giovedì 13 novembre 2008

1999 Elisabetta Sonnino



A domanda rispondo


Domanda: Che valore hanno per te i materiali che usi nelle tue opere? In che relazione sono con l'ideazione artistica?
Risposta: Quando penso un progetto che ritengo valga la pena di essere realizzato mi occupo immediatamente di come produrlo per poi passare immediatamente alla sua messa in opera, e quindi diffusione. Solo in un secondo tempo mi preoccuperò di acquisire tutta una serie di materiali di documentazione sull'intero lavoro. In genere l'accumulo documentario continua nel tempo, seguendo il lavoro stesso, pertanto i materiali di documentazione e recupero tendono spesso ad essere più ampio e più vario di quello programmato e previsto. Dopo alcuni anni a seguito di una raccolta di materiale il più eterogeneo possibile comincio a presentare nel modo più opportuno (secondo il luogo, l'occasione e mezzi messi a disposizione) il lavoro o parte del lavoro. La gran quantità e diversità dei materiali acquisiti per ogni intervento mi da modo di presentare lo stesso progetto sempre in maniera diversa adattandolo di volta in volta secondo l'occasione e la situazione in cui lo presento. I materiali hanno per me il compito, più che il valore, di fare in modo che avvenga un passaggio d'informazione tra colui che ha pensato e realizzato il progetto e coloro che ne fruiscono ai vari livelli. Quindi ritengo che il valore di scambio dovrebbe essere se non nullo perlomeno molto vicino allo zero. In che relazione sono i materiali che uso con l'ideazione del lavoro? Sono semplicemente i più consoni ed adatti per la realizzazione stessa del progetto, perché tendo a lavorare con tutto quello che colpisce il mio interesse.


D: Lavori con materiali deperibili? Se sì perché?
R: Il fatto che alcuni materiali siano deperibili non è un problema del quale mi preoccupo giacché nulla si può fare contro l'erosione inarrestabile del tempo, anche la Gioconda è condannata a disintegrarsi. L' idea di lavorare su materiali di precoce e facile deperibilità, è una cosa che mi ha sempre affascinato. Cosa c'è di più bello, interessante, curioso, ecc. di un cubo di ghiaccio che scompare sotto i nostri occhi? O forse è più giusto dire che si trasforma sotto i nostri occhi? Ebbene ecco cosa vorrei che avvenisse ad ogni mio progetto !… Vorrei che esso si trasformasse ogni volta proprio come avviene al ghiaccio che si tramuta in acqua per poi divenire vapore ecc. ecc. Vorrei che anche i miei lavori entrassero in un ciclo magari incontrollato dove potessero vivere in pieno la trasformazione che di volta in volta li originerà in forma e contenuti diversi. Credo che questa sia la grande forza delle idee sulle cose.

D: Che cosa nel prodotto e nell' idea artistica deve secondo te "perdurare"? E in che modo?
R: Quello che deve perdurare in ogni modo è il progetto nel suo aspetto empirico (nel senso pratico d'esperienza) senza tener conto dell'idea del lavoro che potrebbe secondo i molteplici fattori che la influenzano e determinano, cambiare di volta in volta. Per esempio il mio intento principale è quello di fermare attimi insignificanti della nostra esistenza (colti dal continuo fluire della vita quotidiana) per poi fissarli in modo che ognuno possa su di loro costruire stati di riflessione indipendenti e personali. Ma cosa può perdurare di questo, se non la mia o la vostra esperienza pratica del tutto personale, seppure stimolata da idee?

D: Il tuo lavoro ha delle particolari esigenze d'installazione che vorresti mantenere durante l'esposizione?
R: No!…Io cerco di adattare i lavori e le idee secondo il contesto sociale in cui sono presentate. Se fosse diversamente non sarei più io a determinare la linea di ricerca, ma sarei troppo condizionato dalle opportunità che si presentano ogni volta, snaturando così la mia naturale opera di ricerca. Può succedere comunque, in alcune occasioni, che le mie operazioni o progetti abbiano una loro sede naturale che nasce dal tessuto sociale preso in esame di volta in volta. Inoltre ogni occasione espositiva, anche se non indispensabile per il mio lavoro, può in ogni caso divenire sede di raccolta o diffusione di un progetto, oppure essere sfruttata ed utilizzata come opportunità per presentare un nuovo lavoro.

D: Quale dovrebbe essere il ruolo del restauratore per l'arte contemporanea?
R: Questa è una domanda alla quale non credo di saper rispondere interamente… Ma una cosa è certa, il ruolo del restauratore d'arte contemporanea dovrebbe sicuramente essere diverso da com'è oggi concepito e praticato, come del resto dovrebbe essere per il critico e curatore troppo ancorati ancora a vecchi schemi espositivi che più non si adattano all'arte sperimentale e di ricerca. Tutte e tre queste figure pur conservando le loro imprescindibili specificità dovrebbero, secondo me, abbandonare i vecchi cliscè di riferimento ed avvicinarsi di più alla figura dell'investigatore. I curatori dovrebbero utilizzare elementi tipici degli investigatori intraprendenti, mentre i critici quelle degli investigatori analitici, e i restauratori degli investigatori metodici.

D: Gli interrogativi che potresti porre ad un restauratore sarebbero di tipo tecnico, etico-metodologico o altro?
R: Gli interrogativi che vorrei porre ad un restauratore sono gli stessi di quelli che porrei sia ad un critico sia ad un curatore e cioè sicuramente di tipo etico-metodologico oltre ad una sana e curiosa riflessione sul perché di una scelta professionale di un certo genere.

Intervista di Elisabetta Sonnino a Pino Boresta


Pubblicata on line su Undo.net

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In foto;
la Gioconda, una mia smorfia deteriorata, una muffa, 5000lire da me timbrate, io in un intervento urbano, una restauratrice.

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