Odi et Amo
“Non
appoggio il capitalismo o il comunismo, ma il ‘Clitoridismo’
anche se in tutta sincerità vedo
l’anarchia come soluzione finale”
John
Fante
“Ognuno
di noi sopraffatto dalla frustrazione, deve migliorare o comunque
cambiare quello che vede non scendendo in strada e facendo attività
politica, bensì gettando uno sguardo profondo su altre possibilità
e alternative fabbricate dalla sua testa”.
Philip K.
Dick
No! Non
disquisirò di politica, ma di arte e letteratura.
John Fante e
Philip K. Dick sono due scrittori al quale ho dedicando diverso del
mio tempo, due artisti del linguaggio che adoro perché anche loro in
modo diverso erano assillati dall’idea della morte, ma chi non lo
è? Suvvia! Siate onesti ognuno di noi in un modo nell’altro è
ossessionato dalla morte, poi c’è chi riesce a nasconderlo e chi
invece vi si cala dentro e tenta di esorcizzarla.
Gli artisti
spesso per superare la paura della morte utilizzano la propria
opera, e John Fante, il cui umore abituale raccontano andasse
dall’incazzato al molto incazzato, cercava nell’amore per la
scrittura, e la descrizione di piccoli gesti riflessi, di mostrarci
gli effetti positivi che da questa nascono e si rivelano. Il suo
metodo consisteva nello scolpire la scrittura alla ricerca di quelle
particelle d’amore esistenti in ogni di noi che trovava e metteva
in luce con riflettori empatici.
Dal canto
suo Philip K.Dick supera l’ossessione della morte studiando e
analizzando a fondo la questione e innescando la sua fantastica
capacità di controllare lucidamente la follia del pensiero come
pochi sono riusciti e riescono a fare tutt’oggi. Secondo me lui era
una sorta di Dante Alighieri dell’era moderna e non un semplice
visionario come stupidamente ha scritto qualcuno al quale vorrei dire
“magari ad averne di questi sognatori così
lucidi”. Utilizzando la fantascienza un
genere letterario considerato erroneamente minore Dick riesce a
raccontare a tutto tondo la condizione della società contemporanea
americana e a criticarla aspramente.
Mentre J.
Fante cesella la sua scrittura come farebbe Pinturicchio con il suo
pennello, Dick va giù di getto alla Pollock senza lasciarsi tentare
da sperimentalismi linguistici e probabilmente anche da questo è
dipeso il riconoscimento tardivo della sua opera. Elemento distintivo
di entrambe gli scrittori quello del riconoscimento postumo accusati
entrambe in vita di essere stati comunisti o simpatizzanti tali.
Questo sicuramente non aiutò i due scrittori americani ad avere
successo, ma il ritardo nella comprensione del talento di questi due
magnifici scrittori fu dovuto per lo più all’incapacità della
critica e non dei lettori appassionati che hanno ben presto capito la
loro grandezza. Un destino che li accomuna a molti altri artisti
incompresi poi rivalutati nel momento in cui una società di massa,
quasi sempre, in ritardo rispetto al genio recupera il gap di
svantaggio.
Pensate che
Fante al terzo rifiuto per mano di un editore che aveva lodato -
la sua meravigliosa scrittura - ma non aveva
gradito secondo una personale sensazione -
l’effetto noioso della ripetitività - aveva
deciso di bruciare il manoscritto non appena glielo avessero
restituito. Grazie a dio il tempo intercorso prima che questi
tornasse indietro fece stemperare la sua notoria furia e “La
strada per Los Angeles” pubblicato postumo
divenne uno dei libri più importanti della letteratura americana
tanto che qualcuno lo paragona addirittura a “The
catcher in the rye” di J.D. Salinger.
Quando leggo
il mio caro John ho come la sensazione che cerchi la propria e altrui
salvezza nell’amore,
ma non in quello di cui scrive nelle pagine dei suoi libri, ma in
quello nascosto tra lo spazio bianco di una riga e l’altra delle
sue storie e che riesce a trasmetterti ipnotica-mente, grazie alla
sua singolare capacità di prosa dura e amorevole allo stesso tempo,
emozioni allo stato solido che ti rimangono addosso come un vestito
stretto.
Al contrario
il mitico Philip cerca la salvezza attraverso la descrizione e la
denuncia dell’odio
di cui il genere umano è portatore. Grazie alla sua curiosità
intellettuale, alla sua attenzione per il quotidiano in ogni suo
aspetto sociale, alla sue conoscenze scientifiche, nonché alla sua
straordinaria capacità speculativa riesce con estrema intelligenza a
inventare storie impensabili con trame spiazzanti e incredibili
traendo da ogni elemento che lo ispira riflessioni e indizi
sufficienti per la costruzione di mondi originali, impensabili.
Costruisce come piace dire a lui “Universi
che cadono a pezzi”. Universi che conducono
la mente di chi legge in mondi alternativi che danno origine a una
serie di considerazioni, ragionamenti e meditazioni che come micro
chip si installano nel pensiero aiutandoti a sopravvivere al caos che
ti circonda.
L’amore e
l’odio, presenti rispettivamente nei libri di John e Philip sono
sentimenti che smuovono le coscienze umane e che non li pongono in
antitesi ma li unisce. È stato infatti scoperto che l'amore e l'odio
sono attivati dalle stesse aree e dai medesimi meccanismi biochimici
che convivono nel cervello umano. Pare che gli scienziati studiando
la natura fisica dell’odio abbiano riscontrato che alcuni dei
circuiti nervosi del cervello responsabili per i sentimenti più
negativi sono gli stessi di quelli che attivano il sentimento
dell’amore.
Del resto
doveva averlo capito anche Catullo con la sua celebre poesia che
dice: «Odi et amo». E
anche grazie a loro e molti altri scrittori io continuerò a vivere,
si! io vivrò.
Pubblicato sul sito di
“Artribune” il 18 maggio 2013
Questo
il cappello a cura della redazione:
Due
scrittori, John Fante e Philip K. Dick, come corifei dei sentimenti
umani più profondi: l’odio e l’amore. Due forze che forse sono
più simili e vicine di quanto si pensi comunemente. Pino Boresta ci
guida attraverso una riflessione sulla vita, la morte, l’arte e il
pensiero.
M.E.G.
In foto:
Una mia opera di fotocomposizione
dei ritratti di Philip Kindred Dick e John Fante.
Una mia opera di fotocomposizione
dei ritratti di Dante Alighieri e Jerome David Salinger.
Una mia opera di fotocomposizione
dei ritratti di Jackson Pollock e Bernardino di Betto Betti più noto
come Pinturicchio.
Una mia opera di fotocomposizione
dell’effige di Gaio Valerio Catullo.
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