Vantaggi di un outsider
“Quello che dicono i galleristi per vendere” è questo il titolo del nuovo libro di Francesco Bonami? No! Non lo so, o forse si? Forse potrebbe essere lo spunto per il prossimo lavoro editoriale? Comunque quello che mi preme ora e che vorrei precisare con il seguente scritto, riguarda quello che dico nel video (in maniera forse un po’ semplicistica e disarticolata) fatto ad Artissima nel 2015 da Dionigi Mattia Gagliardi e Jacopo Natoli per il progetto Nodes. Quello da me sostenuto non è un feroce attacco ai galleristi, ma piuttosto un elogio a questi. Quando affermo che il lavoro dei galleristi è necessario, indispensabile e addirittura insostituibile, lo credo realmente e non vedo per quale motivo dovrei aver paura (come l’hanno in molti) di dire che ci sono alcuni galleristi che fanno questo lavoro in maniera ridicola raccontando ai loro avventori e possibili collezionisti un sacco di panzane sugli artisti e le opere. Così come allo stesso tempo ci sono galleristi, invece, che sono molto bravi e professionali. Forse per timore di ritorsioni?
Gli artisti si guardano bene dal dire apertamente quello che pensano dei galleristi perché hanno paura delle conseguenze, di essere esclusi, emarginati. I direttori di giornali (e le redazioni) non parlano mai delle gallerie in maniera critica perché non vogliono rischiare di perdere la vendita di pagine pubblicitarie, grazie alle quali riescono a sopravvivere, specialmente in periodi di crisi come quello che stiamo vivendo. I curatori evitano accuratamente ogni sorta di commento sui galleristi onde non perdere territorio con e nel quale avere la possibilità di lavorare. I critici a dispetto della loro origine etimologica (critico = colui che esercita l’arte critica di giudicare secondo i principi del vero, del buono e del bello) spesso si guardano bene dall’esercitare la loro professione nei confronti dei galleristi che sono il loro pane quotidiano.
I direttori dei musei, sempre particolarmente attenti a non farsi nemici, non li sentirai mai confessare collaborazioni mal riuscite con l’uno o tal altro gallerista. I collezionisti, che forse qualcosa da dire su alcuni galleristi l’avrebbero pure, per loro stessa natura sono gentiluomini o donne che risolvono le questioni con estrema cautela e in genere nulla viene mai fuori ufficialmente, ma tutto rimane dentro quattro mura nella discrezione più assoluta. Insomma parrebbe che tutti evitino meticolosamente di parlare in maniera approfondita e seria di questa categoria, tanto che sembra essere diventata una sorta di casta degli intoccabili, ma questo non li avvantaggia, anzi tutt’altro.
Io credo che una sana e costruttiva riflessione sul lavoro dei galleristi (in particolare italiani), non solo sarebbe necessaria, ma andrebbe fatta quanto prima. Potrebbe essere proprio questo uno dei motivi della crisi profonda di molte fiere d’arte italiana, e il perché in una capitale come Roma non si riesce a farne una degna di questa città. Il dibattito andrebbe aperto esaminato e studiato affinché i galleristi possano lavorare meglio e più proficuamente a vantaggio non solo loro, ma degli artisti e di tutto il sistema dell’arte. Arroccarsi in una torre d’avorio ed evitare qualsiasi confronto costruttivo, avvolte anche in maniera tracotante, solo perché, come giustamente ritengono, sono il perno economico insostituibile intorno al quale tutto Art System gira, non li aiuta a risolvere i loro problemi e tutto il resto della filiera inevitabilmente ne soffre e continuerà a subirne le conseguenze.
Insomma c’è l’artista che va in giro per gli stand della fiera a dire “Io ti ho sempre difeso, te lo giuro” alla gallerista di turno per procurarsi un posticino al sole, e chi invece pur sapendo di farsi altri e sempre nuovi nemici tenta in qualche modo di mettere in luce una preoccupazione diffusa ai fini di un’analisi più attenta del comparto arte contemporanea, indicando ed evidenziando senza pretese un problema. E se per questo sarò odiato e ostracizzato ancora di più, fate pure, tanto io sto già pagando a caro prezzo la mia volontà di dire e agire in libertà, essere un outsider qualche vantaggio dovrà pure averlo?
Pubblicato sul sito di “Artribune” il 10 febbraio 2016
Questo il cappello a cura della redazione:
Pino Boresta è l’antesignano di tutti gli stencil artist nostrani e non solo. Ma cosa pensa della categoria dei galleristi? Il Boresta pensiero lo trovate qui. E non sono rose e fiori.
M.E.G.
Qui il link del video:
https://www.youtube.com/watch?v=HFPWJwWi72s
In foto:
- Il Boresta Parlante (una mia opera ad olio pubblicata anche su Juliet n.161 e su ARIA n.3, qui rivisitata per questa pubblicazione).
- Testamenti, una serie di mie opere digitali.
- Ritratto digitale di gruppo, da sinistra a destra: Jacopo Natoli, Manuel Focareta e Dionigi Mattia Gagliardi (una mia opera).
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