni di recuperare tutti quelli che avrei trovato con scritte, ma poi nel 1996 oltre a fotografarli ed a documentarli con video e foto, ho preso la decisione di cominciare a recuperarli e sostituirli con dei vergini. Questo perché avevo capito che avrei così potuto dare a quelle dichiarazioni, affermazioni, gridi, insulti (e non sono pochi ma é giusto che tutto sia registrato fedelmente ed archiviato) una più ampia diffusione e possibilità di essere ascoltati e visti invece di finire ingiustamente ed inesorabilmente erosi dalle intemperie naturali ed umane. Come succede giustamente a tutti quelli che il destino ed il caso non ha voluto che io ritrovassi. Questi recuperi diventano così dei piccoli cimeli in vetrina, pubblicati in libretti ed ai più belli, indicativi e divertenti riservo il diritto a divenire grosse cibachrom, o foto plotter. Ho poi cominciato nel 1997 a recuperare anche alcune delle facce tonde smorfieggianti da me attaccate qua e là per le città ed anche queste dal tempo e dalla gente deturpate. Questo perché ho scoperto che io stesso non sarei mai stato capace, com'era riuscito con il proprio gesto al grande Arnulf Rainer, di operare meglio di come gli agenti atmosferici ed avventori intraprendenti riuscivano e riescono tuttora e fare su questi adesivi sagomati della mia faccia, sparsi ovunque nelle strade cittadine.
D: Qual’é lo scopo dei tuoi interventi?
R: Forse non so neanche io quale sia esattamente lo scopo dei miei progetti dato che ho riscontrato che spesso non rispecchiano lo scopo che gli altri vi trovano. Certamente le motivazioni che determinano i miei interventi e modo di agire sono molteplici e non vorrei ripetere quella inflazionata ma probabilmente vera riguardo alla necessità dell’artista di comunicare, bla bla bla etc. Un tempo mi piaceva dire ed é tuttora vero che uno dei miei intenti principali é quello di voler coinvolgere attivamente il fruitore nell’opera, ma a volte mi chiedo fino a che punto tutto questo mi interessi e sia giusto. Non so se questo può essere utile, ma una volta ho scritto cosa vorrei che avvenisse ad ogni mio progetto ed é quanto segue: vorrei che ogni mio progetto si trasformasse ogni volta proprio come avviene al ghiaccio che si tramuta in acqua per poi divenire vapore ecc. ecc. Vorrei che anche i miei lavori entrassero in un ciclo magari incontrollato dove possano vivere in pieno la trasformazione che di volta in volta li origina in forma e contenuti diversi. Credo che questa sia la grande forza delle idee sulle cose.
R: Che reazioni ti aspetti e ricevi dal pubblico? So che a Roma e non solo, hai tantissimi estimatori, hai anche un gallerista o dei galleristi che seguono il tuo lavoro?
R: Il Mascherino é una delle poche gallerie che segue e promuove il mio lavoro, dove proprio pochi giorni fa è terminata una buona collettiva alla quale ho partecipato. Le reazioni del pubblico ai miei progetti sono di solito d'entusiasmo ed apprezzamento e francamente é da loro che traggo le maggiori soddisfazioni, quello che mi riesce più difficile pur avendo tra loro diversi estimatori é quello di rapportarmi con buoni galleristi che sappiano apprezzare fino in fondo la mia opera, ma questo credo che dipenda anche dalla complessità del mio lavoro dove il semplice fatto di non vedere e non capire immediatamente la realizzazione formale dei progetti spesso sperimentali e che prendono forma di ricerca in quello che é il laboratorio del quotidiano delle metropoli e della società blocca e devia tutti gli spontanei ed iniziali slanci d'interesse, che finiscono con il rimanere solo tali. Questo perché non è capita l'importanza che risiede nel processo di realizzazione del progetto e nel messaggio che esso contiene. Io credo che tutti i progetti di ricerca, anche i più sperimentali, possano rendersi concreti in materiali tangibili di vario genere e possono essere esposti come opere nella maniera di volta in volta più opportuna. Tali materiali assumono un valore come elementi di passaggio per l’informazione ma anche essere considerati come oggetti d’arte veri e propri, come merce. Trovo in ogni modo sbagliato che si debba pagare un prezzo in termini monetari per qualsiasi tipo di passaggio d'informazione. Devo inoltre confessarti di subire una specie di rifiuto nei confronti dell’opera come oggetto di valore in quanto tale, cioè senza che questo abbia un'implicazione di valore aggiunto. Avverto anche una certa insofferenza e diffidenza nei confronti degli “oggetti d’arte”. Sento l’urgenza del superamento dell’opera effimera dove a fare da padrone sono gli elementi estetico formali. Ed è per questo che ho trovato il lavoro di 0100101110101101 presentato al padiglione Sloveno come una delle cose più interessanti e belle di tutta la Biennale di Venezia. Ho trovato molto giusto, ed in linea con il mio pensiero, quello che Vuc Cosic dice in un'intervista di Tilman Baumg sulla net.art nel catalogo. Comunque, oltre ad ammiratori ho anche detrattori come un certo Pippopinguino che si aggira ultimamente per le vie Romane divertendosi non so per quale motivo a strappare i miei adesivi, azione legittima, ma francamente mi pare una guerra in famiglia che lascio solo a lui. Trovo invece molto più interessante chi, come il sottoscritto e non solo - il maestro Cattelan ci insegna -, utilizza azioni spesso parassitarie ma non deturpanti su opere d'artisti più in vista più sostenuti e più famosi presenti in mostre importanti come biennale e documenta ed altre etc.
D: Consideri i tuoi interventi un’opera collettiva? O un virus benefico da diffondere nel mondo dell’arte?
R: Non so se il mio sia un virus benefico, ma spero di si, spero che provochi riflessioni positive, ma nonostante tutta la buona volontà impiegata, a volte, con il proprio operato si finisce per favorire il nemico tanto é vero che ho notato che in Italia specialmente negli ultimi anni la pubblicità adopera per i propri fini facce sempre meno serie, statiche od ingessate utilizzando invece visi sempre più ironici smorfiegianti e sbeffeggianti. A Londra invece é successo che in una mostra organizzata nella metropolitana di Brixton per protestare contro alcune decisioni comunali di smantellare i locali e le attività in loco la mia faccia sia stata utilizzata come sberleffo ed elemento di protesta contro le istituzioni locali. Questo mi ha fatto molto piacere, visto che io quando ho pensato questo progetto con la mia faccia spalmata ovunque nella città volevo utilizzare questa in maniera ironica come marchio per protestare contro le grandi aziende che con i loro soldi e capitali ci vogliono imbottire la testa di quello che dicono loro adoperando la pubblicità indiscriminatamente, spesso in maniera subdola e subliminale. Volevo diventare, chiaramente in forma parossistica paradossale, (cercando di capire fino a che punto si poteva tirare il gioco) una sorta di spot antispot, anticonsumismo, anticapitalismo, anticonformismo, antiglobalizzazione, antiarte, ma poi ci si accorge che non é tutto così semplice e c’é chi come all’ultima biennale al padiglione Giappone forse giustamente la pensa in maniera diversa e con i soldi di un grosso sponsor che esercita la propria attività in tutto il mondo realizza la propria installazione a loro dedicata sostenendo che Andy Warhol in fin dei conti con la Cambell faceva la stessa cosa.
D: I tuoi interventi sono autofinanziati?
R: Sì molti dei miei interventi sono autofinanziati, ma quando sono stato invitato in grandi manifestazioni come “Big Torino 2000” le spese sono state sostenute dall’organizzazione dell’evento in collaborazione con AMIET l’azienda municipale per la raccolta dei rifiuti, con la quale ho realizzato quest'intervento urbano d'indagine sulla spazzatura, ripetuto ben tre volte in tre zone socialmente ed economicamente diverse di Torino. In quest'intervento che ha riscosso un notevole successo, tutte le spese; dal grosso cubo in plexiglas, al pullman per il pubblico che seguiva la performance in diretta, alla video ripresa e montaggio finale più i tre grossi cubi ricostruiti fotograficamente a dimensioni reali, nonché il viaggio ed il soggiorno in hotel per 18 giorni sono stati interamente pagati dall'organizzazione, rimasta anch'essa molto soddisfatta del progetto realizzato e dalla risonanza che il lavoro ha avuto. Insomma quando le cose vanno così sò soddisfazioni. Qualcuno una volta mi ha domandato se essere ricchi è importante per diventare artisti famosi.....io francamente non so se avere molti soldi sia determinante, ma credo che un pó di verdoni ed amicizie giuste non hanno mai guastato, e questo lo sapeva bene anche il grande ed incommensurabile Marcel Duchamp.
D: In che modo riesci a commercializzare le tue opere?
R: Da qualche anno ho cominciato a vendere qualcosa ad alcuni attenti estimatori ma queste piccole entrate non mi permettono ancora di vivere di sola arte. Ma forse é meglio così perché il mercato é un meccanismo nel quale é meglio entrare in punta di piedi e spesso grossi exploit e vertiginose ascese si sono rivelate dei grossi flop.
D: Hai un atteggiamento critico nei confronti del sistema dell’arte?
R: Ormai é troppo facile avere un atteggiamento critico nei confronti del mercato o cosi detto sistema dell’arte e non vorrei fare la figura del solito artista scontento che si lamenta, ma alcune cose le vorrei dire: Sappiamo che da sempre esiste un sistema di lobby che favorisce gli artisti che vivono o si sono trasferiti nelle grandi città dell'Italia settentrionale, perché lì ci sono le gallerie che contano, i soldi ecc.ecc. ma questo è sufficiente per giustificare che un intera erogazione dei pochissimi soldi a favore dell'arte contemporanea vada a beneficio dei soliti noti, non si rischia così d'alimentare solo un mercato effimero e consumistico senza preoccuparsi minimamente di supportare almeno un po' l'arte sperimentale che sta veramente dicendo e facendo qualcosa di nuovo e più interessante. Sto parlando di una delle poche buone iniziative che il governo passato ha fatto, e cioè i premi del Giubileo per la Giovane Arte Italiana, dove i 30 milioni a testa sono andati spesso immeritatamente a quasi tutti artisti d'area milanese legati in parte ad una stessa situazione. Ben dodici quindicesimi (12/15) delle scelte fatte sono riconducibili ad un unico ambito ed area di riferimento sostenuta da un gruppetto di galleristi, critici e compiacenti giornalisti critici che sostengono (affermazione fatta in conferenza ad ArteFiera di Bologna di fronte a centinaia di persone) legittimamente, di non dover essere loro a dover fare delle scelte, ma di avere il compito semplicemente di diffondere ed informare su ciò che altri critici più preparati ed informati di loro fanno. Ma non capisco allora perché chi fa queste affermazioni continui però a fare parte di giurie dove la scelta ed il giudizio critico sono d’obbligo giacché si è lì per fare delle scelte. Non si può partecipare a giurie selezionatrici limitandosi ad avallare le scelte d'altri componenti della commissione esaminatrice, altrimenti si potrebbe pensare che si partecipi solo per intascare i compensi e guadagnarne in prestigio. Comunque sia ritornando ai 12/15 io credo che sia giusto, come é sempre stato, che ad un certo punto della loro carriera, dei critici militanti facciano delle scelte e cerchino di sostenere un certo numero d’artisti, ma c’é modo e modo, e soprattutto non bisogna essere avidi ed egoisti, 7/15 erano più che sufficienti. Possibile che a Roma dove risiedono migliaia d'artisti non ci siano mai artisti meritevoli di essere scelti per nessun concorso o borsa di studio. Non ultima la vera e propria cattiveria commessa dall’ultima giuria italiana per la borsa di studio del PS1, che selezionando solo sei canditati invece dei 10 previsti dal bando di concorso (e per carità nessun romano pur considerando la prossima sede espositiva, e vada retro ogni artista del sud), ha impedito in questo già povero e desolato ambiente culturale, a quattro artisti di utilizzare quelle risorse (mostra al Palazzo dell’Esposizioni di Roma e realizzazione dell’opera per tutti i selezionati) già stanziate e comprensive di spese per tutti e 20 gli artisti (compresi i 10 selezionati l’anno precedente).Tutto questo sostenendo che la qualità era bassa, ed in alcuni casi si era preferito non scegliere artisti pur bravi e stimati ritenendo che non sarebbero mai stati scelti dalla giuria americana. Ma ditemi voi che discorso é mai questo? Non voglio parlare delle scelte finali del PS1 dove pare che le discriminanti di scelta siano tutte fuorché quelle meritorie in base al lavoro, poiché pare che sia più utile avere una fidanzata critica che lavori nella fondazione che qualsiasi altra cosa. Sai, sono molti quelli che sanno come vanno le cose ma tutti hanno paura di parlare e scriverle certe cose perché hanno timore di essere emarginati e forse io stesso, se tu come spero le pubblicherai, pagherò le conseguenze di quello che dico, ma bisogna che tutti comincino a capire che queste cose vanno fatte con coscienza ed onestà, perché questi concorsi sono ogni volta delle sconfitte dolorose che spesso lasciano ferite che gli artisti scontano a caro prezzo sulle loro pelle. Non partecipare poi sarebbe un atteggiamento da struzzi oltre che da stronzi offrendo ai soliti noti un alibi in più per giustificarsi. Per quel che mi riguarda poi tutto sarebbe più facile da accettare se non mi fosse capitato di vincere, arrivando primo, a concorsi dove la scelta è fatta solo ed esclusivamente in base al lavoro, scoprendo cioè solo in un secondo tempo il nome dell’artista corrispondente al progetto presentato. Queste sono cose che fanno riflettere visto che la giuria era composta anche da persone qualificate come Gilardi, Pinto ed altri. Qui non si tratta di fare scelte secondo una ripartizione regionale, ma possibile che non ci siano mai artisti meritevoli di essere scelti da Bologna in giù.
D: Pensi che in futuro sarai ufficialmente invitato a partecipare alla Biennale? Se succedesse (e comunque te l’auguro) sarebbe forse la fine dell’arte di Pino Boresta?
R: Innanzi tutto grazie per l’augurio anche se probabilmente qualcuno penserà che stai bestemmiando, poi non so se sarò mai invitato ufficialmente alla biennale di Venezia, questo dipenderà dalle dinamiche che saranno adottate per la prossima edizione e soprattutto dal prossimo curatore, e dal suo interesse per un certo tipo di cose e soprattutto da chi lo consiglierà che spesso sono quelli che decidono molte cose. Una cosa é certa invitato o no, padreterno permettendo, io ci sarò!…ci sarò come ci sono stato nelle ultime quattro edizioni, sarò così l’unico ad avere partecipato quattro volte di seguito alla biennale. Sarei un ipocrita se affermassi che non mi piacerebbe che un'eventualità del genere si presentasse veramente, e ciò non sarebbe né antitetico né antietico con il mio lavoro, perché quello presentato a Venezia finora é solo uno dei miei progetti anche se probabilmente il più famoso e conosciuto. Tu avrai poi visto nei due faldoni al Centro Documentale di Futuro a Roma la documentazione riguardante i 20 e passa progetti realizzati in diverse occasioni e sono questi solo una parte del mio lavoro. Sarebbe come é avvenuto alla biennale giovani a Big Torino 2000 un'opportunità in più per realizzare con un po' di fondi e risorse un nuovo progetto. Credo comunque che se questo piacevole evento non dovesse mai verificarsi non sarebbe poi così grave visto che sarei in buonissima compagnia con artisti come Ettore Innocente inspiegabilmente mai invitato alla Biennale di Venezia. Artista di cui ora tutti si riempiono la bocca senza averne però mai capito prima, quando era il momento giusto, l'importanza e la bellezza del lavoro.
D: Le tue attività artistiche più recenti?
R: A Poznam ho realizzato pochi giorni fa il mio ultimo lavoro che è stato una performance intitolata: I.A.I.S.T.- International Association of Independent Shower Takers (cioè A.I.D.I. - Associazione Internazionale Docciatori Indipendenti). Prima di partire per la Polonia, ho partecipato a Futuro ad una collettiva presentando M.E.R. - Manifesti Elettorali Rettificati di Tajani e Veltroni, lavoro quest'appartenente alla famiglia dei D.U.R - Documenti Urbani Rettificati di cui si può leggere una spassosa descrizione sul libro "Il Suicidio dell'arte", di Pablo Echaurren.
Intervista di Ugo Giuliani a Pino Boresta Pubblicata on line su Exibart
Venezia – Pino Boresta, Interventi abusivi, Sedi varie, 49°Biennale d’arte. Fino al 4.XI.2001
Qui il link:
https://www.exibart.com/biennale2001/fino-al-4-xi-2001-pino-boresta-interventi-abusivi-venezia-sedi-varie/
In foto:
Interventi urbani progetto CUS e NDA, Piermario Ciani ed etichetta interattiva progetto CUS, Arnulf Rainer e smorfia deteriorata del prog.CUS, Tilman Baumg e Vuc Cosic, un opera di Maurizio Cattelan, Andy Warhol, il cubo dell’azione urbana Rifiutindagine, Marcel Duchamp, Piero Gilardi, Ettore Innocente e un momento della performance AIDI, un momento dell’azione urbana MER.
In foto:
Interventi urbani progetto CUS e NDA, Piermario Ciani ed etichetta interattiva progetto CUS, Arnulf Rainer e smorfia deteriorata del prog.CUS, Tilman Baumg e Vuc Cosic, un opera di Maurizio Cattelan, Andy Warhol, il cubo dell’azione urbana Rifiutindagine, Marcel Duchamp, Piero Gilardi, Ettore Innocente e un momento della performance AIDI, un momento dell’azione urbana MER.
1 commento:
Bravo così si fa, il giusto punto di vista , fare arte con la propria faccia , THE face of art. By Mr. Roberto Scala
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