giovedì 13 novembre 2008

Elenco 1999/2005



Interviste a Pino Boresta



1999 Elisabetta Sonnino; Pubblicata on line su "Undo.net" nel settembre 1999.



2001 Ugo Giuliani; Pubblicata on line su "Exibart" nel novembre 2001.



2004 Patrizia Carollo; Pubblicata?



2004 Salvatore Caruso; Pubblicata on line su "Avision" nel novembre 2004.



2005 Francesca De Nicolò; Pubblicata?



2005 Francesca Alderisi; Intervista televisiva su "Roma Uno" nel giugno 2005.



1999 Elisabetta Sonnino



A domanda rispondo


Domanda: Che valore hanno per te i materiali che usi nelle tue opere? In che relazione sono con l'ideazione artistica?
Risposta: Quando penso un progetto che ritengo valga la pena di essere realizzato mi occupo immediatamente di come produrlo per poi passare immediatamente alla sua messa in opera, e quindi diffusione. Solo in un secondo tempo mi preoccuperò di acquisire tutta una serie di materiali di documentazione sull'intero lavoro. In genere l'accumulo documentario continua nel tempo, seguendo il lavoro stesso, pertanto i materiali di documentazione e recupero tendono spesso ad essere più ampio e più vario di quello programmato e previsto. Dopo alcuni anni a seguito di una raccolta di materiale il più eterogeneo possibile comincio a presentare nel modo più opportuno (secondo il luogo, l'occasione e mezzi messi a disposizione) il lavoro o parte del lavoro. La gran quantità e diversità dei materiali acquisiti per ogni intervento mi da modo di presentare lo stesso progetto sempre in maniera diversa adattandolo di volta in volta secondo l'occasione e la situazione in cui lo presento. I materiali hanno per me il compito, più che il valore, di fare in modo che avvenga un passaggio d'informazione tra colui che ha pensato e realizzato il progetto e coloro che ne fruiscono ai vari livelli. Quindi ritengo che il valore di scambio dovrebbe essere se non nullo perlomeno molto vicino allo zero. In che relazione sono i materiali che uso con l'ideazione del lavoro? Sono semplicemente i più consoni ed adatti per la realizzazione stessa del progetto, perché tendo a lavorare con tutto quello che colpisce il mio interesse.


D: Lavori con materiali deperibili? Se sì perché?
R: Il fatto che alcuni materiali siano deperibili non è un problema del quale mi preoccupo giacché nulla si può fare contro l'erosione inarrestabile del tempo, anche la Gioconda è condannata a disintegrarsi. L' idea di lavorare su materiali di precoce e facile deperibilità, è una cosa che mi ha sempre affascinato. Cosa c'è di più bello, interessante, curioso, ecc. di un cubo di ghiaccio che scompare sotto i nostri occhi? O forse è più giusto dire che si trasforma sotto i nostri occhi? Ebbene ecco cosa vorrei che avvenisse ad ogni mio progetto !… Vorrei che esso si trasformasse ogni volta proprio come avviene al ghiaccio che si tramuta in acqua per poi divenire vapore ecc. ecc. Vorrei che anche i miei lavori entrassero in un ciclo magari incontrollato dove potessero vivere in pieno la trasformazione che di volta in volta li originerà in forma e contenuti diversi. Credo che questa sia la grande forza delle idee sulle cose.

D: Che cosa nel prodotto e nell' idea artistica deve secondo te "perdurare"? E in che modo?
R: Quello che deve perdurare in ogni modo è il progetto nel suo aspetto empirico (nel senso pratico d'esperienza) senza tener conto dell'idea del lavoro che potrebbe secondo i molteplici fattori che la influenzano e determinano, cambiare di volta in volta. Per esempio il mio intento principale è quello di fermare attimi insignificanti della nostra esistenza (colti dal continuo fluire della vita quotidiana) per poi fissarli in modo che ognuno possa su di loro costruire stati di riflessione indipendenti e personali. Ma cosa può perdurare di questo, se non la mia o la vostra esperienza pratica del tutto personale, seppure stimolata da idee?

D: Il tuo lavoro ha delle particolari esigenze d'installazione che vorresti mantenere durante l'esposizione?
R: No!…Io cerco di adattare i lavori e le idee secondo il contesto sociale in cui sono presentate. Se fosse diversamente non sarei più io a determinare la linea di ricerca, ma sarei troppo condizionato dalle opportunità che si presentano ogni volta, snaturando così la mia naturale opera di ricerca. Può succedere comunque, in alcune occasioni, che le mie operazioni o progetti abbiano una loro sede naturale che nasce dal tessuto sociale preso in esame di volta in volta. Inoltre ogni occasione espositiva, anche se non indispensabile per il mio lavoro, può in ogni caso divenire sede di raccolta o diffusione di un progetto, oppure essere sfruttata ed utilizzata come opportunità per presentare un nuovo lavoro.

D: Quale dovrebbe essere il ruolo del restauratore per l'arte contemporanea?
R: Questa è una domanda alla quale non credo di saper rispondere interamente… Ma una cosa è certa, il ruolo del restauratore d'arte contemporanea dovrebbe sicuramente essere diverso da com'è oggi concepito e praticato, come del resto dovrebbe essere per il critico e curatore troppo ancorati ancora a vecchi schemi espositivi che più non si adattano all'arte sperimentale e di ricerca. Tutte e tre queste figure pur conservando le loro imprescindibili specificità dovrebbero, secondo me, abbandonare i vecchi cliscè di riferimento ed avvicinarsi di più alla figura dell'investigatore. I curatori dovrebbero utilizzare elementi tipici degli investigatori intraprendenti, mentre i critici quelle degli investigatori analitici, e i restauratori degli investigatori metodici.

D: Gli interrogativi che potresti porre ad un restauratore sarebbero di tipo tecnico, etico-metodologico o altro?
R: Gli interrogativi che vorrei porre ad un restauratore sono gli stessi di quelli che porrei sia ad un critico sia ad un curatore e cioè sicuramente di tipo etico-metodologico oltre ad una sana e curiosa riflessione sul perché di una scelta professionale di un certo genere.

Intervista di Elisabetta Sonnino a Pino Boresta


Pubblicata on line su Undo.net

Qui il link:

In foto;
la Gioconda, una mia smorfia deteriorata, una muffa, 5000lire da me timbrate, io in un intervento urbano, una restauratrice.

2001 Ugo Giuliani




Interventi abusivi




Le sue faccine disgustate sono appiccicate nei luoghi più impensati dei padiglioni della Biennale, mentre i gradini di molti ponti della città osservano gli amanti dell’arte con occhi cupi ed indagatori...si tratta delle opere situazioniste di Pino Boresta, ospite abusivo della kermesse artistica veneziana. Exibart l’ha intervistato per voi...



Pino Boresta è un artista romano che da anni ha intrapreso un difficoltoso percorso di ricerca nel campo dell’arte situazionista. Apparentemente i suoi interventi hanno il sapore della burla, mirano al coinvolgimento dei passanti, cercano di creare un certo divertito scompiglio. Ma il riso a ben vedere è, come nelle migliori tradizioni urbane, amaro come il fiele. L’arte di Pino Boresta invade le strade delle città, sale sui pullman, si diffonde pacifica ed insidiosa tra cartelli e manifesti pubblicitari. Talora diventa direttamente o subliminalmente un sondaggio ossessivo su che cosa sia l’arte. Il suo target, il passante, l’utente dei non luoghi di massa. Indagine sul campo, quesiti crudi in bilico tra le tecniche della propaganda underground, e le rilevazioni demoscopiche più all’avanguardia. L’11 dicembre del 1997, tra le 17,30 e le 19,30, alla Stazione Ostiense (si legge nella cospicua documentazione che lo riguarda presente all’Associazione Futuro di Roma), alle domande Cos’è l’arte? Dov’è l’arte? Com’è l’arte? Qual’è l’arte? Quand’è arte? Chi è arte? Perché è arte? Quant’è arte? Tra le risposte più sensate che ha raccolto e lasciato ai posteri troviamo: 1) Ciò che l’uomo fa con i mezzi della ragione seguendo gli istinti del cuore. 2) L’espressione dell’essere. 3) L’universo. 4) Il silenzio quando parlo. 5) Girare nudi in metropolitana...
Ecco la sua intervista fiume.



Domanda: Questa é la tua prima “partecipazione” alla Biennale di Venezia?


Risposta: No questo progetto intitolato “Generate una smorfia” (come riportato per la prima volta nel libro “Non é Vero” e dal sottotitolo "disordinazioni di un'avanguardia subliminale di massa") é incominciato nel 1994 a Roma ed è stato in seguito realizzato quasi in tutte le grandi città Italiane. Venezia e la biennale sono state nel 1995 una delle prime tappe, e questo si é ripetuto per le tre edizioni seguenti infestando vicoli, campi, giardini e battelli con facce sbeffeggianti. All’estero questa, possiamo chiamarla A.D.U. - Azione di Disordinazione Urbana- é stata compiuta per quel che concerne il passato recente a Londra fine 2000 ed in questi giorni in Polonia, a Lodz, e Poznam, e nell’estate nel 1997 a Kassel in occasione di Documenta X di cui si può leggere sull’ultimo libro di “Oreste alla biennale” un mio divertente testo in inglese che riporta il resoconto degli interventi compiuti. Questo proprio nelle tre pagine da me curate, come l’intera manifestazione riguardante la sezione degli incontri e meeting concernenti gli Adesivi Urbani Autoprodotti e Sticker Artisti (tra cui Piermario Ciani e Jeroen Jongeleen da me invitati). Anzi approfitto di questo spazio per lanciare un appello a tutti gli artisti che lavorano in questo senso (vale a dire che utilizzano adesivi urbani disordinanti) perché m'informino sulla loro attività e per poterli così coinvolgere nelle prossime iniziative riguardanti A.S.A. - Associazione Sticker Artisti ed A.U.A.- Adesivi Urbani Autoprodotti A.S.A.- A.U.A.- Casella postale 19 - 00037 Segni (Roma).











































D: Oltre alle tue famose faccine appese abusivamente nei luoghi più impensati, c’erano come altre volte, dei questionari da distribuire al pubblico?


R: I questionari e domande cui ti riferisci sono stati da me fatti ma non per quest'occasione. A meno che tu non ti riferisca alle faccine con una scritta intorno che sollecitano una riflessione sulla pubblicità, che tutti possono scrivere infondo all’adesivo nello spazio destinato a tale uso. Questo tipo d'intervento é una ramificazione del progetto precedente chiamato in questo caso C.U.S.- Cerca ed Usa la Smorfia. Quando nel 1995 ho ideato quest'adesivo interattivo (non conosco per il momento casi d'altri artisti che n'abbiano fatti altri), non era nelle mie intenzioni di recuperare tutti quelli che avrei trovato con scritte, ma poi nel 1996 oltre a fotografarli ed a documentarli con video e foto, ho preso la decisione di cominciare a recuperarli e sostituirli con dei vergini. Questo perché avevo capito che avrei così potuto dare a quelle dichiarazioni, affermazioni, gridi, insulti (e non sono pochi ma é giusto che tutto sia registrato fedelmente ed archiviato) una più ampia diffusione e possibilità di essere ascoltati e visti invece di finire ingiustamente ed inesorabilmente erosi dalle intemperie naturali ed umane. Come succede giustamente a tutti quelli che il destino ed il caso non ha voluto che io ritrovassi. Questi recuperi diventano così dei piccoli cimeli in vetrina, pubblicati in libretti ed ai più belli, indicativi e divertenti riservo il diritto a divenire grosse cibachrom, o foto plotter. Ho poi cominciato nel 1997 a recuperare anche alcune delle facce tonde smorfieggianti da me attaccate qua e là per le città ed anche queste dal tempo e dalla gente deturpate. Questo perché ho scoperto che io stesso non sarei mai stato capace, com'era riuscito con il proprio gesto al grande Arnulf Rainer, di operare meglio di come gli agenti atmosferici ed avventori intraprendenti riuscivano e riescono tuttora e fare su questi adesivi sagomati della mia faccia, sparsi ovunque nelle strade cittadine.




D: Qual’é lo scopo dei tuoi interventi?


R: Forse non so neanche io quale sia esattamente lo scopo dei miei progetti dato che ho riscontrato che spesso non rispecchiano lo scopo che gli altri vi trovano. Certamente le motivazioni che determinano i miei interventi e modo di agire sono molteplici e non vorrei ripetere quella inflazionata ma probabilmente vera riguardo alla necessità dell’artista di comunicare, bla bla bla etc. Un tempo mi piaceva dire ed é tuttora vero che uno dei miei intenti principali é quello di voler coinvolgere attivamente il fruitore nell’opera, ma a volte mi chiedo fino a che punto tutto questo mi interessi e sia giusto. Non so se questo può essere utile, ma una volta ho scritto cosa vorrei che avvenisse ad ogni mio progetto ed é quanto segue: vorrei che ogni mio progetto si trasformasse ogni volta proprio come avviene al ghiaccio che si tramuta in acqua per poi divenire vapore ecc. ecc. Vorrei che anche i miei lavori entrassero in un ciclo magari incontrollato dove possano vivere in pieno la trasformazione che di volta in volta li origina in forma e contenuti diversi. Credo che questa sia la grande forza delle idee sulle cose.




R: Che reazioni ti aspetti e ricevi dal pubblico? So che a Roma e non solo, hai tantissimi estimatori, hai anche un gallerista o dei galleristi che seguono il tuo lavoro?


R: Il Mascherino é una delle poche gallerie che segue e promuove il mio lavoro, dove proprio pochi giorni fa è terminata una buona collettiva alla quale ho partecipato. Le reazioni del pubblico ai miei progetti sono di solito d'entusiasmo ed apprezzamento e francamente é da loro che traggo le maggiori soddisfazioni, quello che mi riesce più difficile pur avendo tra loro diversi estimatori é quello di rapportarmi con buoni galleristi che sappiano apprezzare fino in fondo la mia opera, ma questo credo che dipenda anche dalla complessità del mio lavoro dove il semplice fatto di non vedere e non capire immediatamente la realizzazione formale dei progetti spesso sperimentali e che prendono forma di ricerca in quello che é il laboratorio del quotidiano delle metropoli e della società blocca e devia tutti gli spontanei ed iniziali slanci d'interesse, che finiscono con il rimanere solo tali. Questo perché non è capita l'importanza che risiede nel processo di realizzazione del progetto e nel messaggio che esso contiene. Io credo che tutti i progetti di ricerca, anche i più sperimentali, possano rendersi concreti in materiali tangibili di vario genere e possono essere esposti come opere nella maniera di volta in volta più opportuna. Tali materiali assumono un valore come elementi di passaggio per l’informazione ma anche essere considerati come oggetti d’arte veri e propri, come merce. Trovo in ogni modo sbagliato che si debba pagare un prezzo in termini monetari per qualsiasi tipo di passaggio d'informazione. Devo inoltre confessarti di subire una specie di rifiuto nei confronti dell’opera come oggetto di valore in quanto tale, cioè senza che questo abbia un'implicazione di valore aggiunto. Avverto anche una certa insofferenza e diffidenza nei confronti degli “oggetti d’arte”. Sento l’urgenza del superamento dell’opera effimera dove a fare da padrone sono gli elementi estetico formali. Ed è per questo che ho trovato il lavoro di 0100101110101101 presentato al padiglione Sloveno come una delle cose più interessanti e belle di tutta la Biennale di Venezia. Ho trovato molto giusto, ed in linea con il mio pensiero, quello che Vuc Cosic dice in un'intervista di Tilman Baumg sulla net.art nel catalogo. Comunque, oltre ad ammiratori ho anche detrattori come un certo Pippopinguino che si aggira ultimamente per le vie Romane divertendosi non so per quale motivo a strappare i miei adesivi, azione legittima, ma francamente mi pare una guerra in famiglia che lascio solo a lui. Trovo invece molto più interessante chi, come il sottoscritto e non solo - il maestro Cattelan ci insegna -, utilizza azioni spesso parassitarie ma non deturpanti su opere d'artisti più in vista più sostenuti e più famosi presenti in mostre importanti come biennale e documenta ed altre etc.



D: Consideri i tuoi interventi un’opera collettiva? O un virus benefico da diffondere nel mondo dell’arte?


R: Non so se il mio sia un virus benefico, ma spero di si, spero che provochi riflessioni positive, ma nonostante tutta la buona volontà impiegata, a volte, con il proprio operato si finisce per favorire il nemico tanto é vero che ho notato che in Italia specialmente negli ultimi anni la pubblicità adopera per i propri fini facce sempre meno serie, statiche od ingessate utilizzando invece visi sempre più ironici smorfiegianti e sbeffeggianti. A Londra invece é successo che in una mostra organizzata nella metropolitana di Brixton per protestare contro alcune decisioni comunali di smantellare i locali e le attività in loco la mia faccia sia stata utilizzata come sberleffo ed elemento di protesta contro le istituzioni locali. Questo mi ha fatto molto piacere, visto che io quando ho pensato questo progetto con la mia faccia spalmata ovunque nella città volevo utilizzare questa in maniera ironica come marchio per protestare contro le grandi aziende che con i loro soldi e capitali ci vogliono imbottire la testa di quello che dicono loro adoperando la pubblicità indiscriminatamente, spesso in maniera subdola e subliminale. Volevo diventare, chiaramente in forma parossistica paradossale, (cercando di capire fino a che punto si poteva tirare il gioco) una sorta di spot antispot, anticonsumismo, anticapitalismo, anticonformismo, antiglobalizzazione, antiarte, ma poi ci si accorge che non é tutto così semplice e c’é chi come all’ultima biennale al padiglione Giappone forse giustamente la pensa in maniera diversa e con i soldi di un grosso sponsor che esercita la propria attività in tutto il mondo realizza la propria installazione a loro dedicata sostenendo che Andy Warhol in fin dei conti con la Cambell faceva la stessa cosa.




D: I tuoi interventi sono autofinanziati?

R: Sì molti dei miei interventi sono autofinanziati, ma quando sono stato invitato in grandi manifestazioni come “Big Torino 2000” le spese sono state sostenute dall’organizzazione dell’evento in collaborazione con AMIET l’azienda municipale per la raccolta dei rifiuti, con la quale ho realizzato quest'intervento urbano d'indagine sulla spazzatura, ripetuto ben tre volte in tre zone socialmente ed economicamente diverse di Torino. In quest'intervento che ha riscosso un notevole successo, tutte le spese; dal grosso cubo in plexiglas, al pullman per il pubblico che seguiva la performance in diretta, alla video ripresa e montaggio finale più i tre grossi cubi ricostruiti fotograficamente a dimensioni reali, nonché il viaggio ed il soggiorno in hotel per 18 giorni sono stati interamente pagati dall'organizzazione, rimasta anch'essa molto soddisfatta del progetto realizzato e dalla risonanza che il lavoro ha avuto. Insomma quando le cose vanno così sò soddisfazioni. Qualcuno una volta mi ha domandato se essere ricchi è importante per diventare artisti famosi.....io francamente non so se avere molti soldi sia determinante, ma credo che un pó di verdoni ed amicizie giuste non hanno mai guastato, e questo lo sapeva bene anche il grande ed incommensurabile Marcel Duchamp.




D: In che modo riesci a commercializzare le tue opere?


R: Da qualche anno ho cominciato a vendere qualcosa ad alcuni attenti estimatori ma queste piccole entrate non mi permettono ancora di vivere di sola arte. Ma forse é meglio così perché il mercato é un meccanismo nel quale é meglio entrare in punta di piedi e spesso grossi exploit e vertiginose ascese si sono rivelate dei grossi flop.


D: Hai un atteggiamento critico nei confronti del sistema dell’arte?


R: Ormai é troppo facile avere un atteggiamento critico nei confronti del mercato o cosi detto sistema dell’arte e non vorrei fare la figura del solito artista scontento che si lamenta, ma alcune cose le vorrei dire: Sappiamo che da sempre esiste un sistema di lobby che favorisce gli artisti che vivono o si sono trasferiti nelle grandi città dell'Italia settentrionale, perché lì ci sono le gallerie che contano, i soldi ecc.ecc. ma questo è sufficiente per giustificare che un intera erogazione dei pochissimi soldi a favore dell'arte contemporanea vada a beneficio dei soliti noti, non si rischia così d'alimentare solo un mercato effimero e consumistico senza preoccuparsi minimamente di supportare almeno un po' l'arte sperimentale che sta veramente dicendo e facendo qualcosa di nuovo e più interessante. Sto parlando di una delle poche buone iniziative che il governo passato ha fatto, e cioè i premi del Giubileo per la Giovane Arte Italiana, dove i 30 milioni a testa sono andati spesso immeritatamente a quasi tutti artisti d'area milanese legati in parte ad una stessa situazione. Ben dodici quindicesimi (12/15) delle scelte fatte sono riconducibili ad un unico ambito ed area di riferimento sostenuta da un gruppetto di galleristi, critici e compiacenti giornalisti critici che sostengono (affermazione fatta in conferenza ad ArteFiera di Bologna di fronte a centinaia di persone) legittimamente, di non dover essere loro a dover fare delle scelte, ma di avere il compito semplicemente di diffondere ed informare su ciò che altri critici più preparati ed informati di loro fanno. Ma non capisco allora perché chi fa queste affermazioni continui però a fare parte di giurie dove la scelta ed il giudizio critico sono d’obbligo giacché si è lì per fare delle scelte. Non si può partecipare a giurie selezionatrici limitandosi ad avallare le scelte d'altri componenti della commissione esaminatrice, altrimenti si potrebbe pensare che si partecipi solo per intascare i compensi e guadagnarne in prestigio. Comunque sia ritornando ai 12/15 io credo che sia giusto, come é sempre stato, che ad un certo punto della loro carriera, dei critici militanti facciano delle scelte e cerchino di sostenere un certo numero d’artisti, ma c’é modo e modo, e soprattutto non bisogna essere avidi ed egoisti, 7/15 erano più che sufficienti. Possibile che a Roma dove risiedono migliaia d'artisti non ci siano mai artisti meritevoli di essere scelti per nessun concorso o borsa di studio. Non ultima la vera e propria cattiveria commessa dall’ultima giuria italiana per la borsa di studio del PS1, che selezionando solo sei canditati invece dei 10 previsti dal bando di concorso (e per carità nessun romano pur considerando la prossima sede espositiva, e vada retro ogni artista del sud), ha impedito in questo già povero e desolato ambiente culturale, a quattro artisti di utilizzare quelle risorse (mostra al Palazzo dell’Esposizioni di Roma e realizzazione dell’opera per tutti i selezionati) già stanziate e comprensive di spese per tutti e 20 gli artisti (compresi i 10 selezionati l’anno precedente).Tutto questo sostenendo che la qualità era bassa, ed in alcuni casi si era preferito non scegliere artisti pur bravi e stimati ritenendo che non sarebbero mai stati scelti dalla giuria americana. Ma ditemi voi che discorso é mai questo? Non voglio parlare delle scelte finali del PS1 dove pare che le discriminanti di scelta siano tutte fuorché quelle meritorie in base al lavoro, poiché pare che sia più utile avere una fidanzata critica che lavori nella fondazione che qualsiasi altra cosa. Sai, sono molti quelli che sanno come vanno le cose ma tutti hanno paura di parlare e scriverle certe cose perché hanno timore di essere emarginati e forse io stesso, se tu come spero le pubblicherai, pagherò le conseguenze di quello che dico, ma bisogna che tutti comincino a capire che queste cose vanno fatte con coscienza ed onestà, perché questi concorsi sono ogni volta delle sconfitte dolorose che spesso lasciano ferite che gli artisti scontano a caro prezzo sulle loro pelle. Non partecipare poi sarebbe un atteggiamento da struzzi oltre che da stronzi offrendo ai soliti noti un alibi in più per giustificarsi. Per quel che mi riguarda poi tutto sarebbe più facile da accettare se non mi fosse capitato di vincere, arrivando primo, a concorsi dove la scelta è fatta solo ed esclusivamente in base al lavoro, scoprendo cioè solo in un secondo tempo il nome dell’artista corrispondente al progetto presentato. Queste sono cose che fanno riflettere visto che la giuria era composta anche da persone qualificate come Gilardi, Pinto ed altri. Qui non si tratta di fare scelte secondo una ripartizione regionale, ma possibile che non ci siano mai artisti meritevoli di essere scelti da Bologna in giù.



D: Pensi che in futuro sarai ufficialmente invitato a partecipare alla Biennale? Se succedesse (e comunque te l’auguro) sarebbe forse la fine dell’arte di Pino Boresta?

R: Innanzi tutto grazie per l’augurio anche se probabilmente qualcuno penserà che stai bestemmiando, poi non so se sarò mai invitato ufficialmente alla biennale di Venezia, questo dipenderà dalle dinamiche che saranno adottate per la prossima edizione e soprattutto dal prossimo curatore, e dal suo interesse per un certo tipo di cose e soprattutto da chi lo consiglierà che spesso sono quelli che decidono molte cose. Una cosa é certa invitato o no, padreterno permettendo, io ci sarò!…ci sarò come ci sono stato nelle ultime quattro edizioni, sarò così l’unico ad avere partecipato quattro volte di seguito alla biennale. Sarei un ipocrita se affermassi che non mi piacerebbe che un'eventualità del genere si presentasse veramente, e ciò non sarebbe né antitetico né antietico con il mio lavoro, perché quello presentato a Venezia finora é solo uno dei miei progetti anche se probabilmente il più famoso e conosciuto. Tu avrai poi visto nei due faldoni al Centro Documentale di Futuro a Roma la documentazione riguardante i 20 e passa progetti realizzati in diverse occasioni e sono questi solo una parte del mio lavoro. Sarebbe come é avvenuto alla biennale giovani a Big Torino 2000 un'opportunità in più per realizzare con un po' di fondi e risorse un nuovo progetto. Credo comunque che se questo piacevole evento non dovesse mai verificarsi non sarebbe poi così grave visto che sarei in buonissima compagnia con artisti come Ettore Innocente inspiegabilmente mai invitato alla Biennale di Venezia. Artista di cui ora tutti si riempiono la bocca senza averne però mai capito prima, quando era il momento giusto, l'importanza e la bellezza del lavoro.



D: Le tue attività artistiche più recenti?


R: A Poznam ho realizzato pochi giorni fa il mio ultimo lavoro che è stato una performance intitolata: I.A.I.S.T.- International Association of Independent Shower Takers (cioè A.I.D.I. - Associazione Internazionale Docciatori Indipendenti). Prima di partire per la Polonia, ho partecipato a Futuro ad una collettiva presentando M.E.R. - Manifesti Elettorali Rettificati di Tajani e Veltroni, lavoro quest'appartenente alla famiglia dei D.U.R - Documenti Urbani Rettificati di cui si può leggere una spassosa descrizione sul libro "Il Suicidio dell'arte", di Pablo Echaurren.



Intervista di Ugo Giuliani a Pino Boresta
Pubblicata on line su Exibart

Venezia – Pino Boresta, Interventi abusivi, Sedi varie, 49°Biennale d’arte. Fino al 4.XI.2001

Qui il link:
https://www.exibart.com/biennale2001/fino-al-4-xi-2001-pino-boresta-interventi-abusivi-venezia-sedi-varie/ 


In foto:
Interventi urbani progetto CUS e NDA, Piermario Ciani ed etichetta interattiva progetto CUS, Arnulf Rainer e smorfia deteriorata del prog.CUS, Tilman Baumg e Vuc Cosic, un opera di Maurizio Cattelan, Andy Warhol, il cubo dell’azione urbana Rifiutindagine, Marcel Duchamp, Piero Gilardi, Ettore Innocente e un momento della performance AIDI, un momento dell’azione urbana MER.

2004 Patrizia Carollo


Spermatozoo di merda!



Domanda: Dì qualcosa di te.... chi sei?


Risposta: Bello, bravo, simpatico, intelligente, alto, biondo, occhi celesti. Questo è il mio fratello mai nato, da me bruciato, avendo la sola colpa di aver raggiunto l'ovulo per secondo. Non so se questo mio primo successo è stata cosa buona e giusta per tutti voi ma se questo non è un comportamento da spermatozoo di merda dimmi tu cos'è?



D: Chi è per te l'artista di merda?


R: Non credo esista un prototipo di artista di merda, ma se fossi costretto a dare una definizione direi che l'artista di merda è colui che possiede un satellite di se stesso che ha il compito di analizzare asetticamente la propria vita inviando i dati alla sua esistenza matrix, che di volta in volta deciderà cosa utilizzare.


D: Credi di esserlo?


R: Ma!...Sai se devo dirti la verità io non ho mai pensato molto bene di me e forse quella di essere un artista di merda è una delle mie qualità migliori. Anzi ti dirò di più, ultimamente ho scoperto che molti vorrebbero esserlo e non lo sono e molti che lo sono non hanno ancora scoperto di esserlo.



Intervista di Patrizia Carollo a Pino Boresta


mai pubblicata


In foto:

Ovulo e spermatozoo, Copertina del libro “Teoria e tecnica dell’artista di merda” a cura di Claudio Morici, dal film Matrix.



mercoledì 12 novembre 2008

2004 Salvatore Caruso


Chi è Pino Boresta? 



Domanda: Chi è Pino Boresta?

Risposta: Non lo so! Non lo so ancora… ci sono dei periodi che credo di saperlo, ma in genere non dura mai molto, è più facile invece che cambi idea diverse volte nel corso di una giornata o da un'ora all'altra. In questo periodo mi sento tanto artista di merda come mi ha definito Claudio Morici (lui stesso artista di merda) in questo suo libro intitolato "Teoria e tecnica dell'artista di merda". E se tu mi avessi domandato come ha fatto qualcuno in intervista riguardante il mio intervento proprio su questo libro chiedendomi "Dì qualcosa di te.... chi sei?" Io ti avrei risposto:
Bello, bravo, simpatico, intelligente, alto, biondo, occhi celesti. Questo è il mio fratello mai nato, da me bruciato, avendo la sola colpa di aver raggiunto l'ovulo per secondo. Non so se questo mio primo successo è stata cosa buona e giusta per tutti voi, ma se questo non è un comportamento da spermatozoo di merda dimmi tu cos'è?


E se la seconda domanda fosse stata:
"Chi è per te l'artista di merda?"
Io ti avrei detto:
Non credo esista un prototipo di artista di merda, ma se fossi costretto a darti una definizione direi che l'artista di merda è colui che possiede un satellite di se stesso che ha il compito di analizzare asetticamente la propria vita inviando i dati alla sua esistenza matrix, che di volta in volta deciderà cosa utilizzare.



D: Cosa è per te il concetto "arte"?

R: Anche per quanto riguarda questa domanda mi trovo costretto a confermare la mia fragilità mentale e confessare che pure su questo concetto ho spesso cambiato opinione più volte nel corso della vita, forse è per questo motivo che nel mio percorso "artistico" ho fatto sempre cose diverse senza però ritenere sbagliate quelle fatte in precedenza.
Questa poi è una domanda che mi ha sempre affascinato moltissimo fin da quando mi sono dedicato a questa attività?
Tanto e vero che sette anni fa ho pensato anche un progetto, realizzato più volte, che si intitola N.D.A. (Nove Domande ad Arte) la prima volta l'ho messo in pratica durante una manifestazione romana intitolata "Sotto il cielo di Roma e Berlino" curata da un gruppo di architetti ed un gruppo musicale gli Stalker ed i Tetes de Bois.


Il tutto consisteva in una serie di eventi metropolitani di arte musica e teatro. Io il giorno 11 dicembre 1997 dalle ore 17,30 alle 19,30 nel sottopassaggio che collega la metropolitana al terminal della stazione ostiense, mentre i pendolari sostavano comodamente sui tapirulan (tappeti mobili) ho loro distribuito un cartoncino rigido, una penna ed un foglietto con una delle seguenti domande:
Cos'è l'arte?
Dov'è l'arte?
Com'è l'arte?
Qual è l'arte?
Quant'è l'arte?
Quand'è l'arte?
Chi è l'arte?
Perché è arte?
Quanto è arte?
Il foglietto con la risposta e tutto il resto veniva poi ritirato. Ho cosi raccolto un notevole numero di risposte, interessanti, ludiche, curiose, impegnative, significative, etc…. che tutte insieme, hanno danno forma ad un bel numero di riflessioni per molti aspetti singolari, stimolanti ed indicative che avvolte ho trovate più illuminanti ed interessanti di quelle date da molti addetti ai lavori, che ahimè ne dicono de stronzate….




D: Per te cosa vuol dire comunicare?


R: Se per comunicare intendi l'accezione alta del termine, in altre parole un tentativo di dire qualcosa di nuovo e importante, devo risponderti che non ritengo la comunicazione una pratica essenziale per dare un senso compito alla nostra esistenza ma una necessità per determinare e indirizzare il nostro futuro. L'importanza della comunicazione non è nella quantità e neanche nella qualità visto che esistono diversi punti di vista al riguardo, ma piuttosto nel dire, comunicare e fare la cosa giusta nel momento giusto. Infatti, avvolte può bastare un solo libro (The catcher in the rye) come nel caso di J.D. Salinger altre volte c'è chi esagera come Bruno Vespa e non credo che tutti debbano trovare il modo di comunicare qualcosa per sentirsi con la coscienza a posto ma anzi se uno ritiene più importante e divertente passare i pomeriggi a fare altre cose come giocare a flipper, parlare al bar dell'ultimo bomber in mutande che si scopa la velina bionda di striscia, o gustarsi in tv qualche reality, fiction o uno dei programmi "Evviva siamo tutti on-tv… dai sputamose addosso, no è meglio che se famo un piantarello" condotti dalla bravissima Maria De Filippi, ma lasciamoli fare…..anche perché, se ricordo bene, qualcuno mi ha detto che ogni minuto che passa in qualche parte del mondo viene pubblicato un libro (o forse più di uno?) quindi se tutti si mettessero a scrivere libri sarebbe una bella tragedia non sapremmo più che cazzo scriverci sopra. Pensate che se fosse successo, Pasolini avrebbe perso la più grande fonte d'ispirazione per i suoi capolavori.



D: Come spiegheresti a "l'uomo qualunque" il tuo lavoro?

R: Ma chi è l'uomo qualunque?
L'uomo qualunque non esiste!
Esiste "l'intellettuale del cazzo", che spesso guarda al mio lavoro con diffidenza e pregiudizio rifiutandosi di analizzare le cose come forse sarebbe giusto, ma del resto a che pro? Perché dovrebbero farlo? Cosa ne guadagnerebbero? Ora come ora nulla in seguito chi sa?…. Attenzione che questa figura non deve essere confusa con "l'intellettuale di merda" figura invece molto più positiva che studieremo in seguito. Esiste invece l'uomo della strada che è spesso quello che io cerco e voglio sempre di più come mio interlocutore perché scevro da condizionamenti di settore e che riesce a percepire il mio lavoro nel modo più giusto e costruttivo anzi spesso sono loro ad indicarmi nuove e significative analisi su alcuni progetti a cui non avevo pensato. Ci tengo a precisare che alla categoria dell'uomo di strada appartengono avvolte anche addetti ai lavori. E questa non vuole essere la solita critica al sistema dell'arte italiano, ma se a Kassel per "Documenta" e nelle altre manifestazioni importanti internazionali tutti si lamentano che ci sono sempre troppi pochi italiani, (spesso nessuno, o sempre gli stessi) a qualcuno non è venuto il dubbio che forse quelli che detengono il potere o decidono le sorti dell'arte contemporanea nel nostro paese stiano sbagliando qualcosa? Io non credo di avere amici veri tra gli artisti anche se il mio percorso mi ha portato ha collaborare con personaggi di cui stimo il lavoro e la persona come; C. Pietroiusti, P. Echaurren, A. Gianvenuti. Anche con i critici non ho dei buoni rapporti ma ho avuto modo di apprezzare l'operato di alcuni di loro come; C. Colasanti, D. Scudero, G. Marziani, V. Tanni, V. Gravano, M. Tonelli, S. Biagi, A. Arevalo. Delle gallerie e dei galleristi poi non ne parliamo proprio, posso solo dire che mi piace il lavoro che sta facendo F. Paris, per il resto credo che mi considerino un poveraccio che brancola nel buio, ma forse si sbagliano.
Tutto questo per dire che le soddisfazioni più grandi mi arrivano spesso da quelli che tu chiami uomini qualunque, che sono coloro che nei momenti di depressione mi ridanno la forza e l'entusiasmo di andare avanti, se non ci fossero loro per me sarebbe stato molto più duro sopportare le continue delusioni che costellano, credo, la vita di ogni artista, anche quello più affermato.



D: Ti interessa di più la cronaca o la strada? Più la cultura di strada o quella riservata a pochi?
R: Anche nelle nostre metropoli ci sono ora centinaia di giovani che hanno trovato finalmente il coraggio di mostrare la propria dirompente creatività. Alcuni di questi vogliono solo catturare l'attenzione su stessi e non credono realmente in quello che fanno, questo traspare nei loro lavori. Altri invece sono molto bravi, e sono la maggioranza, alcuni di questi veramente in gamba ho avuto modo di conoscerli personalmente come JBrock e Diamond o il gruppo Why Style.
Alcuni sostengono che la cultura di strada sia diventata una moda, che i giovani si cimentino in questa forma d'arte perché è la più semplice, niente di più falso rispondo io. Forse le cose oggi sono diverse ma quando io ho incominciato 10 anni fa con i miei stickers ed altri interventi urbani diffidenza, scetticismo, scherno, derisione da parte di altri artisti e di molti addetti ai lavori era all'ordine del giorno e ancora oggi nonostante gli attestati di stima vi è da parte dell'elit dell'arte contemporanea una profonda diffidenza nei miei confronti che non sono ancora riuscito a capire esattamente da cosa sia dettata. Infatti, anche se adopero diverse forme d'espressione per mettere in pratica ed elaborare i miei lavori questo mio utilizzo dell'arte, spesso fuori degli schemi e che si determina in una pratica eversiva, mi è costato caro ed a tutto oggi ne pago a caro prezzo le conseguenze venendo tagliato fuori da molti dei circuiti importanti. Uno potrebbe dire ma chi se ne frega, ma chi se ne frega un par di palle dico io perché devono ciucciarsi loro tutta la torta? Fossero poi dei bei lavori, ma le avete visto quanto sono brutte ma soprattutto stupide le mostre organizzate in tutti questi posti istituzionali gestiti Alla volemose bene che tanto semo tutti amici?



D: L'incontro tra il tuo essere ed il tuo apparire con la realtà quotidiana è uno scontro aperto, un gioco o una fuga?

R: Ero sul punto di incamminarmi via quando appena fuori il portone della famosa galleria ho incontrato Emilio Prini. andava anche lui all'inaugurazione e dopo avermi salutato mi ha fatto immediatamente notare una vetrina nella quale erano accuratamente esposti dei capi di abbigliamento a suo parere orribili. Effettivamente era così, infatti, quel negozio d'abbigliamento per uomo che si trovava proprio accanto al portone esponeva in vetrina cardigan antiestetici, maglie dalle fantasie stantie, camicie con colletti improbabili e tinte improponibili, completi uomini dal taglio né sufficientemente vecchio da far tendenza né classica tanto meno alla moda più becera. Le proposte degli abbinamenti degli spezzati e delle cravatte erano poi sicuramente indecenti, il resto della vetrina lasciamolo perdere. In seguito ho riflettuto su quella serata e mi sono reso conto di essere stato più stimolato dalle riflessioni nate da quell'incontro davanti alla vetrina dell'incredibile boutique che no dal vernissage. Forse la vera mostra era proprio lì accanto a quel portone, ma chissà perché tutti si ostinavano ad oltrepassarlo per poi salire su in galleria.
E se gli artisti invece di fare solo mostre si soffermassero di più sulle cose?
A cosa serve produrre altra arte quando ce n'è già tanta? Creare uno stato di riflessione su quello già esistente potrebbe forse essere più utile?…
(luglio 1997)



D: Si vive o si sopravvive d'arte?

R: Una volta un mio amico mi ha detto che lui era certo che prima o poi qualcuno avrebbe sicuramente scoperto e riconosciuto l'importanza del mio lavoro non tanto, o meglio non solo, per il valore che questo ha, ma soprattutto perché io con la mia vita, sono una vera storia, "Anvedi che culo” dico io… Infatti a suo dire pur essendo vero che ognuno di noi è una storia, ci sono però storie più interessanti e storie meno interessanti, e io, sempre a suo dire, sono una di quelle storie che piacciono tanto agli americani, paparapa paparapa arrivano i nostri….Sempre in ritardo come al solito? Ha poi concluso sostenendo che il giorno che qualcuno avrà il coraggio la pazienza e l'intelligenza di ascoltare tutta la storia per intero e con attenzione farà la sua e la mia fortuna. Tu ora mi chiedi se vivo d'arte, io sono anni che cerco di capire chi sono gli artisti che realmente vivono del proprio lavoro e ti posso solo rispondere con una confessione, vi ricordate il padre di Massimo Troisi nel film "Ricominciamo da tre" che pregava San Gennaro perché gli facesse la grazia di farlo risvegliare con la mano che aveva perso non ricordo come, ebbene anche io tutte le notti prima di andare a letto faccio la stessa cosa pregando Padre Pio che il mio amico abbia ragione e la sua profezia un giorno o l'altro si avveri veramente veramente veramente.




http://www.liberarti.org/view.php?action=view_item&item=1033724941

http://www.arteutile.net/boresta/boresta.htm

http://www.pinoboresta.com/


D: Un tuo lavoro on-line racconta attraverso l'uso dell'immagine di un uomo ritto sul tetto di una casa ed a queste immagini allegavi un certificato di comparizione per testimoniare sul suicidio a cui avevi assistito, inoltre chiedevi un commento ai tuoi utenti. Dopo aver visto le persone volare dalle torri gemelle lo rifaresti?

R: Qualche giorno fa ho visto in tv il film intitolato "Sarabanda" di Ingmar Bergman. Il film era già iniziato ed io sono stato catturato dalla storia, bloccando il mio zapping nella scena in cui lui va dal padre a chiedere dei soldi per comprare un nuovo violoncello (molto costoso) per la figlia musicista come lui. Padre e figlio si odiavano reciprocamente, ma è in particolare il vecchio padre ad avere per il figlio un astio ed un rancore fuori dal comune, e pertanto gli nega qualsiasi prestito riservandosi di pensare lui stesso alle esigenze della sua adorata nipote, non per questo esimendosi dall'umiliare e offendere il figlio per la sua smidollagine.
Sicuramente è a causa del disastroso rapporto con mio padre il motivo per il quale sono stato immediatamente attratto e coinvolto emotivamente all'interno di questo film, ma ben presto la trama del film ha allargato la gamma delle relazioni affettive familiari con l'entrata in scena della figlia, la moglie e la matrigna facendo diventare il tutto ancora più interessante.
Voglio subito confessarvi che è stata la scena finale con la ex moglie del padre che ha aperto la mia mente a una riflessione molto importante, almeno per me. Infatti, penso banalmente che i Figli sono il risultato del giusto amore che i genitori riescono a trasmettergli. Se i figli hanno l'amore in se, se hanno imparato ad amare, se i genitori sono riusciti ad insegnargli la cosa più importante della vita cioè amare, tutto il resto verrà da se e da questo sboccerà la loro intelligenza, la loro sensibilità, la loro bravura, la loro capacità, la loro sicurezza, la loro forza, la loro bontà, il loro estro, la loro fantasia, la loro creatività etc. etc. Ma se un genitore non ha saputo trasmettere l'amore per la vita ai propri figli avrà fallito la sua missione e pur essendo il più grande avvocato, giudice, scienziato, poeta, politico, artista, imprenditore, professionista etc. etc. del mondo avrà fallito... avrà fallito la sua missione che spesso è quella più importante, e sulla quale io quasi ogni giorno m'interrogo.
Il protagonista era un bravo musicista e credo direttore d'orchestra ma non era riuscito a diventare famoso, probabilmente ritenendo più importante dedicarsi interamente all'educazione della figlia, specialmente dopo la morte della moglie che pare fosse ritenuta da tutti i personaggi del film una persona eccezionale, veramente speciale. Il suo amore per la figlia era probabilmente anche esagerato, dovuto al transfert (si dice cosi no?) che aveva fatto sostituendo la figura della moglie con quella della figlia nella quale la rivedeva ogni giorno. Questo era certamente un comportamento sbagliato da parte sua in quanto dimostrava di non essere riuscito a costruire con la figlia un rapporto maturo ed equilibrato, tanto è vero che tenterà il suicido dopo la sua partenza. Lui aveva anche leggermente ostacolato la figlia nella sua carriera per non farla allontanare da se, ma sarà grazie all'amorevole nonno e soprattutto all'intervento dell'affettuosa, premurosa e saggia ex moglie del nonno che la figlia deciderà di intraprendere la sua strada lontano da lui che avrebbe sofferto terribilmente, mentre il padre (nonno paterno della figlia) n'avrebbe certamente goduto un po'. Sicuramente sono nel giusto coloro che agiscono nel bene per il futuro della nipote o nipotastra, ma non bisogna dimenticare che è solo e soltanto merito del padre se la figlia diverrà un essere eccezionalmente in gamba, sensibile e molto dotata musicalmente. Tutto questo a scapito della sua stessa carriera per amore della figlia. Dico questo perché ciò diventa lampante e chiaro solo al termine del film dove in una scena finale si vede a sorpresa la ex moglie del nonno che va ha trovare la propria figlia, avuta probabilmente con un secondo marito, rinchiusa in un istituto per malattie mentali. La scena; lei entra nella camera e la trova seduta sul bordo del letto con gli occhi chiusi dietro degli occhialetti tondi, avvicinandosi gli toglie dolcemente gli occhiali e quindi l'accarezza sulla guancia. Ma è nella scena finale che sono sbottato in un pianto come un agnello sgozzato, infatti, è qui che ho capito o almeno io credo di avere capito tante cose. La scena è tutt'altro che drammatica ma quello che la ex-moglie del nonno dice stando seduta, non a caso, dietro una scrivania è a mio avviso rivelatrice di risposte a molteplici domande; " Ieri quando ho accarezzato mia figlia mi sono accorta che era la prima volta che la toccavo veramente".
Forse si potrà trovare banali e scontate molte affermazioni di questo mio scritto, ma credo che l'importanza di certe illuminazioni rivelatrici non stanno tanto nella novità ma nel momento in cui queste ti compaiono e si manifestano chiare nella tua mente, e forse in questo momento io avevo bisogno di capire queste cose. Rivalutare l'importanza del mio ruolo di padre di fronte al continuo flusso di sentimenti, delusioni e gioie in cui vivo per la voglia di fare sempre meglio l'artista, questo mi da nuova energia e maggiore consapevolezza.
Se fosse possibile vorrei ringraziare tutti coloro che rendono possibile che opere come questo film si realizzino e che artisti veramente meritevoli come il regista ed i suoi collaboratori trovino in questa società il loro giusto spazio.
(settembre 2004).




Non so se cosi ho risposto alla tua domanda, ma un semplice "Si!" mi sembrava riduttivo. Pertanto, ho pensato che questa mia esperienza che ho scritto di getto poco tempo fa, e spedito privatamente solo ad alcuni cari amici, potesse meglio di ogni altro mostrare cosa m'interessava mettere in luce nella tragedia di un ragazzo che ad un certo punto della sua vita decide di suicidarsi. Tu sei li e capisci e non capisci ma comunque non fai nulla, questo e il mio dramma. Quella delle torri gemelle è un'altra storia, altrettanto drammatica, che molti altri hanno raccontato meglio di me.
Hai provato a domandare a loro se lo farebbero ancora? Questo è il loro dramma, che grazie a loro ho potuto condividere, io li ringrazio perché con il loro lavoro mi hanno fatto riflettere su molte cose.
Spesso la vita porta un uomo a fare delle scelte. Giuste? Sbagliate? Non lo so… è per questo motivo che in quello che faccio mi piace avere un interlocutore con il quale regalarsi delle opinioni.




D: Il tuo lavoro attuale come può essere definito?

R: Il mio lavoro è un lavoro di merda di nome e di fatto. Esiste infatti anche un lavoro che ho intitolato M.E.R.D.A.
ossia (Manifesti Elettorali Rettificati Da Asporto). Questo è la derivazione in versione espositiva per spazi al chiuso dell'intervento urbano denominato M.E.R. (Manifesti Elettorali Rettificati) che ho compiuto sui manifesti elettorali delle ultime elezioni. Ho realizzato questo lavoro per la prima volta su alcuni manifesti elettorali nel 1996 ma a quel tempo questi interventi rientravano all'interno del progetto D.U.R. (Documenti Urbani Rettificati) dove oltre ai manifesti erano modificati con le solite facce anche volanti, locandine, multe, avvisi, pieghevoli, ecc. Tutto era poi lasciato sul posto per detournare il passante (solo alcuni documenti, 1 o 2 per ogni serie rettificata, venivano prelevati a documentazione e memoria dell'evento). Il progetto M.E.R. nasce a Venezia nel 1999 durante la biennale quando per la prima volta intervengo sul faccione di un politico dove rettifico gli occhiali di V. Sgarbi allora non ancora ex sotto segretario ai beni culturali. Da allora ad ogni campagna elettorale ho compiuto questo tipo d'intervento urbano non solo a Roma ma anche in altre città italiane.



L'ultima volta però durante l'intervento M.E.R., oltre a rettificare i vari manifesti affissi per la città (azione tra l'altro correttamente compiuta in assoluta osservanza delle norme di par condicio), ho portato via, strappandoli dai muri, nello stile M. Rotella, anche una serie di manifesti di vari canditati che mi sono riservato di modificare in un secondo tempo nello studio per poi presentarli in alcune mostre.
"MERDA". Questa seconda denominazione dell'appendice dell'intervento originale, seppure sicuramente d'effetto, risulta forse un po' troppo forte visto come tutti battono in ritirata ogni volta ho proposto il progetto.
Tutti lo ritengono probabilmente troppo pericoloso? Ho deciso pertanto di non considerare vincolante tale titolo ai fini di una presentazione o eventuale esposizione del lavoro ma nonostante ciò tali opere risultano ancora troppo eversive visto che non ho trovato nessuno disposto a sostenermi né tanto meno ad espormi. Un po' di tempo fa avrei detto “Paura hee? Ma di cosa? Come possono pochi manifesti rivisitati danneggiare l'immagine di un politico più di quanto facciano tutti quei comici che in televisione li ridicolizzano continuamente in ogni modo" ma questo forse dopo le ultime epurazioni rai della Guzzanti e di Luttazzi non si può più dire. Comunque sia che male può fare un povero artista visivo? Non si dice che siano le parole quelle che fanno più danni? Qui abbiamo solo immagini.... O forse li dove l'immagine si lega a contenuti forti si compie un ponte mediatico particolarmente efficace del quale bisogna avere timore? Si contesta all'arte contemporanea la tendenza d'astrazione dai contenuti sociali, il suo divenire sempre più aleatoria e fine a se stessa? Ma quando si propone qualcosa di diverso tutti hanno paura di rischiare, ma non lo sanno questi chiacchieroni che chi non risica non rosica? E come giustamente è stata detto da qualcuno "Senza un margine di rischio da parte dei promotori non esiste libertà di sperimentazione e di ricerca per gli artisti". Spesso quando bisogna farsi carico di qualche rischio difficilmente si trova chi ha veramente il coraggio di sostenere ed esporre l'arte di sperimentazione e di ricerca di questi artisti.




D: Ma ci fai o ci sei? Molte persone ti giudicano "un non artista" o particolare, tutto questo è una voluta scelta?

R: No! Nooo... so proprio scemo! Non ci faccio, ci sono mi piace vivere nella mia totale stoltagine cercando di alimentarla giorno dopo giorno, sempre di più. Il risultato dei miei lavori è il frutto di quello che vivo non c'è inganno non c'è trucco io sono esattamente quello che appaio dico e faccio. Io sono esattamente quello che vedete nei mie lavori nessuna finzione nessun invenzione ma solo il coraggio di trovare la forza di mettersi a nudo per capirsi di più. Io sono un pennello (forse un po' spelacchiato), la mia vita è il colore, lo spazio la mia tela. E poi solo un cretino come me poteva mettere al mondo tre figli, un vero artista che realmente vuole arrivare sa bene come funzionano i giochi, bisogna avere libertà di movimento e se proprio desideri un figlio la cosa più giusta da fare è mettere incinta una gallerista o qualche potente critica, insomma qualcuno che conta e che ti possa dare una mano nella tua carriera.
Ma non è cosi da tutte le parti?




D: Perché artista di merda?

R: Ma!...Sai se devo dirti la verità io non ho mai pensato molto bene di me e forse quella di essere un artista di merda è una delle mie qualità migliori. Anzi ti dirò di più, ultimamente ho scoperto che molti vorrebbero esserlo e non lo sono e molti che lo sono non hanno ancora scoperto di esserlo. E tu, a quale categoria pensi di appartenere?
Intervista di Salvatore Caruso a Pino Boresta

In foto:
Spermatozoo al microscopio, Claudio Morici, Interventi Urbano NDA, Tetes de Bois, J.D. Salinger e Bruno Vespa, Maria De Filippi, Personaggi vari (V. Gravano, S. Biagi, D. Scudero, C. Colasanti, A. Arevalo, C. Pietroiusti, P. Echaurren, A. Gianvenuti, M. Tonelli, G. Marziani, V. Tanni), Graffito di JB Rock, Massimo Troisi, Twins 11 settembre 2001, Ingmar Bergman, MER (Manifesto Elettorale Rettificato), Mimmo Rotella, Daniele Luttazzi e Sabina Guzzanti, un volantino DUR (Documento Urbano Rettificato).


Intervista pubblicata: 
- On line su Avision.it
- Con il titolo "Papale papale" sulla rivista "Percorso vita" anno VII, n.4 settembre2004/gennaio2005