domenica 10 dicembre 2023

Edwige Comoy Fusaro

 




Edwige Comoy Fusaro intervista Pino Boresta alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, il 29/11/2017

 

Come definisci il tuo lavoro: street art, arte urbana, arte contemporanea?

La street art è molto variegata, e si manifesta in varie forme come: i graffiti, il writing, la sticker art, la stencil art, i manifesti etc.

Il lavoro di strada è stato spesso per molti un’attività provvisoria. Diversi artisti hanno così deciso di iniziare la loro carriera, e molti sono i giovani che iniziano mostrando le loro opere in strada per farsi un nome, è questo un modo farsi conoscere. Questo perché è difficile entrare immediatamente nel mondo chiuso delle gallerie, e delle fantasmagoriche mostre che all’interno di questi spazzi si svolgono, anche se oggi forse, non è più così, ma sicuramente lo era una volta. Sono poi molti quelli che finiscono per lavorare come illustratori, nella graphic art o altro, ma pochi saranno quelli che confluiranno nel mondo dell’arte contemporanea, ma anche qui forse non è più così, ma lo era sicuramente una volta.

Io ho fatto un po’ il contrario. Sono geometra (il diploma dice così) ed ho sempre disegnato. A Firenze negli anni ‘80 ero affascinato dai ritrattisti che disegnavano sotto Palazzo degli Uffizi nella piazza. Come artista ho avuto un excursus tradizionale, passando dalla pittura figurativa all’espressionismo, all’astrattismo, all’arte concettuale, all’arte relazionale ed in infine approdo anche in strada. Certe letture sono state per me decisive, come la “Psicopatologia della vita quotidiana” e “Totem e tabù” entrambe di Sigmund Freud, “1984” di George Orwell ha esercitato un’influenza determinante su di me, e “No logo” di Naomi Klein è stato importante per capire quello che già da molto tempo avevo incominciato a fare. Per questo è nato il mio progetto di Web Art “No Logo CUS”. Un progetto dove ci sono citazioni del libro e foto dei miei interventi di street art che dialogano tra loro.

Inizialmente sono stato molto influenzato da altri artisti come: Kokoschka, Schiele, Klimt, Klee o Soutine, per esempio. Ed altri mi hanno influenzato nel prosieguo della ricerca artistica come: lo scultore Franz Xaver Messerschmidt, le smorfie fotografiche di Arnulf Rainer, i manifesti di Mimmo Rotella, e poi i lavori di Alighiero Boetti etc.

Infine, ci sono poi le scoperte decisive: che per quanto mi riguarda è stata la fotocopiatrice che ha condizionato e determinato la produzione delle mie opere e del mio agire artistico.

 


Qual è la storia delle tue smorfie?

Le smorfie sono otto o nove in tutto, sempre le stesse, alcune con l’etichetta interattiva e altre senza. Le foto sono state fatte intorno al 1990. Poi all’inizio degli anni ’90 ho cominciato ad usare alcune di queste foto in delle installazioni artistiche ed regalarne alcune ai miei amici. Subito dopo ho incominciato a produrre degli adesivi incollando le facce per le strade: volevo un incontro diretto e immediato con il fruitore. Volevo fare a meno della galleria, del curatore, di tutti gli intermediari, insomma, se altri hanno fatto la stessa cosa dopo di me, significa che il mio lavoro è arrivato, ha bucato, come si suole dire. Avevo anche realizzato un volantino che era una sorta di manifesto ed istruzioni per l’uso.

Il viso con la smorfia ha la funzione di catturare l’attenzione per interpellare su una tematica particolare: chi cammina per strada ed è distratto da mille altre cose, a cominciare dalla pubblicità. La mia faccia da cazzo aveva ed ha il compito di catturare l’attenzione e dare modo di riflettere sulla questione della propaganda Capitalista e quella di Stato. Questo perché sono sempre stato molto infastidito dalla sovrabbondanza della pubblicità, e volevo contrastare l’influenza che la pubblicità esercita sulla gente. Bisogna essere consapevoli di quell’influenza, capirla ed imparare a gestirla.

 


Perché le facce? Perché alcune sono interattive e altre no?

L’adesivo interattivo è l’evoluzione ramificata delle facce non interattive.

L’opera nasce dalla necessità di esistere e renderlo tangibile anche a sé stessi. Viene da una frustrazione, perché sono un artista ma non sono inserito nel mondo dell’arte. E poi mi diverte incollare la mia faccia dappertutto. A chi mi dice che l’opera è narcisistica, rispondo che è anche soprattutto autolesionista perché espongo la mia immagine in balia della gente e la offro loro in pasto, proprio lì dove ognuno può farne quello che vuole. Eccola! L’effige del mio viso alla mercé di chiunque dove chiunque può: scarabocchiarla, modificarla, strapparla, distruggerla, scriverci su un insulto, addirittura sputarci su (qualcuno ci ha attaccato una gomma da masticare). Effettivamente quasi il 40% delle scritte sulle etichette interattive sono insulti o parolacce. Quindi non vi è solo una forma di narcisismo, ma credo vi sia anche e soprattutto una buona dose di autolesionismo, autodistruzione.

 


Con gli adesivi interattivi dov’è l’opera d’arte: prima della scritta o dopo?

Il futuro dell’opera è necessario nel completamento dell’opera d’arte. Mi affascina l’idea che da un lavoro nasca un altro lavoro. Anche il degrado a cui sono sottoposti gli adesivi dovuto al tempo e alle intemperie è bello. È bello perché l’adesivo logorato diventa un’altra cosa, e mostra vantandosene, il passare del tempo. Lo scorrere del tempo è un altro tema centrale di tutta la mia ricerca artistica. Esistono varie forme di deterioramento, e le trovo tutte interessanti. Spesso recupero e colleziono tutti i vari adesivi rovinati che mi capita di ritrovare, oltre chiaramente, quelli dove è stato scritto sopra qualcosa, e li conservo nel mio studio.

Un altro mio progetto si chiamava Ticket Project Art Erano biglietti di autobus da obliterare, sui quali avevo scritto che sarebbero diventati opere d’arte se convalidati quel giorno preciso (e mettevo una data ovviamente posteriore al momento in cui distribuivo i biglietti). Affiggevo volantini con le istruzioni alle fermate dei bus e vicino alle macchine obliteratrici sugli autobus.

Ho ripetuto il progetto più volte nel corso degli anni ’90 (ed un paio di volte dopo il 2000). È poi accaduto che l’agenzia dei trasporti negli anni ha cambiato forma e design dei biglietti, accrescendo il valore di quelli già diventati opere d’arte che in questo modo acquisivano un valore aggiunto in quanto rari pezzi di storia del trasporto urbano. Varie persone hanno partecipato ed io stesso ho obliterato molti biglietti. Purtroppo, ho il pallino del collezionismo, e sono un accumulatore seriale.

 


Perché lavorare in modo clandestino?

Io sono appassionato d’arte e volevo esserci. La strada è un’alternativa al sistema delle mostre, è un cortocircuito. Ho spesso praticato l’intrusione abusiva. Mi infiltravo in manifestazioni e mostre organizzate da, e per altri artisti, e distribuivo volantini all’opening. Poi, ovunque vada incollo i miei adesivi dappertutto, e soprattutto nelle città in cui si svolgono eventi e manifestazioni artistiche: vado sempre alla Biennale di Venezia, ad ArteFiera a Bologna, ad Artissima a Torino etc.

La disseminazione delle mie facce consiste in bombing per contrastare in qualche modo il bombardamento continuo e ovunque della pubblicità.

Quando poi mi è sorta la mia passione per Internet: la strada non mi bastava più. Ho spedito molte e-mail utilizzando lo spam. Mi sono interessato alla Web Art e Net Art aprendo anche un Blog e Sito. Ho fatto lavori autoprodotti creati per il web e che vivono soltanto lì. Cerco di coinvolgere il pubblico della rete, domandando loro cosa pensano e cosa pensano riguardo determinate questioni.

La Street Art in Italia ha particolarità che non ha altrove?

No! Anzi sì! Questa particolarità si chiama pino boresta mania.

C’è una domanda che non ho fatto ma a cui ti piacerebbe rispondere? 

No! Anzi sì! Domanda: Sei felice di essere considerato, oltre che uno street artista anomalo, anche un artista fuori dagli schemi? Risposta: No! Ma credo che siano indispensabili entrambe le cose.













In foto: segnaletica rettificata, manifestini e volantini, adesivi del progetto CUS con su degli interventi, io ed Edwige Comoy Fusaro a Roma Ostiense, foto composizione di Raffaello Paiella io con biglietto bus dell' ATAC del progetto PBA - Progetto Biglietto Arte.

Nessun commento: