giovedì 18 febbraio 2010

2006 Claudio Morici



Pino Boresta c’è!




Una delle prime volte che ho visto Pino Boresta stava in un locale romano, con una decina di persone davanti. Leggeva un suo testo, eccolo:
"No, no, si, no, si, no, si, si, no, si, no, si, si, no, si, no, si, si, no, no, si, si, no, si, no, si, si, si, si, no, no, si, no, si, no, si, no, si, si, no, no, si, si, no, si, si, no, no, si, si, no, si, no, no, si, si, si, si, no, si, si, no, si, si, si, si?, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no, no, si, no, no, no, no, si, no, no, no, si, no, no, no, no, no, no, no, no, si, si, no, si, si, si, si, si, no, si, si, si, no, si, si, no, si, si, no, no, si, no, si, no, si, si, no, si, si, no, no, no, si, si, no, si, no, si, no, no, si, si, no, si, si."
Poi si fermava qualche secondo, guardava il pubblico e riprendeva così:
"Da lunedì 8 luglio 2002 al martedì 19 ottobre 2004. I si sono le volte che mia moglie ha raggiunto l’orgasmo, i no sono le volte che invece non l’ha avuto"
Risate collettive. E ancora Boresta:
"Può risultare utile sapere che sono stati conteggiati come rapporti amorosi anche i rapporti orali. Vorrei aggiungere anche che il 24 settembre 2003 nasce la mia terza figlia Anisia, a lei dedico questo lavoro"

























Ieri gli ho dato appuntamento alle 16 e 30 a viale Marconi. Di sabato. Dimentico sempre cos’è viale Marconi a quell’ora. Un inferno di lamiere, clacson, ragazzine con il piercing e la madre che porta le buste, vigili urbani con la penna facile e un esercito di extra comunitari davanti ai negozi, con i loro sacchi di CD che chiudono e riaprono in base alle informazioni dei colleghi che fanno il palo. Impossibile trovare parcheggio.














Incontro il Boresta a piazzale della Radio, sorridente, non gliene frega nulla del traffico perché è venuto con i mezzi. Lui c’aveva pensato. Mi fa una smorfia e indica il cartello stradale. Prende per il culo? No, indica la sua faccia, con la stessa smorfia, sul cartello. Fantastico! I suoi adesivi sono ancora disseminati qua e là. C’è gente che non si interessa di arte ma appena gli faccio vedere l’adesivo mi dice "Ma dai! Ecco chi era!".
"E’ un lavoro degli anni novanta. All’inizio c’erano solo i miei, ora guarda…"
In effetti la sua faccia corrosa dal tempo ora è circondata da una decina di altri stickers. Ma lui è stato il primo in Italia. Poi ha diffuso anche l’adesivo interattivo, dove si poteva scrivere un commento sopra (alcuni sono stati raccolti e i migliori esposti). Ha realizzato anche cose tipo Disordinazioni Elettorali dove sovrapponeva la sua faccia adesiva ai manifesti elettorali del 2001 (senza pregiudizi di schieramento).




















Ma la cosa più bella che ho visto è un video di Venezia girato da lui stesso. Si vede Pino che poggia la telecamera sopra qualcosa. Poi si avvicina al cancello della Biennale con il suo giubbino grigio a 8 tasche. Controlla a destra e a sinistra, fa il vago. Tira fuori dalla tasca la sua faccetta e l’appende proprio sotto la scritta "ingresso". Poi torna alla telecamera. Fruscii. Nero. La performance va avanti per 60 minuti di cassetta, mette adesivi nei bagni, accanto alla opere più famose, nelle crepe dei muri, sulle scale, sulle maniglie delle porte, subito dopo i nomi degli artisti. In pratica la Biennale l’ha fatta anche lui.
"C’è gente che dice che sono narcisista. Ma mi hanno visto bene? Mica sono così bello, no? E poi faccio pure le smorfie. E’ una forma di autodenigrazione, no?"
Lo faccio salire in macchina. Decidiamo di iniziare l’intervista subito, probabilmente saremo a metà quando troveremo parcheggio. E non abbiamo tanto tempo, il Boresta deve accompagnare una figlia a nuoto passando in farmacia per comprare l’aspirina per l’altra bambina, febbricitante. Sempre che sua moglie si ricordi di prendere il terzo pargolo dalla nonna e di fare la spesa. Io invece devo tornare a lavoro e consegnare entro lunedì i testi per il sito italiano di una nota quanto discutibile multinazionale, sono due domeniche di fila che ci sto sopra. Parto con la prima domanda:
"Pino, chi cazzo ce lo fa fare?"
"Ah, non lo so. La risposta cambia sempre."












Lo assillo su questa cosa da quando ci siamo conosciuti per la mia antologia Teoria e Tecnica dell’artista di merda.
"Nel 1997 ho fatto una performance sui tapis roulant della stazione di Piramide. Distribuiva penna e questionario alla gente di passaggio. Nove domande tipo Cos’è l’arte? Dov’è l’arte? Chi è l’arte? Quant’è l’arte? All’uscita un mio compare le raccoglieva. Tutti avevano una loro teoria sull'arte. Da chi scriveva "questa no", fino a digressioni filosofiche più o meno ardite... Eccolo! Eccolo!!!"
"Che?"
"Eccolo... lì!"
Dall'entusiasmo si direbbe abbia riconosciuto chi gli ha fregato il portafoglio, invece Pino mi segnala solo un posto libero sulla destra. Lo supero e provo a fermarmi, ma una piccola fila di stressati mi pressa alle spalle. Sento una signora che fa "A deficienti!". Non do segni di reazione, neanche lui. Potrebbe essere una signora più grossa di noi.
"Da un po’ credo che tutto quello che ho fatto nell’arte, l’ho fatto per qualcun altro. Perché a qualcun altro sarebbe potuto essere utile. Mi sento un po’ un inserviente"
"Un inserviente?"
"Sì, delle persone che lavorano lontano dalla ribalta e che poi all’improvviso se ne escono con qualcosa che cambia il mondo. Scienziati, inventori, grandi pensatori, filosofi… Ho sempre pensato di voler fare qualcosa per loro. Ma non vale solo per l’arte, anche per la raccolta delle mie manie: i diari che ti ho fatto vedere"
Posso testimoniare che il Boresta appunta da molti anni, su moduli preordinati comprendenti anche sottosezioni qualitative, tutte le volte che si taglia le unghie, i capelli e che gli fa male lo stomaco. Segna anche le volte che eiacula, dividendole in solitarie e con la moglie. Tutto è schedato, archiviato e descritto in una riga tipo "a croce, distesi, gambe incrociate".
"Mi piace leggere le biografie. Spesso nelle biografie capisci che un sacco di gente fa cose che poi servono ad altri. Senza averne piena coscienza. Magari altri lo usano per qualcosa che neanche ti immagini lì per lì".



Penso all’antropologo Lévi-Strauss, nei primi del ‘900. Aveva capito che doveva appuntare tutto. E che le cose che in quel momento potevano sembrargli più inutili (se aveva dormito o no di notte, se si incazzava con il portatore, ecc..) sarebbero state le più importanti per chi le avesse lette cinquant’anni dopo. Perché valevano per modelli teorici nuovi, ancora inimmaginabili.
"Mi piace pensare di aver dato il quid per un idea a uno scrittore, a uno scenografo, a un regista, ecc.. A volte è avvenuto è mi ha fatto piacere".
So perché me l’ha detto lui, che Pablo Echaurren si è ispirato a il Boresta per uno dei personaggi del suo bel romanzo Delitto d’autore.
"Sono appunti che usi anche per le tue opere, no?"

"Certo, anche quando ho fatto le foto al suicida non sapevo a che potesse servire. Non sapevo che si sarebbe buttato, né che sarebbe diventata un’opera di net art".
Il Boresta fa riferimento a Hey! My friend, what’s the matter?, lavoro pubblicato nel 2001 su Exibart. Vengono messe online tre foto con un ragazzo di spalle che si sporge dal terrazzo. Insieme a una ricostruzione autentica dei fatti: Pino nota una persona immobile sul terrazzo da vari minuti, gli scatta delle foto e torna a casa. Quando ripassa lo trova sempre lì. Forse capisce le sue intenzioni ma non è sicuro, e non fa in tempo a far niente, non fa in tempo a dirgli "Hey! My friend, what’s the matter?". Il ragazzo si butta davanti ai suoi occhi. Insieme alle tre foto e al racconto dei fatti, viene allegato il documento ufficiale della polizia londinese, dove Pino Boresta viene chiamato a testimoniare sull’accaduto. La provocazione artistica, una delle più belle che abbia visto in rete, inizia nel momento in cui Pino invita gli utenti a:
"Riflettere se considerare COLPEVOLE o INNOCENTE l’osservatore del fatto, per non avere aperto la finestra strillando "Hey! My friend, what’s the matter?". Quindi spedire un messaggio nel quale riportate il vostro insindacabile giudizio"
RandomExibart mette quindi a disposizione un forum. Dove succede di tutto. Centinaia e centinaia di messaggi. Da chi scrive: "Ti meriti 30 anni di carcere", " Ci penserà la tua coscienza a punirti" oppure "Colpevole, per aver messo in mostra una cosa del genere lodando e lodandosi…", a chi apprezza e scrive: "Sono stato giorni a discuterne con i miei amici", "Fa male, come se avessimo anche noi la colpa".
"Ho fatto questo esempio non a caso. C’è appunto questa cosa della morte. Io prendo nota in modo maniacale delle mie abitudini per esorcizzarla. E allo stesso tempo per prepararmi. Segnarsi i rituali quotidiani, è un modo per meditare. Ogni giorno fai quelle cose, poi sebbene sembri assurdo, da un momento all’altro tac, fine. Ci sarà un numero preciso e limitato di volte che mi sarò tagliato le unghie. Magari 12.450, che ne so. Io attraverso l’arte mi preparo a quel momento. So anche che sarò sempre impreparato, certo."
Imbocco una stradina interna. Qui non c’è traffico ma di parcheggio neanche l’ombra. In più temo di essermi perso. In più devo pisciare. Passiamo accanto a una vecchia fabbrica di qualcosa. Tutto arrugginito, cadente, con l’erba che cresce dappertutto. Eppure intorno è pieno di macchine.

























"Siamo stati gettati in un marasma di cose belle, cose brutte, affetti, malattie, gioie… A un certo punto finisce tutto. Ma hai pochi momenti per accorgertene, no?"
"Stai nel marasma, non fai in tempo"
"Esatto. Devi farti delle tecniche. A volte mi è molto utile osservare i miei figli, La prima volta che cammini, che impari a parlare, poi la scuola, le cose belle e le cose brutte… è tutto un marasma dove sono pochi i momenti in cui ti raccapezzi. Però ieri mio figlio Mairo lo sai che ha detto?"
"Che ha detto?"
"Litigava con la sorella: sosteneva che Dio è della Lazio, perché le nuvole sono bianche e il cielo è celeste. Lui si che è un grande artista!"
In effetti il piccolo Boresta l'ho conosciuto ed è uno sveglio, sebbene non superi il metro e venti di altezza.

"Tu come hai iniziato?"
"Ho sempre avuto una fascinazione per lo spermatozoo. L’idea che dentro questa specie di girino ci sia la vita, ci sei già te. Fantastico!
Ci pensavo sempre: come fa a essere così piccolo?"
"In pratica sei stato ispirato dalla sborra?"
"Beh, quando stavo a Londra e facevo degli studi sui tovaglioli e avevo preso l’abitudine di macchiarli con lo sperma, come firma. Lo cerchiavo con il pennarello, insieme a una ciocca di capelli.
Così ogni opera poteva essere un figlio, no?"
"Perché eri andato a Londra?"
"All'inizio dovevo restare pochi mesi, per l'inglese. Poi sono rimasto quasi 4 anni. Lavoravo e portavo avanti la mia ricerca artistica che all’epoca era molto formale. Riguardava la pittura, il colore. I miei riferimenti erano Kokoska, Klimt, Schiele, Soutine"


























"Perché utilizzavi dei tovaglioli?"
"Li solavo al ristorante dove facevo il cameriere. Avevo la continua necessità di supporti su cui fare le mie cose. Ma da una parte non avevo i soldi per le tele e dall’altra mi bloccavano. I tovaglioli del ristorante erano un supporto povero che però mi dava più libertà d’azione. Pensavo se sbaglio chi se ne frega. Potevo sempre fregarne un altro il giorno dopo".
"Li ho visti in foto, sono molto molto interessanti. Ma come facevi a dipingervi sopra?"
"La matita non scorreva bene, allora usavo un carboncino tenerissimo. Poi invece di utilizzare il pennello usavo un bastoncino. I soggetti che disegnavo erano spesso autoritratti o facce di bambini del terzo mondo".


























Ho ritrovato la strada, ma siamo fermi al semaforo. Se non ci fosse il semaforo saremo fermi lo stesso perché è tipica di viale Marconi la fila a passo d’uomo e la continuità per tutta la strada, indipendentemente dai semafori.
Un lavavetri si impossessa del mio parabrezza. E’ di quella specie che sconfina con il barbone. Pino tira fuori dalla borsa qualche spiccio e mi viene in mente la prossima domanda.
"Quanto c’hai fatto quella volta?"
"Che?"
"Quando hai fatto il lavavetri…"
"40.000 lire. Però è stata una giornata terribile. Mai più."
Nel 2001 il Boresta s’è inventato il Lavavetri No Profit. Se ne è stato al semaforo per una giornata con un socio del Bangla Desh conosciuto a un semaforo. Lui con una maglietta con scritto "Lavavetri a gratis" e l’altro con scritto "Lavavetri con offerta". Rientrava all’interno di una serie di interventi urbani fatti in tutta Italia.
"E’ una condizione di umiliazione che ti tocca per tutta la vita. Le facce di disprezzo, gente che ti urla addosso o ti guarda con fastidio. Ma la cosa che più mi ha ferito è stata un’altra: pensano che stai lavando i vetri perché non hai la capacità di fare altro. E’ così. Non pensano che lo stai facendo perché magari sei nato nel sud est asiatico, pensano proprio non hai le capacità per fare altro. Non potresti fare quello che fanno loro, ad esempio. Assolutamente no. Poi è stato interessante notare che mi trattavano proprio come il mio compagno di performance, un ragazzo extracomunitario. Da una parte sono stato contento che non ci fosse del razzismo. Però ti fa capire quanto sia una questione di condizione, di ruolo. Se fai quello, sei quello, non si scappa."
Mi si è intristito il Boresta. Guarda fuori il finestrino, pensieroso. Vederlo triste è una tragedia per me. Di solito è un gran cazzarone. Però ha molti di questi momenti contemplativi, non lo ritiri più fuori per qualche minuto.
"Lo sai perché ho fatto questa performance al semaforo?"
"Per guadagnare più soldi di un artista medio-famoso italiano?"
"No. Perché mio padre mi diceva sempre che avrei finito con il fare il lavavetri"
"Davvero?"
"Sì, sì. Non abbiamo mai avuto un bel rapporto".
"Raccontami un po’".
"Però tu non lo metti nell’intervista OK?"
"Certo se vuoi non lo metto"
"Sicuro?"
"Pino ci mancherebbe, lo sai che puoi fidarti, no?"


























"Va bene. Mio padre è un tipo a dir poco strano. Il mio terrore più grande è quello di assomigliargli, prima o poi. Credo di no, ma non si sa mai, sto sempre sul chi va là. In pratica non ho mai vissuto con lui. Non mi ha mai incluso nella sua vita. Lo andavo a trovare nei weekend, e ogni volta era un massacro. Mi ha sempre criticato tutto, denigrato, umiliato. Per l’arte non ne parliamo. "Prendi ‘sti pennelli e ficcateli nel culo. Vai a zappa’ la terra, vai a fa’ il lavavetri". Alla fine ci sono andato per davvero, per mettermi alla prova"
"E tu lì per lì come reagivi?"
"Dopo un po’ sono riuscito a gestirlo. Ma all’inizio non ne avevo proprio il coraggio. Quando tornavo da queste "vacanze" di uno o due giorni ci mettevo un mese per riprendermi. Per lui è una continua sfida, deve dimostrare sempre che è più bravo e più intelligente di me. Poi è un maniaco dell’igiene, qualsiasi cosa facevo era schifosa, da barbone. Assurdo. Io credo che lui a suo modo mi voglia bene, ma non so l’amore dove sia collocato all’interno della sua scatola cranica"
Brutta faccenda. Ma non posso fare a meno di pensare alla faccia con smorfia di Pino spiattellata a Roma, Milano, Torino, Venezia. A Kassel, a Berlino, Londra. Sui segnali stradali, sulle vetrine, sulle opere brutte di artisti fighetti. Una specie di "Pino Boresta c’è". Con chi pensa che è un narcisista, chi un deficiente, chi gli vuole menare perché sporca. Ma la cosa funziona e, appunto, Pino Boresta c'è. E siamo pure contenti.
"Se non mi fossi esercitato con mio padre, non sarei mai resistito nel mondo dell’arte. Con tutto quello che ho dovuto sopportare anche lì. Non a caso l’arte ormai è una questione di Famiglia".


Una delle cose più belle che mi ha fatto vedere Pino sono i suoi adesivi logorati dal tempo, accuratamente staccati da dove si trovavano e incorniciati ad hoc. Su ognuno il tempo ha operato in modo imprevedibile. Ogni adesivo è quello che rimane della smorfia del Boresta, quello che non si è distrutto nel processo, il nocciolo delle cose, ogni volta diverso.
Alla fine non ci siamo mai fermati. In fondo Roma è bellissima e i parcheggi non servono a niente.

Claudio Morici













Pubblicato nel libro “notebook” coniglio editore bamako febbraio 2006.

In foto:

- Opera dal titolo “Pino e Titti da lunedì 8 luglio 2002 al martedì 19 ottobre 2004” (il "Si" in rosso è il giorno in cui è stata concepita mia figlia Anisia).

- Pino e Anisia fanno l’aereo, Titti sullo sfondo.

- Extra comunitario vucumprà.
- Intervento urbano CUS.
- Libri “Teoria e Tecnica dell’artista di merda” di Claudio Morici e “Delitto d’autore” di Pablo Echaurren.

- L’antropologo Claude Lévi-Strauss.
- Foto del lavoro “Hey! My friend, what’s the matter?”.
- Mio figlio. Mairo.
- Spermatozoi normali e anomali.
- Oscar Kokoska, Gustav Klimt, Egon Schiele, Chaim Soutine

- 4 opere della serie dei tovaglioli.

- 4 foto della performance “Lavavetri No Profit”.
- 2 tavole di smorfie deteriorate.
- Claudio Morici.

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