lunedì 22 ottobre 2007

Macro Pizzi di Pino Boresta

Fratelli d’Italia







Dovrei alzarmi ed andare ma qualcosa mi impigrisce trattenendomi all’infinito. Continuo così ad ascoltare Pizzi Cannella che in video inscena una finta telefonata e dice che lui dipinge per urgenza, dipinge a memoria, o meglio a limitazione della memoria, dipinge cattedrali ora! Ma ama la muraglia cinese ed i ghiacciai. Vorrebbe vederli ma dice che lui è un bradipo e non si sposterà mai, anche perché l’orologio fermo per almeno due volte al giorno segna l’ora esatta. Dice che lui fa il pittore perché è un mestiere e considera la pittura la strada maestra ed il gioco più alto. Dice che ama tutti gli artisti che li considera tutti fratelli, ma ama di più quelli che hanno un ossessione. Ring ring ring ring… Che ossessione! Chi è?








Ah! il video che continua in loop. Mi ero appisolato, ma ora devo andare, siamo rimasti in pochi e sono il solo qui seduto. Il MACRO MATTATOIO per la personale di Piero Pizzi Cannella si sta svuotando ed io ancora non ho visto i quadri. Mi alzo, entro, mi fermo, guardo come se fossi di fronte al Gran Canyn. Sono lì, li vedo, sono grandi, sono neri, sono belli, bravo Pizzi, ma quello lì con lui… è Danilo Eccher.
Forse parlano della grande tela passeggiante di Piero a Villa Medici, oppure del museo di Danilo che sembra non decollare, nonostante il prezzo del biglietto ad un unico 1 Euro. Faccio due passi alzo la testa e vedo travi e putrelle di ferro sopra di me, mi arrampico e guardo giù nel tentativo di avere un'altra visione sulle cose e sui fatti. Ma poi non lo faccio, chissà perché?








Vi ricordo che aspetto sempre vostre segnalazioni e notizie sui fatti strani dell’arte


salepepe_99@yahoo.it



Pubblicato su "Juliet" n. 133 June 2007



In foto; Muraglia cinese, Museo MACRO, Piero Pizzicanella, Danilo Eccher.

giovedì 2 agosto 2007

Isola io di Pino Boresta

























Marketta più marketta meno


L’i-sola sono io. “Io sono diversa da voi”, “Io faccio un altro mestiere, faccio l’artista concettuale”, “Io ho fatto questo e quello”, “Io ho lavorato con Tizio e Caio”, “Io frequento Pinco Pallino”, “Io ho interessi diversi da voi”, “Loro sentono che c’è un grande dislivello culturale”. Pur con tutte le ragioni del mondo cara Domiziana Giordano non credo che sia questo il modo migliore di porsi per dimostrare il proprio valore o quello di una categoria, sistematicamente derisa e bistrattata televisivamente. Ho ancora negli occhi e nelle orecchie la sconveniente e triste figura rifilata al bravo Adrian Tranquilli dall’insospettato Piero Chiambretti che si spacciava per uno sensibile all’arte contemporanea, che si tratti di un'altra marketta? Probabilmente appena la lampadina si accende e si va in onda è troppo forte e irresistibile la tentazione di farsi due risate alle spalle dell’artista di turno cascato nel tranello. La strada della Giordano non è quella giusta, ma bisogna riconoscergli il coraggio che molti altri non hanno.
Sicuramente Vanessa, Eva, Annie, Liliana, Bruna, Myriam, Grazia, Monica, Paola, Cesare, Alfredo, Stefano, Sergio, Renato, Tommaso, Paolo, Lorenzo, Luca, Salvatore, Massimo, Marco o Matteo si sarebbero comportati in maniera più adeguata, aiutando forse a una più corretta comprensione dell’arte odierna. Spesso artisti validi ed affermati rifiutano di partecipare a trasmissioni televisive, ma molti di più sono quelli che vi andrebbero volentieri, ma non hanno le chiavi giuste per entrarvi. Credo che se da una parte sia sbagliato a snobbare il mezzo televisivo d’altra bisognerebbe fare più attenzione a chi si delega il compito di avvicinare l’arte al grande pubblico. Credo che non sia lontano il giorno in cui spunterà l’artista d’assalto, capace di farsi rispettare e pronto a ribattere colpo su colpo con prontezza e sagacia. Ma è questo quello che vogliamo? È questo quello che serve all’arte? E soprattutto: a chi gioverebbe tutto ciò?
















Pubblicato su "Juliet" n. 132 April – May 2007

In foto; Domiziana Giordano, Piero Chiambretti, un opera di Adrian Tranquilli.

3 al prezzo di 1 di Pino Boresta

Pitttore pitttore metti....

Oggi vi propongo tre consigli al prezzo di uno.

Primo; cari amici artisti non andate mai dal braccio destro di un direttore di museo se non avete alla vostra sinistra qualcuno sufficientemente famoso. Lo sapevate che si può detenere l’esclusiva di certe manifestazioni artistiche? Al museo MACRO di Roma una certa Gioia (ma che di gioia non ne dispensa molta se non hai il pedigree) mi ha detto che non potevano e volevano organizzare eventi d’arte urbana (o street art) perché nella capitale vi era già la Fondazione Olivetti che lo faceva. E allora, dico io diamo più fondi a chi non si pone questi problemi e da ospitalità e libertà d’azione a tutte le forme d’arte sperimentale senza timore di invadere campi altrui come il museo MLAC dell’Università la Sapienza di Roma. La democrazia va sostenuta non credete?



Secondo; cari amici pittori non portate mai a un gallerista i vostri quadri, al limite e meglio un paio d'etti di mortadella, cosi non rischierete di essere morsi. Diversi anni fa avevo preso contatto con la gallerista Oddi Baglioni di Roma che per telefono mi aveva invitato a farle vedere qualcosa. Pensai che piuttosto che scartoffie, la cosa migliore fosse portare tre quadri 50x70. Non lo avessi mai fatto…. Neanche fossi entrato con una bomba. Appena mi ha visto entrare in galleria con questi, come cane rabbioso, mi ha praticamente azzannato alla gola e inviperita mi ha strillato di sparire immediatamente. “Si vede che è amante degli artisti concettuali!” direte voi, mentre io son pittore? O no? Mha!…



Terzo; cari amici artisti non annunciate mai la nascita di un vostro figlio con la felicità in volto a un critico che per scelta non li ha voluti, potreste sentirvi rispondere “Io odio i bambini per questo non ne ho mai voluti”. E poi dicono che sono gli artisti quelli privi di tatto, che tristezza…cara Laura.


Pubblicato su "Juliet" n. 131 February – March 2007

In foto; MACRO Museo, mortadella, Anisia Boresta.

mercoledì 1 agosto 2007

AAAA cercasi di Pino Boresta



























Cercasi disperatamente Pipilotti

Lo sapevate che per diventare artisti interessanti basta frequentare le persone giuste? Diverso tempo fa a una inaugurazione si formò un piccolo circolo di persone, tra questi anche il noto critico romano Ludovico Pratesi al quale ho sentito sostenere che secondo lui il lavoro di Paolo Canevari (artista romano della seconda generazione dell'ex pastificio di Via Ausoni) era diventato molto più interessante da quando era diventato il compagno di Marina Abramovic. La cosa mi ha alquanto stupito visto che poco tempo prima lo stesso critico, curatore della quadriennale di Roma, era stato letteralmente appiccicato al muro da Paolo, ma non per farne un opera come ha fatto qualche anno dopo il Maurizio nazionale con il De Carlo popolare, bensì perché si sentiva giustamente preso in giro per non essere stato invitato alla manifestazione, nonostante gli fosse stato promesso. Infatti, Pratesi solo pochi mesi prima, sosteneva che non trovava il suo lavoro sufficientemente maturo per partecipare all’evento romano, ma io che ho sempre apprezzato il lavoro di Canevari (anche se non gliel’ho mai detto) devo affermare in verità che non trovavo nel suo lavoro cambiamenti sostanziali che potessero giustificare una presunta improvvisa e pretestuosa maturazione. E chi sa, forse anche io se me la facessi con Pipilotti Rist finirei per diventare all’occhio di molti critici, curatori, galleristi un artista interessante? Quindi artisti immaturi, questo è quello che dovete pubblicare nel prossimo annuncio se volete diventare interessanti in virtù di una fulminea maturazione del vostro lavoro:
“AAAA cercasi Big artisti per relazione, eventualmente platonica, esclusi perditempo.”
















Pubblicato su "Juliet" n. 130 December ’06 – January ’07

In foto; un opera di M. Cattelan (M. De Carlo), Marina Abramovic e Paolo Canevari, Pipilotti Rist.

Chi può dirlo? di Pino Boresta




“Ehi, ho una nuova lamentela”

“Ehi, ho una nuova lamentela” Così recita il titolo dell’opera di un mio amico, artista bolognese immeritatamente scomparso, o per meglio dire ritiratosi dalla scena “artistica italiana” troppo presto, Andrea Sperni. Probabilmente qualcuno avrà avuto modo di conoscerlo o ne ricorderà sicuramente le opere. Rammento che uno dei motivi che contribuirono fortemente alla sua decisione di allontanarsi da questo mondo, fu il fatto di aver sperato per un certo periodo di essere scelto come artista dalla gallerista milanese Emy Fontana. Infatti, in un primo momento sembrava gradire molto il suo lavoro, ma poi gli preferì una certa Alessandra Spranzi. A differenza di altri artisti della galleria di questa scelta non sono mai riuscito scoprirne il motivo ed ancora oggi mi domando cosa l’avrà mai determinato. Con il senno del poi sarebbe interessante sapere se Emy pensa ancora di aver fatto la scelta giusta. Sicuramente nessuno ci darà mai una risposta, posso solo dire con certezza che la gallerista non cambierà mai la sua idea. Sostengo questo perché non ho mai sentito nessun gallerista italiano confessare un proprio sbaglio, ma piuttosto vantarsi di essersi rifiutato di esporre nella propria galleria artisti che sono poi diventati Alighiero Boetti, Fabio Mauri, Aldo Mondino etc. Forse Sperni non avrebbe mai raggiunto la notorietà di questi artisti o forse si! Chi può dirlo? Ma una cosa è certa, la delusione cocente per quello che era il mondo che lui aveva scelto ha determinato l’uscita di scena di un artista che avrebbe potuto fare e dire molte cose interessanti. Bhe, io queste cose posso dirle…. anche se le sanno molti altri, ma non tutti sono disposti ad essere presi continuamente a pesci in faccia. Del resto ognuno ha la sua dose di orgoglio ed io di incassatori come il sottoscritto ne incontro sempre meno.

Pubblicato su "Juliet" n. 129 October – November 2006

In foto; Opera di Andrea Sperni, Emi Fontana.

lunedì 30 luglio 2007

Sei un Dio di Pino Boresta



Italiani? Brava gente!

Si dice che… i galleristi creano la fortuna o la disgrazia di un artista. È uno sporco lavoro ma qualcuno dovrà pur farlo?

















CHARLES SAATCHI Dice che non va mai a nessuna inaugurazione. Deve essere vero, anche alle mie non l’ho mai visto. Dice che adora gli artisti ma non li frequenta perché spesso sono persone non equilibrate. Visto che gli zoo si stanno spopolando speriamo che a qualcuno non venga l’idea di sostituire i vecchi inquilini con degli artisti. Dice che si considera un eremita e ha poca simpatia per giornalisti e fotografi. Disse un saggio “Devo farla finita con l’immagine che ho di me stesso. Così non sarò più ferito”. Dice che, ha un debole per l’Italia, e sono parecchi anni che aspetta che il Bel Paese produca un buon artista. Caro Charles dove hai cercato? Con chi ti sei consigliato?… Ahi; ahi, ahi! Dice che, i collezionisti non sono suoi rivali per il semplice fatto che non possono spendere le sue cifre. A tale proposito mi viene in mente uno slogan pubblicitario di qualche tempo fa che diceva “Spende bene chi spende meglio”. Può essere utile? Dice che, Andy Warhol è un dio, Jackson Pollock è un dio, Damian Hirst lo diventerà. Scusa Charles, che scuola bisogna frequentare, per questa laurea da Dio? Così se uno dei miei figli alla domanda “Che cosa vuoi fare da grande?” mi risponde “Voglio fare Dio” so a chi rivolgermi. Visto i tempi e sempre meglio non farsi trovare impreparato, non credi?

PHILOMENE MAGERS Dice che l’artista più sottovalutato è il sacro Dan Flavin, e vabbè! Ma poi aggiunge anche il fotografo Vincenzo Castella… Mah! Dice che ogni gallerista ha ciò che si merita: “Dio li fa e poi li accoppia”. Scusa, in che senso? In ogni modo, se questo è vero si capiscono molte cose. Dice che una volta ha esposto il quadro Black Painting di Ad Reinhardt ponendovi accanto una targa con le regole su come si dipinge. In molti hanno criticato, ma poi è arrivato il principe azzurro (un direttore di museo) e si è comprato l’uno e l’altro. Vale a dire, l’opera completa della cara Cenerentola Magers?


























WILLIAM ACQUAVELLA Dice che l’artista più sottovalutato è Fausto Melotti. Allora quelli di telemarket hanno ragione? Dice che vendere, oggi è un gioco da bambini, ma ha dimenticato i trucchi per convincere un collezionista ad acquistare. Venghino signori venghino, senza trucchi e senza inganni. Dice che il suo miglior affare è stato farsi convincere da L. Freud a posare per lui. Capito? Artisti & Company! Il ritratto paga sempre.


BARBARA GLADSTONE Dice che la forma d’arte più sottovalutata e l’astrattismo. Allora stiamo ancora a caro amico? Dice che, gli artisti sono molto coraggiosi perché mettono a nudo sé stessi. In tutti sensi, e sempre più spesso. Non incoraggiamoli. Dice che una volta riuscì a convincere per telefono, un collezionista, a comprare a scatola chiusa un’opera di CY Twombly e questi lo ringrazia tuttora. Forse ancora deve aprire la scatola?

THADDAEUS ROPAC Dice che gli artisti più sottovalutati sono Arnulf Rainer e Bernhard Martin. Su di noi, nemmeno una lacrima, canta Pupo. Dice che Cattelan ha copiato Tom Sachs con l’opera degli impiccati. Stiamo ancora a “maestra, maestra m’ha copiato”?! Dice che, lui è privo di pazienza e la trova solo quando si vuole arruffianare un artista che gli interessa. E come dice Califano “Tutto il resto è noia, noia, noia, noia, maledetta noia”.


JAN KRUGIER Dice che l’artista più sottovalutato è Picasso. Ho un sospetto… che sia un artista che tratta lui? Dice che gli artisti sopravvalutati sono molti. “Si può dare di più senza essere eroi” strilla il trio canterino sanremese Tozzi, Morandi, Ruggeri. Dice che gli artisti non sono più leali con il proprio gallerista. Questione di feeling…sostiene Cocciante. Dice che prima esistevano delle strategie, oggi bisogna solo essere bravi e rapidi a comprare e rivendere. Che ci sia il suo zampino nella Transavanguardia? Dice che il quadro più bello del mondo è il n. 10 di M. Rothko. Guarda caso anche questo è suo.

JUANA DE AIZPURU Dice che l’artista più sottovalutato è una donna, Dora Garcia, ma i suoi lavori interessano solo i curatori dei musei. Cara mia, il popolo è sovrano e un motivo ci sarà, o no? Di quelli italiani, che io conosco, con biennali a go-go e concorsi a ripetizione so io il perché. Dice che gli artisti sopravvalutati sono quelli che producono opere decorative capite dalle masse. A lei piacciono quelli complessi ed ermetici. Insomma quelli misteriosi e innovativi al punto tale che nessuno vi capisce un’emerita mazza. Continuiamo a farci del male! Come dice il Nanni nazionale. Dice che non si può creare un artista dal nulla. Certo! Meglio se ammanicati, impaccati di soldi e di buona famiglia.


MASSIMO DI CARLO Dice che l’artista più sottovalutato è Giorgio De Chirico. Eppure non sembrerebbe alla portata di tutti. Forse c’è De Chirico e De Chirico? Dice che l’artista più sopravvalutato è Damien Hirst. E chiamalo stupido? C’è chi cambia l’acqua all’acquario e chi lo squalo in formaldeide, a ognuno il suo. Dice che la cosa più odiosa del suo lavoro sono le cene dove si parla dei massimi sistemi, ma in realtà ognuno cerca di fare le scarpe all’altro. Che bella gente! Come dice Cristicchi. Dice che, il suo migliore affare e stato un G. Morandi comprato a 16 milioni nel 1976 e rivenduto a un miliardo nel 1993. Potenza della lira o erano altri tempi?

GEORGE FREI Dice che l’artista più sottovalutato è uno svizzero che per tutta la vita ha dipinto solo mucche, Franz Kuhn. Almeno quelle vere fanno il latte. Qualcuno dovrebbe suggerirgli di dipingere bottiglie: sono più gettonate e anche se le ha già fatte un certo Giorgio può sempre esporre le sue capovolte, in stile Baseliz. Ma forse può farlo anche con le vacche, chi sa? Dice che l’artista più sopravvalutato è Mario Merz e tutta l’arte povera perché chiunque poteva farla. Questa me puzza tanto come quelli che guardano un quadro di uno dei 3K (Klee Klein Kline) e dicono; “Questo posso farlo pure io”. Dice che Julian Schnabel possiede il physique du rôle e M. Cattelan è un bravo attore, a far lievitare le sue quotazioni. Ma chi è il regista? Dice che gli dà fastidio che tutti facciano finta di capire qualcosa, ma nessuno ha voglia di cercare nuovi talenti. Quello che dico sempre pure io.

HYUN-SOOK LEE Dice che gli artisti più sopravvalutati sono quelli cinesi. Vabbè, vecchie storie di confine. Dice che lei non ostacola l’ego degli artisti ma si rassegna ai loro capricci perché sono personalità con pochi freni inibitori. Nel senso che sono sempre arrapati o altro? Dice che è importante capire gli artisti un attimo prima che se ne accorgano gli altri. Allora, aspetta e spera l’attimo fungente!

MASSIMO DE CARLO Dice che gli artisti più sottovalutati sono i suoi e quelli più sopravvalutati quelli degli altri. Sincero! Ma bisogna vedere dentro le cose per capirne di più. Dice che, ha provato a lavorare con Gabriel Orozco ma non ha funzionato. Avanti un altro, c’è posto. Dice che Dan Flavin ha dei problemi con il tubo flessibile della doccia. Lunga vita a Dan. Non voglio che ci lasci senza spiegarci prima il perché di tale arcano. Dice che per ottenere un artista mette sul piatto le stesse armi degli altri: le straordinarie mostre da lui organizzate e la fitta rete di conoscenze costruitasi in questi anni. Attenzione! Quando si è in guerra e si combatte contro i carri armati conviene farsi tappetino, me lo ha spiegato una mia vecchia amica, o era un amico?


Liberamente tratto (e commentato) dall’articolo “Il club dei galleristi” di Paola De Carolis, interviste di Diamante d’Alessio, nel supplemento “Style” (ottobre 2006) del “Corriere della Sera”. Con simpatia a tutti i personaggi citati ma ancora di più agli innominati.
Pubblicato su "Juliet" n. 131 February – March 2007

In foto; Charles Saatchi, Paul Klee, Ives Klein, Franz Kline.

Boia chi molla di Pino Boresta



“Boia chi molla” é di destra o di sinistra?

Non bisogna perdere nemmeno una opportunità per avere un po’ di visibilità, lo sappiamo bene tutti che ogni ghiotta occasione va sfruttata al meglio e il Giancarlo Politi è troppo furbo ed intelligente per farsi sfuggire simili occasioni. Eppure chiamare un esposizione “Padiglione Italia out of biennale” le avrà dato realmente un valore aggiunto? Inutile ciurlare nel manico (o come si dice) perché in realtà la cosa più interessante sono state le partecipazioni, tanto è vero che potrei spiegarvi una per una tutte le motivazioni, da quella affettiva a quella più squisitamente economica a quella di solo opportunismo etc., che hanno determinato ogni singola scelta dei rispettivi curatori e i suoi quattro moschettieri artisti (questo si che sarebbe stato un bel titolo per una mostra “1 critico x 4 moschettieri”, vedi bastava chiedere a me) compreso il misterioso giallo del critico – Andrea Bellini - che ha scelto di invitarne solamente 3, poi diventati addirittura 2. Ai più attenti non sarà di certo sfuggito. Volete sapere perché? Non vi resta che leggere sin da questo numero il piccolo spazio fisso intitolato proprio “Boia chi molla”, tra le notizie spray. Vi troverete tutto quello che avreste voluto sapere ma che gli altri non hanno il coraggio di dirvi. Ehi ragazzi!…altro che il libro di Damien Hirst, vi spiego io come stanno le cose.Anzi esorto tutti coloro che abbiano nuove verità e notizie scottanti a inviarmele in modo che questo nuovo spazio su Juliet diventi una sorta di monitoraggio del sistema, una specie di ARTreport che sveli arcani e misteri. Moggi, Giraudi, Artcupole dell’arte tremate. Proviamo per una volta a smantellare e resettare quello che oggi sembra essere diventato un clichè da rispettare? Per dirla scientificamente, il problema dell’arte oggi in Italia è l’attuale sistema culturale che effettua decisioni attuando una selezione deformante sulla base del possibile sfruttamento economico sociale dell’artista scelto come persona fisica e non nel suo lavoro. Intendo dire che ho notato come spesso le caratteristiche ritenute necessarie dall’art system per attrarre rapidamente l’attenzione di tutti quei soggetti che determinano il risultato, spesso illusorio del temporaneo successo, sembrerebbero essere considerate da un po’ di tempo sempre le stesse, e cioè la condizione economico-sociale del soggetto. Ho notato addirittura come questo, ultimamente, avviene spesso seguendo una regola proporzionale in base alla quale l’ascesa è tanto più rapida quanto più forti sonno le due componenti. Ciò determina una totale assenza di attenzione nei confronti di coloro che non essendo sfruttabili, quindi inutili e non funzionali ai loro programmi, vengono emarginati con una ostruzione sistematica in quanto ritenuti anche dannosi e forvianti. Salvo essere eventualmente riesumati postumi in caso di sopravvenuta utilità funzionale agli interessi divenuti manovrabili. E questa la chiamano democrazia dell’arte? Quando Angelo Capasso (su exibart.onpaper) dice che “l’arte è democratica ma si muove su un campo di battaglia” si sbaglia perché oggi in Italia “l’arte non è democrazia” ma “l’arte è privilegio”. Io credo che in quello che lui ha definito “campo di battaglia” ognuno utilizza le armi che ha disposizione tuttavia se sugli aerei non metti i piloti più bravi ma quelli più raccomandati e ricchi, che si sono comprarti il posto, difficilmente si può vincere una guerra, non credete? Ma che minchia sto dicendo? Quelli furbi non fanno neanche la guerra, vanno avanti fino al via e ritirano le 20.000 (come diceva un famoso cartoncino degli imprevisti del monopoli). E le nostre sconfitte in campo internazionali aumentano.
Ma qualcuno forse se ne sta accorgendo.
Non è un caso che l’articolo di una giornale, a forte tiratura faccia vedere, con tanto di grafico, come il 50% di quelli che trovano lavoro nel mondo è grazie a parenti e amici mentre in Italia questa percentuale sale addirittura al 85%. Sarà forse per questo che io non riesco a trovare un gallerista che mi sostenga? Non è un caso che finalmente da più parti si cominci a rivelare che nella totalità dei concorsi che vengono fatti in Italia per rivestire ruoli di ricercatore o qualsiasi altra posizione non sono mai i migliori a vincere, e tra quelli scelti i raccomandati sono sempre oltre il 90%. Sarà forse per questo che l’unico premio da me vinto è un concorso anonimo dove la scelta era determinata solo ed esclusivamente dalla qualità dell’opera? Non è un caso se in un sondaggio di una trasmissione televisiva quando si è chiesto se l’Italia sia il paese dei privilegiati il 95% ha risposto Si! Sarà per questo che ogni qual volta ho proposto ad associazioni, fondazioni ed istituzioni dei miei progetti mi sono sentito rispondere che l’idea era interessante ma non avevano risorse da potere mettere a mia disposizione? E poi mi vengono a chiedere di firmare le loro petizioni!….. Incominciavo a pensare che presto il cinismo galoppante del sistema non mi avrebbe più dato la possibilità di lamentarmi e vi assicuro che ne ho ben donde visto che continuano a farlo a gran voce tutti coloro che non ne avrebbero nessun motivo. Come dici? Ecco qui l’ennesimo sfigato? Si!…me l’ha scritto un certo Piero Golia in risposta ad un e-mail dove vi era il link di un mio lavoro di net-art che gli era giunto. “Sei solo uno sfigato” mi ha detto.
Ma chi è l’artista sfigato?
Quanti ce ne sono stati nella storia dell’arte?
E mi chiedo questo, cercando di non scomodare un Piero Manzoni qualsiasi. Se un artista come Maurizio Cattelan in un intervista afferma che considera il suo primo periodo come quello di un artista sfigato cosa devo fare? Devo prenderla come un complimento? Devo cercare di diventare un allievo di Alberto Garutti? O devo pescare un altro cartoncino degli imprevisti sperando che questa volta sia quello che dice “Andate sino a Largo Colombo, e se passate dal Via! ritirate le 20.000 lire” ?


Sunto tratto dal comunicato ufficiale:
Domenica 3 luglio, a partire dalle ore 11 e sino alle ore 20, al Trevi Flash
Art Museum (Trevi PG, Palazzo Lucarini) si inaugura il PADIGLIONE ITALIA out of Biennale. Il PADIGLIONE ITALIA out of Biennale nasce come forma di protesta dimostrativa e attiva nei confronti del Presidente della Biennale di Venezia, Davide Croff e delle due curatrici della Biennale stessa, Maria De Corral e Rosa Martinéz, per non aver ripristinato il Padiglione Italia che, sin dagli inizi della storica rassegna, ha rappresentato sempre una vetrina e una grande opportunità, sia nazionale che internazionale, per gli artisti italiani. L'aver soppresso questo Padiglione (che sembra venga ripristinato e, speriamo, in maniera ampia e autorevole), ha significato un totale disprezzo nei confronti del paese organizzatore e finanziatore dell'evento. Ha anche significato una totale mancanza di sensibilità e professionalità da parte del nuovo Presidente Davide Croff, certamente ottimo manager ma pessimo conoscitore del sistema dell'arte italiano e internazionale. In ogni grande rassegna (Documenta, San Paolo, Corea, ecc.) il paese organizzatore e finanziatore dell'evento si ritaglia un significativo spazio per i propri artisti. Attitudine che qualsiasi osservatore internazionale comprende, giustifica e anzi avalla. Chi non capisce che il paese ospitante e finanziatore abbia qualche diritto più degli altri?

Elenco curatori e artisti invitati a PADIGLIONE ITALIA out of Biennale

LUCA BEATRICE: Marco Cingolani, Valentina D'Amaro, Massimo Kaufmann, Aldo Mondino
ANDREA BELLINI: Piero Golia, Gabriele Picco (Gianni Caravaggio)
MAURIZIO COCCIA: Mario Consiglio, Giorgio Lupattelli, Elisa Macellari e
Alessandro Tinelli
CHIARA LEONI: Nicola Carignani, Deborah Ligorio, Rä di Martino, Mario Rizzi
GIANLUCA MARZIANI: Matteo Basilè, Robert Gligorov, Rafael Pareja, Adrian Tranquilli
GUIDO MOLINARI: David Casini, Luca Trevisani, Nico Vascellari, Luca Vitone
FRANCESCA PASINI: Chiara Camoni, Marta Dell'Angelo, Marcello Maloberti, Marcella Vanzo
BARTOLOMEO PIETROMARCHI: Elisabetta Benassi, Rossella Biscotti, Jorge Peris, Lorenzo Scotto di Luzio
GIANCARLO POLITI: Carla Accardi, Getulio Alviani, Enrico Castellani, Gabo, Angelo Mosca
ALESSANDRO RIVA: Aldo Damioli, Marco Petrus, Luca Pignatelli, Paolo
Schmidlin
MAURIZIO SCIACCALUGA: Davide Coltro, Giacomo Costa, Fulvio Di Piazza, Federico Guida

Pubblicato su "Juliet" n. 129 October – November 2006
In foto; Luciano Moggi, Opera digitale, Maurizio Cattelan, Alberto Garutti, Piero Golia.