mercoledì 4 gennaio 2017

"Obbiettivi dell’arte" di Pino Boresta


Ars Defence  (parte prima)


















Sostenere che la storia dell’arte non può evolversi ma procedere solo per stili perché cosi è stato fino al novecento equivale a negare all’arte lo status di linguaggio universale. L’arte non procede per approssimazione ma persegue un obbiettivo preciso che è quello di permetterci di comunicare, per questo trovo stupido contestare il fatto che l’arte modifichi nel tempo le proprie forme espressive seguendo l’evoluzione dell’uomo e le sue intuizioni; così scrive Henri Bergson  “Se l’evoluzione è una sempre rinnovatasi creazione, essa crea man mano non soltanto le forme della vita, ma pure le idee che permetteranno ad un’intelligenza di comprenderla, e i termini che serviranno ad esprimerla”  e aggiunge “L’idea che potremmo essere obbligati a creare, per un nuovo oggetto, un nuovo concetto, forse un nuovo modo di pensare, ci ripugna profondamente”






















Io pur non credendo che le opere più recenti siano sempre quelle che più si avvicinano alla verità come avviene per le teorie scientifiche, non ritengo però insensata qualsiasi opera di cui non riesco nell’immediato a capirne l’importanza o la bellezza solo perché questa non può essere sottoposta a verifica certa come avviene per le teorie matematiche. Allo stesso modo trovo assurdo e scellerato dare del terrorista a tutti gli artisti concettuali che costruiscono opere su provocazioni e cortocircuiti massmediatici semplicemente perché come i terroristi, e a differenza dei criminali, mirano al riconoscimento simbolico della loro azione. Sarebbe come affermare che gli artisti sono tutti criminali, ma quelli concettuali sono addirittura dei terroristi. 














Certamente anche io come molti altri avverto il disagio di un sistema dell’arte che non funziona come dovrebbe, ma attribuire le colpe di tutto questo al fatto che non esistono più comuni denominatori estetici che ci permettano di distinguere il bello dal brutto è quanto meno riduttivo e semplicistico. Del resto che il bello e il brutto siano un metro di valutazione delle opere d’arte superato, credo che sia un concetto assodato e rimetterlo in discussione mi sembra anacronistico e inutile. E se anche l’incertezza regna spesso sovrana nella mia mente, di una cosa sono sicuro: il ritorno all’ordine non è la strada da percorrere per riequilibrare i valori all’interno dell’art system, e non mi sento per questo un utile idiota che sta affrettando il tramonto della civiltà sostenendo un sistema all’interno del quale non riesco a far valere il mio punto di vista. O forse sì?


























Pubblicato su: "Juliet" n. 174  October-November  2013


In foto:
- Ritratto digitale di Hanri Bergson  (una mia opera). 
- Testamento nero (una mia opera). 
- Nuvola di parole da rettificata (una mia opera). 
- Cycle of Artistical Research,  grafico su “The Borestian Journal of Art” (una mia opera).

1 commento:

Anonimo ha detto...
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