giovedì 18 febbraio 2010

2008 Chiara Li Volti


Aproblematica convivenza



























Quanti sinora si sono soffermati sulla pervasività del consumismo che germina negli interstizi della quotidianità urbana sono stati i filosofi, apocalittici padri di una successiva generazione di sociologi integrati che, grattando la ruggine neo-marxista, hanno saputo intravedere un'ampia schiera di quei consumatori meno inclini ad un’aproblematica convivenza. Billboard Banditry, culture jamming, textual poachers sono quei cecchini semiotici che irridono l'ideologia della forma testo, per sabotarne il messaggio. Quando si parla di signflation è per lamentare la proliferazione segnica che invade la comunicazione: che svuota la dimensione simbolica e concentra in ogni significante tutto il significato possibile.













Pino Boresta è ancora un Situazionista alla maniera di Guy Debord, il suo détournement è un'appropriazione che mette in atto una deriva di significati, ma ciò che Debord mal sopportava e che lo fece volgere per lo scioglimento del movimento quarant'anni fa, Boresta lo aggira trasgredendo compiutamente ogni ipotetico asservimento ideologico. Oggi indubbiamente siamo in un tempo altro, sarebbe inopportuno pensare che accettiamo tutto così come ci viene offerto, ed esistono mirabili esempi di come l'arte possa salvaguardarsi dal consumo e stringere la mano a questo, eppure è nello spazio urbano che tutto ciò fatica ad accadere. Se nel privato ci siamo scrollati di dosso l'immagine bruta di un passivo Couch Potato - consumatore dipendente - nello spazio pubblico si tarda a riconoscere la legittimità del possesso che pure abbiamo, al pari di chi nella culla del potere ne abusa.


























Alla surcodifica della cartellonistica Boresta impone allora il proprio logo, la sua smorfia, suo personalissimo brand, su manifesti politici, segnali stradali, centraline elettriche e così via. Insinuare il dubbio nella normale rappresentazione invita a fare epoché, valutare quanto possa essere decostruito. Il Beowulf di Boresta è altrimenti un eroe epico già ampliamente ri-mediato, in ultimo da Robert Zemeckis nel 2007. La locandina cinematografica è il glamour della potenza fisica del guerriero vichingo che alletta e seduce il passante. Boresta sottrae la sagoma in cartonato, la "rettifica" con il proprio logo e si appropria del sottotitolo "Affronta i tuoi demoni", concedendo nel possessivo differenti stimoli attivi. La smorfia è la disarticolazione facciale come della lusinga dell'oggetto originale.












No-Logo C.U.S. è testimonianza di quel bracconaggio produttivo che tanto entusiasmava De Certeau, Firma Boresta è la beffa della politica e la celebrazione dell'indipendenza identitaria e lo spazio pubblico dunque il suo ambiente naturale.


Chiara Li Volti


Pubblicato sul catalogo “SM° Scala Mercalli - Il terremoto creativo della Street Art Italiana” edizioni Drago.



In foto:

- Pino Boresta in azione durante la 53° Biennale di Venezia.

- Intervento clandestino CUS in laguna durante la 53° Biennale di Venezia.

- Locandina cinematografica di Beowulf rettificata.
- Michel De Certeau e Robert Zemeckis.

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