sabato 18 giugno 2016

17° ArtBlitz - 02/07/2015


MACRO di Roma 


Io ce l’ho piccolo

Il mio è più grosso, il mio è più largo, il mio è più lungo, calma, calma, calma, tranquilli, sereni, state sereni, sto parlando dei lavori del MAAM, che fanno a gara per essere più grandi di quello accanto, o più monumentali di qualsiasi altra opera lì presente.




























Io invece ce l’ho piccolo, e parlo sempre di opere d’arte, sia ben chiaro. Ho voluto, anche qui al MAAM, continuare a conservare il mio status di clandestinità. Infatti, pur conoscendo e frequentando il Metropoliz quasi fin dagli albori, non ho mai in realtà organizzato per il MAAM nessun tipo di evento speciale o intervento ad hoc, escluso la realizzazione, con gli abitanti di Metropoliz, di una torta per festeggiare il gemellaggio tra il MAAM e ARIA.




ARIA è una rivista underground di cui sono stato uno dei fondatori, e alla quale ha collaborato per un certo periodo anche Giorgio de Finis. Contenendo il mio ego tendente all’espansione a vantaggio della disseminazione, ho voluto anche al MAAM tenere fede al mio modus operandi, non per disistima nei confronti di Giorgio, un amico che stimo e di cui ammiro l’enorme lavoro, quasi miracoloso, da lui compiuto a Metropoliz, ma per una coerenza nei confronti di questo mio lavoro o meglio di questo mio intervento urbano, di cui ho voluto mantenere la peculiarità nell’attaccare qua e là piccoli adesivi rifugiati in nicchie, ospitati in ripostigli o nascosti in qualche cantone, per essere scovati solo dai visitatori più attenti, come in una caccia al tesoro.




Per questo sono stato piacevolmente sorpreso quando ho scoperto di essere presente con un mio intervento all’interno di quello che a tutti gli effetti credo si possa considerare un primo catalogo del MAAM. Una bella foto di due etichette interattive del progetto CUS – Cerca e Usa la Smorfia, una in italiano e una in inglese, attaccate su due grossi interruttori elettrici celesti affiancati.





Esercitare la stessa modalità d’azione in questo, che sicuramente non è un museo come tutti gli altri, agendo in forma abusiva (la quale avrebbe anche potuto venire meno, poiché non necessaria né richiesta) o in semi-clandestinità, esattamente allo stesso modo di come avrei fatto in un museo istituzionale, mi ha garantito quella riconoscibilità necessaria affinché questo tipo d’intervento funzionasse esattamente come mi aspettavo, riuscendo allo stesso tempo a dimostrare, grazie al MAAM, che se si ama il lavoro di un artista, non ci sono limiti architettonici, strutturali o di qualsiasi altro genere che possano impedire a un artista di un certo tipo di essere presente in qualsiasi contesto e spazio.

Per cui, lunga vita al MAAM, e ai miei adesivi che già si stanno deteriorando. Ma anche questo fa parte del gioco.

Pino Boresta

 

Questo il mio intervento del 02/07/2015 fatto al MACRO di Roma per il seguente dibattito di cui riporto qui sotto il comunicato stampa:

Due progetti collettivi presentati in modo corale. Gli artisti del MAAM a confronto per discutere sulle possibilità dell’arte di immaginare e realizzare l’Altrove.
Coordinano
Carla Subrizi, Giorgio de Finis, Fabio Benincasa.
Intervengono
Giovanni Albanese, Alessio Ancillai, Gianni Asdrubali, Paolo Assenza, Carmelo Baglivo, Arianna Bonamore, Pino Boresta, Gerald Bruneau, Lorenzo Canova, Angelo Colagrossi, Illimine Collective, Mauro Cuppone, Massimo De Giovanni, Laura Della Gatta, Davide Dormino, Pablo Echaurren, EPVS, Stefania Fabrizi, Alessandro Ferraro, Mariano Filippetta, Susanne Kessler, Andrea Lanini, Franco Losvizzero, Mauro Magni, Rita Mandolini, Nicolas Martino, Maren Marie Mathiesen, Mauro Maugliani, Maddalena Mauri, Veronica Montanino, Elena Nonnis, Gianfranco Notargiacomo, Franco Ottavianelli, Vincenzo Pennacchi, Mimmo Pesce, Francesco Petrone, Già Crick Piacentini, Cesare Pietroiusti, Lorenzo Romito, Paola Romoli Venturi, Guendalina Salini, Germano Serafini, Alberto Timossi, Gian Maria Tosatti, Patrizia Trevisi, Fiorenzo Zaffina.

Videotestimonianza di
Michelangelo Pistoletto



In foto:
- MACRO di Roma (disegno digitale).
- Adesivi CUS attaccati qua e là al MAAM.
- L’intervento CUS sul catalogo del MAAM “Forza tutt*” (due foto).
- Io in azione al MAAM.
- Io mentre leggo il mio intervento al MACRO.
- Io sempre in azione al MAAM. 

18° ArtBlitz - 26/09/2015


Monash University di Prato 
















Manifesto della Boresta

Mi presento sono Pino Boresta Artista, Artista. Artista! Artista? "Artista" Artista; Artista:


Forte della sollecitazione di Cesare Viel che ha parlato di come si possa utilizzare la lingua italiana in forma performativa e della possibilità di utilizzare la scrittura in maniera creativa, trovo il coraggio per regalarvi questo mio breve testo autoreferenziale, come del resto molto del mio lavoro. Incoraggiato anche dal suggerimento di Cesare Pietroiusti quando afferma che bisogna indagare proprio lì dove si prova vergogna. Per cui, essendomi io molto vergognato quando ho pensato e scritto questa sorta di manifesto, ho deciso di regalarvelo così: Questa è la mia lingua, il mio linguaggio nel bene e nel male, a qualcuno piace, i più lo odiano, anzi mi odiano, ma che posso farci? Che posso fare se non leggervelo e farmi odiare anche da voi?

 
Manifesto della Boresta

BORESTA ha mille attitudini e mille idee.
BORESTA ha molti difetti qualche virtù ma in sostanza è un fregnone.
BORESTA ha torto ma nessuno lo scrive.
BORESTA ha ragione ma nessuno lo ammetterà mai.
BORESTA racconta, afferma, dice sempre il vero.
BORESTA commenta tutto nel bene e nel male.
BORESTA sbaglia e fa la cosa giusta allo stesso tempo.
BORESTA dicono sia inattuale e lui lo trova esaltante.
BORESTA è un idiota ma dicono che fa il furbo.
BORESTA è intelligente o è uno stolto? Questo non l’ha capito, neanche lui.
BORESTA è cattivo, antipatico, scontroso, irascibile e urla sempre.
BORESTA è arrabbiato ma riflette molto.
BORESTA è permaloso ma non molla mai.
BORESTA è copiato, seguito, usato, fintamente ignorato e fin troppo studiato.
BORESTA è odiato e amato ma questo è il destino dei giusti.
BORESTA è un artista di merda.
BORESTA è un morto di fame e tale deve rimanere, perché è così che serve, è così che ci serve, è così che si serve.
BORESTA è uno stupido perché non sa fare il finto umile.
BORESTA è uno stupido perché non sa stare zitto.
BORESTA è uno stupido perché per una battuta venderebbe il suo regno, ma Boresta non ha regno ma solo buffi, tre figli, una moglie, tanti quadri, tanti progetti, tanti documenti, tanti reperti, tanti lavori che probabilmente nessuno vedrà mai.
BORESTA un giorno brucerà tutto questo, ma forse no! Perché questo è il più grande dispetto che può fare a tutti coloro che lo detestano.
BORESTA nessuno lo vuole perché Boresta non ha un protettore né un procuratore e tanto meno un forte sostenitore.
BORESTA vogliono relegarlo nell’oblio, ma Boresta farà di tutto perché questo non avvenga.
BORESTA un giorno morirà.
BORESTA è già morto.
BORESTA vivrà per sempre, è per questo che sta lavorando, è per questo che costruisce da solo (senza schiavi) la propria piramide, ma se non ci riuscirà chi se frega, peggio per voi, peggio per loro, peggio per me, meglio per me.
BORESTA è autoreferenziale ma se né vanta.
BORESTA è presuntuoso ma lui crede in quello che fa.
BORESTA è ostinato ma è colpa di quel grido che ha dentro, e che avvolte evade.
BORESTA è incoerente e contraddittorio ma è fatto così.
BORESTA non è un narciso, a Boresta non piace fare finta di parlare di altro e di altri per poi in realtà parlare di se, questo è quello che fanno tutti gli artisti in un modo o nell’altro, Boresta lo dice e lo fa.
BORESTA va sempre dritto al punto e non gira intorno alle cose, non gira intorno ai problemi e ai non problemi.
BORESTA alla fine non avrà rimpianti, ma quanto ha pianto…

pino boresta

 



















Questo il mio intervento del 26/09/2015 al Forum dell'arte contemporanea italiana di Prato di cui riporto qui sotto il comunicato stampa:

Forum dell'arte contemporanea italiana 2015 di Prato
Tavolo M4. "La lingua italiana"
Il 26/09/2015 ore 12.30

Monash University Prato Centre

Coordina:
Cesare Pietroiusti

Partecipanti al tavolo:
Ilaria Bussoni
John Cascone
Valerio Mannucci
Nicolas Martino
Jacopo Natoli
Giancarlo Norese
Pasquale Polidori
Luca Pucci
Carla Subrizi
Cesare Viel





 In foto:
- La Monash University Prato Centre (disegno digitale).
- Ritratti digitali degli artisti Cesare Viel e Cesare Pietroiusti (delle mie opere).
- Autoritratto digitale (una mia opera).
- Uno dei momenti del Tavolo M4. "La lingua italiana" al Forum dell'arte contemporanea italiana di Prato.



19° ArtBlitz - 12/05/2016


Chiesa di Santa Rita da Cascia di Roma



ArtBlitz ad Artghet

Oggi vi racconto il mio nuovo fuori programma ad arte, compiuto clandestinamente nella chiesa di Santa Rita da Cascia, ora utilizzata come spazio polifunzionale dall’Assessorato Culturale di Roma e denominato Sala Santa Rita.


























Cronistoria:
Giovedì 12 maggio 2016, intorno alle 21.30 dopo la premiazione salgo in piedi su alcune colonnette di marmo, e mentre la responsabile della Sala, calatasi nel ruolo di Pippo Baudo continua a tirarmi per i pantaloni ripetendomi “scendi di lì che ti fai male, scendi che ti fai male, scendi che ti fai male,” io ad alta voce espongo quanto segue:

“Venghino, signori venghino,
Signori per favore un minuto di attenzione,
questo è un semplice coperchio di cartone,
non ci sono trucchi non ci sono inganni,
eccolo qui; cartone dentro e cartone fuori.
Adesso prendo questi miei due adesivi, che forse qualcuno conosce, e li attacco qua dentro.
Ora firmo e dato il coperchio con questo pennarello rosso.
A questo punto metto all’asta questa opera al prezzo di partenza di 20 Euro: venti Euro uno, venti Euro due, venti Euro tre, nessuno alza la mano? Lotto invenduto, buonasera a tutti”
























Quindi finalmente per la gioia della responsabile della Sala Santa Rita, scendo, ringrazio Nicola Monti al quale avevo chiesto di scattarmi qualche foto (solo due perché poi, come sempre accade nei momenti topici, si sono scaricate le batterie), saluto e me ne vado. Pubblico presente quattro gatti, più morti che vivi, vi erano però tutte le galleriste Anna Marra, Valentina Bonomo, Raffaella Bozzini, Esther Barrondo e Cristina Garcia e Liliana Maniero (per la galleria Pio Monti insieme a Nicola Monti). Ah, dimenticavo di dirvi che il coperchio di cartone era quello di una scatola di scarpe, trovato lì per lì, ed ora è in mio possesso e un domani chi sa? Ora la palla passa agli emuli, avanti artisti ora tocca voi.

pino boresta


Questo l’evento:
Artughet - L'arte è tutta un rebus
ROMA - Giovedì 12 maggio, dalle ore 18, le cinque gallerie dell’associazione ArtuGhet, in collaborazione con la Sala Santa Rita, invitano a partecipare ad un gioco a premi che si articola tra le rispettive sedi nel quartiere ebraico. Il gioco consiste nel risolvere dei rebus sull’arte realizzati appositamente da Paolo Cardoni, uno dei più significativi illustratori italiani (www.paolocardoni.com).
Indicazioni per la partecipazione

1) I partecipanti all’evento potranno registrarsi in una delle cinque gallerie dove insieme ai loro dati verseranno un contributo unico di € 10 a fronte del quale verrà loro rilasciata la tessera dell’Associazione Artughet e il primo rebus.
2) La partecipazione è individuale, non sono ammesse squadre.
3) I concorrenti potranno iniziare il percorso da qualsiasi galleria e ritirare nelle altre un rebus diverso da risolvere.
4) Ultimato il giro i 5 rebus risolti saranno consegnati alla Sala Santa Rita, in via Montanara (ad. Piazza Campitelli), che ospiterà l’estrazione finale. Alle ore 20.00 i 5 vincitori riceveranno un premio offerto dall’associazione Artughet.

Elenco delle gallerie
1. Galleria Pio Monti, Piazza Mattei 18
Macchia “Adorata”  permariemonti@gmail.com  www.piomonti.com  
Orari: Lun. 15-20 / Mart.-Sab. 12-20
2. Anna Marra Contemporanea, Via Sant’Angelo in Pescheria 32
Sean Crossley. The history of bleach 
Orari: Mart.-Sab. 15.30-19.30
3. Galleria Valentina Bonomo, Via Del Portico D’Ottavia 13
Finissage della mostra di Hilario Isola “I chiodi, l’ombra e l’Aruspice”
www.galleriabonomo.com  Orari: Mart.-Sab. 15-19
4. Galleria Edieuropa QUI arte contemporanea, Piazza Cenci 56
White Soul.Giovanni Casellato, Mirandolina di Pietrantonio, Veronica Gaido edieuropa@tiscali.it   www.galleriaedieuropa.com  
Orari: Mart.-Sab.11.30-19
5. Honos Art, Via dei Delfini 35. 
Akragas di Luis Serrano e Alessandro Crapanzano info@honosart.com www.honosart.com   Orari: Mart.-Sab.10.30-19.30     
















In foto:
- La chiesa di Santa Rita da Cascia a Roma (disegno digitale).
- Alcuni momenti dell'ArtBlitz.
- Il coperchio di cartone di una scatola di scarpe (trovato lì per lì) rettificato durate la performance.
- Ritratti digitali delle galleriste Anna Marra, Valentina Bonomo, Liliana Maniero, Raffaella Bozzini (delle mie opere).
- Ritratto digitale di Nicola Monti (una mia opera), a cui va un ringraziamento speciale per aver scattato le foto dell’azione.

sabato 13 giugno 2015

Odio a perdere


Il vandalo che fece una magia




















Il professore usci dal laboratorio urlando “Qui sono tutti dei vandali, ora vado dal Preside e vedranno!” avevano deturpato la sua scultura di Carlo Alberto dalla Chiesa. Entrando nell’aula di modellato scopro che avevano inferto cinque sei colpi con il collo di una bottiglia sul mezzo busto in creta ancora fresco del generale. I buchi sul mezzo busto erano così precisi e netti che non solo sembravano voluti ma lo rendevano perfetto. Quando il prof. tornò in classe con la preside mi sono guardato bene dal rivelargli che secondo me l’opera (così rivisitata) sembrava molto più significativa, anche in considerazione del tragico evento nel quale era morto Carlo dalla Chiesa. 

























Ma quando anche una collega gli ha detto “Ma sai che potresti lasciarla così!”, allora mi sono aggiunto alla discussione consigliando al prof. di accomodare la scultura giusto un tantino qua e là e di esporla così. Mi ha risposto che lui non l’aveva pensata così e se l’avesse lasciata in quel modo era come se l’opera fosse stata fatta dal vandalo che l’aveva danneggiata. Gli ho risposto che ciò non era rilevante perché a molti artisti capita spesso di trovare soluzioni per le loro opere a causa di errori o fortunate coincidenze: Kandinskij scoprì l’arte astratta entrando nel suo studio e trovando uno dei suoi paesaggi naif, che non aveva riconosciuto, capovolto. 










Lui mi ha risposto insistendo sul fatto che quei buchi però non li aveva fatti lui, allora io ho cercato di fargli capire che oggi come oggi questo non ha nessuna importanza, inoltre lui non sarebbe mai riuscito a farli così perfetti in quanto erano stati inferti con una cattiveria ed un odio che li rendevano inimitabili e vi si leggeva per di più un furore difficilmente riproducibile. Ho tentato di fargli intendere che quello che conta è il risultato finale e che il resto fa solo parte del percorso di un’opera. Spesso un’opera ben riuscita ha una forza intrinseca difficilmente spiegabile che lancia le menti dello spettatore a significati che vanno oltre a quelli che un artista vuole raggiungere, ma uno degli obbiettivi più importanti che un’opera deve indubbiamente possedere è quello di attirare l’attenzione dello spettatore, e lui era stato fortunato che tutte queste caratteristiche fossero quasi magicamente confluite in quel suo lavoro. Inoltre un’opera che fa parlare di se prima ancora di essere esposta può solo che essere un vantaggio. 
















Questo in sostanza quello che volevo far capire all’affranto professore del Liceo Artistico, ma purtroppo i miei consigli sono caduti nel nulla e il busto è stato rimodellato in maniera quanto più classica e canonica non si poteva e la vera opera è ora sepolta nella memoria dei pochi che ebbero la fortuna di vederla e in questo breve testo che spero possa essere d’aiuto per qualcuno in futuro.


Pubblicato sul sito di “Artribune” il 2 gennaio 2015

Questo il cappello a cura della redazione:
Qui c’è un testo d’artista. Ma non è uno statement (o forse, in effetti, lo è) e neppure una considerazione critica. È un racconto. Vero, verosimile, non lo sappiamo. È un bel racconto, dal punto di vista “letterario” e da quello, diciamo così, estetologico. L’ha scritto l’immarcescibile Pino Boresta.
M.E.G.

In foto:
Ritratto digitale di Carlo Alberto dalla Chiesa (una mia opera).
Ritratto digitale di Vassily Kandinskj (una mia opera).
Graffito con Brock Vandalo font.
Foto di Liceo Artistico a Roma.


Società di massa + gap = Genio


Odi et Amo 
















Non appoggio il capitalismo o il comunismo, ma il ‘Clitoridismo’ anche se in tutta sincerità vedo l’anarchia come soluzione finale”
John Fante

Ognuno di noi sopraffatto dalla frustrazione, deve migliorare o comunque cambiare quello che vede non scendendo in strada e facendo attività politica, bensì gettando uno sguardo profondo su altre possibilità e alternative fabbricate dalla sua testa”.
Philip K. Dick

No! Non disquisirò di politica, ma di arte e letteratura.
John Fante e Philip K. Dick sono due scrittori al quale ho dedicando diverso del mio tempo, due artisti del linguaggio che adoro perché anche loro in modo diverso erano assillati dall’idea della morte, ma chi non lo è? Suvvia! Siate onesti ognuno di noi in un modo nell’altro è ossessionato dalla morte, poi c’è chi riesce a nasconderlo e chi invece vi si cala dentro e tenta di esorcizzarla.
Gli artisti spesso per superare la paura della morte utilizzano la propria opera, e John Fante, il cui umore abituale raccontano andasse dall’incazzato al molto incazzato, cercava nell’amore per la scrittura, e la descrizione di piccoli gesti riflessi, di mostrarci gli effetti positivi che da questa nascono e si rivelano. Il suo metodo consisteva nello scolpire la scrittura alla ricerca di quelle particelle d’amore esistenti in ogni di noi che trovava e metteva in luce con riflettori empatici.














Dal canto suo Philip K.Dick supera l’ossessione della morte studiando e analizzando a fondo la questione e innescando la sua fantastica capacità di controllare lucidamente la follia del pensiero come pochi sono riusciti e riescono a fare tutt’oggi. Secondo me lui era una sorta di Dante Alighieri dell’era moderna e non un semplice visionario come stupidamente ha scritto qualcuno al quale vorrei dire “magari ad averne di questi sognatori così lucidi”. Utilizzando la fantascienza un genere letterario considerato erroneamente minore Dick riesce a raccontare a tutto tondo la condizione della società contemporanea americana e a criticarla aspramente.
Mentre J. Fante cesella la sua scrittura come farebbe Pinturicchio con il suo pennello, Dick va giù di getto alla Pollock senza lasciarsi tentare da sperimentalismi linguistici e probabilmente anche da questo è dipeso il riconoscimento tardivo della sua opera. Elemento distintivo di entrambe gli scrittori quello del riconoscimento postumo accusati entrambe in vita di essere stati comunisti o simpatizzanti tali. 
















Questo sicuramente non aiutò i due scrittori americani ad avere successo, ma il ritardo nella comprensione del talento di questi due magnifici scrittori fu dovuto per lo più all’incapacità della critica e non dei lettori appassionati che hanno ben presto capito la loro grandezza. Un destino che li accomuna a molti altri artisti incompresi poi rivalutati nel momento in cui una società di massa, quasi sempre, in ritardo rispetto al genio recupera il gap di svantaggio.
Pensate che Fante al terzo rifiuto per mano di un editore che aveva lodato - la sua meravigliosa scrittura - ma non aveva gradito secondo una personale sensazione - l’effetto noioso della ripetitività - aveva deciso di bruciare il manoscritto non appena glielo avessero restituito. Grazie a dio il tempo intercorso prima che questi tornasse indietro fece stemperare la sua notoria furia e “La strada per Los Angeles” pubblicato postumo divenne uno dei libri più importanti della letteratura americana tanto che qualcuno lo paragona addirittura a “The catcher in the rye” di J.D. Salinger.














Quando leggo il mio caro John ho come la sensazione che cerchi la propria e altrui salvezza nell’amore, ma non in quello di cui scrive nelle pagine dei suoi libri, ma in quello nascosto tra lo spazio bianco di una riga e l’altra delle sue storie e che riesce a trasmetterti ipnotica-mente, grazie alla sua singolare capacità di prosa dura e amorevole allo stesso tempo, emozioni allo stato solido che ti rimangono addosso come un vestito stretto.
Al contrario il mitico Philip cerca la salvezza attraverso la descrizione e la denuncia dell’odio di cui il genere umano è portatore. Grazie alla sua curiosità intellettuale, alla sua attenzione per il quotidiano in ogni suo aspetto sociale, alla sue conoscenze scientifiche, nonché alla sua straordinaria capacità speculativa riesce con estrema intelligenza a inventare storie impensabili con trame spiazzanti e incredibili traendo da ogni elemento che lo ispira riflessioni e indizi sufficienti per la costruzione di mondi originali, impensabili. Costruisce come piace dire a lui “Universi che cadono a pezzi”. Universi che conducono la mente di chi legge in mondi alternativi che danno origine a una serie di considerazioni, ragionamenti e meditazioni che come micro chip si installano nel pensiero aiutandoti a sopravvivere al caos che ti circonda.




















L’amore e l’odio, presenti rispettivamente nei libri di John e Philip sono sentimenti che smuovono le coscienze umane e che non li pongono in antitesi ma li unisce. È stato infatti scoperto che l'amore e l'odio sono attivati dalle stesse aree e dai medesimi meccanismi biochimici che convivono nel cervello umano. Pare che gli scienziati studiando la natura fisica dell’odio abbiano riscontrato che alcuni dei circuiti nervosi del cervello responsabili per i sentimenti più negativi sono gli stessi di quelli che attivano il sentimento dell’amore.
Del resto doveva averlo capito anche Catullo con la sua celebre poesia che dice: «Odi et amo». E anche grazie a loro e molti altri scrittori io continuerò a vivere, si! io vivrò.




Pubblicato sul sito di “Artribune” il 18 maggio 2013

Questo il cappello a cura della redazione:
Due scrittori, John Fante e Philip K. Dick, come corifei dei sentimenti umani più profondi: l’odio e l’amore. Due forze che forse sono più simili e vicine di quanto si pensi comunemente. Pino Boresta ci guida attraverso una riflessione sulla vita, la morte, l’arte e il pensiero.
M.E.G.

In foto:
Una mia opera di fotocomposizione dei ritratti di Philip Kindred Dick e John Fante.
Una mia opera di fotocomposizione dei ritratti di Dante Alighieri e Jerome David Salinger.
Una mia opera di fotocomposizione dei ritratti di Jackson Pollock e Bernardino di Betto Betti più noto come Pinturicchio.
Una mia opera di fotocomposizione dell’effige di Gaio Valerio Catullo.


"BBBoBoBor…esta?” Niente! Non c’è


Cataloghi all'indice
















Chi mi conosce sa della mia passione per i cataloghi delle fiere d’arte. Credo sia una deformazione professionale, cosi che ogni volta che me ne capita uno tra le mani non posso fare a meno di andare a spulciare l’indice dei nomi degli artisti e l’analisi scatta immediata. Guardate un po’ cosa ne è venuto fuori su uno di quelli del 2008, di cui non darò nessuna indicazione perché sarete voi a dover scoprire di quale fiera si tratta. Non posso mica fare tutto io... Fin dai primi giorni di scuola, con il primo appello e poi con le interrogazioni, ci accorgiamo subito di quanto quella maiuscola iniziale del nostro cognome condizionerà in seguito la nostra vita.
Forse sarà per questo che sfogliando questo vecchio catalogo la mia attenzione cade sul contingente d'artisti all'indice con la stessa iniziale nel cognome.



Pertanto dopo attenta analisi vi comunico che a vincere anche questa volta sono gli artisti con la “S”, sono infatti ben 77 e tra questi l’immancabile Spalletti nazionale (Ettore), lo Steinbach di importazione (Haim), il magnifico Scipione che in realtà si chiamava Bonichi Gino, mentre del Serse non ci è dato sapere il vero nome, a questi si aggiungono due Shaw (David e Jim), una Smith (Kiki), una Sicilia (Jose Maria) unica regione italiana presente in tutto il catalogo. In seconda posizione con 74 artisti la “M” nelle cui file troviamo i vari Matta, Mattiacci, Mattii (due Roberto uno pure Sebastian più Eliseo e Carla), i Migliora, Migliore, Migliorini (Marzia, Bartolomeo, Nino), i Muniz e Munoz (Vik e Juan) i due Merz non marito moglie ma Mario e Gerhard e chiudo con il due volte Mondino ma sempre al nome di Aldo, sarà sempre lo stesso? Terza piazza con 65 nominati la “B”. Questa è la mia categoria di appartenenza ma anche questa volta non mi trovo… c’è invece Basilè (Matteo) qui presente grazie al cognome della nonna, ci sono i B&B Botto e Bruno il Balla italiano e quello no (Giacomo e Atul), i Bianchi (Diego e Domenico), i Bianco ( e Valente). 





















Arriviamo così ai quarti classificati della “C” con 61 individui, tutti fuori dalle piazze d’onore i vari Cuoghi sia che siano uno come Roberto, sia che siano due con Corsello, sia che siano Castellani (Enrico), sia che siano Campanini (Pierpaolo, tutto attaccato) e vale per i Calzolari (Pier Paolo, staccato), come per i Carboni (Luigi). Al quinto posto con 49 presenze troviamo la “P” dove sguazzano Pesce, Pinna e Vele (Gaetano, Alex, Perino-) e non pago ivi troverai un Pugno (Roberta), un Papa (Marco), un Panino (Steven), due Piccinini (Patricia e Simone) due Pivi (Leonardo e Paola), Prine e Prini (Ashley ed Emilio). Invece 48 sono quelli con la “G” dove razzolano i due Gallo (Vincent e Giuseppe), i tre Graham (Dan, Peter, Rodney), i Goldechiari e il Golden e basta (Nan). A tre lunghezze seguono quelli della “D” con 45 in-scritti tra i quali tre con il “de” minuscolo di de Beeck, de Chirico, de Jong e otto con il “De” maiuscolo di De Bruyckere, De Cock, De Dominicis, De Kooning, De Liberato, De Maria, De Paolis, De Paris, speriamo che un giorno qualcuno mi spieghi anche la differenza. 























Con due artisti in meno, cioè 43 quelli della “L” che perdono terreno ma non la luce, visto che tra loro c’è Light (Michael) e la colpa non è certo di Land (Peter), ne di Long (Richard) che di strada ne macina assai. Appaiati in nona posizione entrambe con 41 entità troviamo le lettere “A” e inaspettatamente la “K” che denota così la forte internazionalizzazione degli artisti presenti. Merito dei galleristi o dei curatori? Andatevi a spulciare la lista delle gallerie e tirerete le vostre conclusioni. Numerosi anche i personaggi elencati sotto la “R”, per la precisione 36 e nulla da indicare. Buona la prova di quelli della “H” tra i quali mi piace ricordare Halley e Holler (Peter e Jenny) il perché me lo tengo per me. Seguono a pari merito in dodicesima posizione con 24 anime la “T” dove mi chiedo chi sarà quel tale Tal (R) e alla “V” dove rinnovo la mia curiosità su quei prefissi dei cognomi questa volta tra i “van” di van Eeden, van Golden, van Lamsweerde, van Lieshout, van Warmerdam, ed i “von” di von Bonin e von Nagel. Nelle zone basse troviamo i 22 del settore “F” dove scorgo l’ex compagno di camera, a “Fuori Uso 1997”, Favelli (Flavio). 
























Pochi ma buoni i 20 aggregati sotto la “W” dove individuo il mitico Weiner (Lawrence). Uno in meno a quella sporca dozzina, cioè 11 quelli del gruppo “N” (non quello storico). Quasi in conclusione e nessuno da segnalare nelle tre pattuglie di 9 elementi ciascuna della “E” della “J” e della“Z”. Solo 6 i soggetti raggruppati sotto la “O” e la “I” e non certo a causa di Innocent (Troy) ne di Ozzola (Giovanni). In penultima posizione i 3 gatti della “U” e della “X”, sarà colpa del fattore?... Chiude la “Q” dove tutta sola Q. Knight Margot ci lascia con l’enigma di quella qu puntata.


Pubblicato sul sito di “Artribune” il 6 aprile 2013

Questo il cappello a cura della redazione:
Siamo in piena fiera, MiArt per la precisione. E alle fiere c’è sempre un oggetto dallo statuto incerto, un po’ vintage e un po’ esercizio di stile, un po’ strumento di lavoro e un po’ certificatore di apocalittici e integrati. Insomma, il catalogo, che spesso costa anche parecchio. Ma se serve a una performance scrittoria come questa di Pino Boresta, ben vengano.
M.E.G.

In foto:
Ritratto digitale di Ettore Spalletti (una mia opera).
Ritratto digitale di Haim Steinbach (una mia opera).
Ritratto digitale di Gino Bonichi detto Scipione (una mia opera).
Ritratto digitale di Kiki Smith (una mia opera).
Ritratto digitale di Josè Maria Sicilia (una mia opera).

p.s. 
Questo scritto non è un articolo, ma un’opera d’arte.

venerdì 15 maggio 2015

Il merito? Nel listino dei prezzi


Roberto Casiraghi (ROMA CONTEPORARY)



















Quale è stata la sua formazione?
Ho studiato a Genova fino alle superiori, per concludere a  Torino dove la mia famiglia si trasferì alla fine degli anni '60. Ho iniziato a lavorare molto presto per rendermi indipendente dai miei genitori, per questioni economiche e non certamente affettive, e mi sono occupato di una rivista di management che era la pubblicazione che affiancava la scuola di amministrazione aziendale fondata da Ferrer Pacces e successivamente venduta al Gruppo Sole 24 ore e ho costituito una piccola concessionaria di pubblicità che vendeva spazi per riviste specializzate e per tutti i cataloghi ex Bolaffi, in seguito passati a Giorgio Mondadori

Ci può fare un breve percorso del suo vivere nel mondo dell'arte e di come ci è arrivato?
Nel mondo dell'arte sono arrivato da una porta di servizio, molto distante dall'ingresso principale: avevo l'incarico di raccogliere il materiale fotografico degli antiquari milanesi per il catalogo della mostra che annualmente si teneva alla permanente di Milano e da semplice "postino" mi sono trovato a dover compilare le schede, scattare le foto e, talvolta, scegliere gli oggetti da pubblicare. Il mio primo impatto è stato con l'arte antica e gli antiquari: ho rischiato il trauma psicologico ma ho superato la prova e ho iniziato con l'aiuto, il sostegno e la stima di alcuni grandi antiquari dell'epoca a occuparmi di mostre, a curare i percorsi, e gli allestimenti, la comunicazione, i cataloghi e l'ufficio stampa. Il passaggio dall'antico al contemporaneo è stata una naturale evoluzione dell'interesse per l'arte che nel frattempo e inevitabilmente si è sviluppata lavorando a contatto con le opere.

Quali opere troviamo alle pareti della sua stanza di rappresentanza?
Mi piacerebbe avere una stanza di rappresentanza, vorrebbe dire che sono "arrivato" e che rappresento qualcuno o qualcosa. Il mio mestiere non da soddisfazioni economiche tali da potersi permettere chissà che cosa e quelle poche opere che conservo prevalentemente in ufficio a Torino e a Roma sono acquisti emotivi che suscitano sensazioni di benessere, non rispondono a logiche di speculazione o investimento anche se in taluni casi sono stati degli ottimi investimenti; ma sempre a posteriori e sorprendentemente, non organizzati scientificamente.

















E come mai da Torino è poi approdato a Roma?
Roma era l'unica grande capitale a non avere una fiera d'arte contemporanea e avevo affinato un progetto che ci sembrava tagliato su misura per la città eterna

Un breve consuntivo di queste prime edizioni di "Roma contemporary"?
La culla, poi il nido, l'asilo e finalmente quest'anno 2013 ROMA va a scuola, compie sei anni. E' stato un percorso difficile e travagliato, come del resto il parto e la nascita del progetto. Roma è una città la cui indifferenza ha ispirato grandi autori e letterati e non è certo una fiera d'arte che può sovvertire una tradizione ultra millenaria ma nonostante ciò, con piccoli passi, il percorso ipotizzato per la fiera si sta compiendo e la prossima edizione darà un segnale evidente di quanta strada sia stata fatta da 2008 ad oggi. E questo grazie alla costanza ed alla collaborazione di molti, galleristi e collezionisti assieme agli Enti Locali e tante altre istituzioni artistiche.

Anticipazioni o pronostici per l'edizione 2013?
Il progetto si evolve e la fiera del 2013 pone esclusivamente al centro dei propri interessi e delle proprie analisi i paesi del mediterraneo e del medio oriente; gallerie e artisti di quell'area o che a quella parte di mondo si ispirano, offriranno al pubblico una rappresentazione geograficamente molto precisa, qualitativamente interessante per paesi che si stanno dimostrando in questi ultimi anni particolarmente attivi e dinamici. Cristiana Perrella è stata chiamata a dettare le scelte scientifiche e sua è la maternità del progetto in questa declinazione nuova. Dal 27 al 29 settembre 2013 al MACRO Testaccio (e anche "altrove" in città) si terrà la sesta edizione di ROMA CONTEPORARY - The Mediterranean and Middle East Art Fair.

La crisi economica e la morsa inesorabile del fisco porteranno a un ulteriore prosciugamento del mercato dell'arte oppure le opere di arte contemporanea sono destinate a diventare l'unico bene rifugio assieme all'oro e ai gioielli?
Io credo che vedere l'arte unicamente come bene rifugio sia un errore che spersonalizza le scelte e priva il mercato del suo fondamento estetico. Ciò premesso occorre attuare tutti i provvedimenti necessari a rendere l'acquisto di opere d'arte meno penalizzante rispetto agli altri paesi sia per quanto riguarda l'iva che per quanto riguarda una certa attitudine a considerare i collezionisti come prototipi di evasori e quindi perseguitati d'ufficio.


















Pensa di poter dare un suggerimento a ministri e assessori per poter migliorare la nostra stagnante situazione culturale?
Ministri ed assessori ascoltano troppo i consigli di chi sta loro vicino. Al nostro paese manca la cultura della cultura; è da questa consapevolezza che bisogna incominciare e i primi che dovrebbero porsi il problema sono i nostri Presidenti del Consiglio che, viceversa, fanno occupare la poltrona a persone che non hanno per l'argomento alcun interesse. Pensavo che Facchiano e Bono Parrino fossero il punto più basso della storia del nostro patrimonio e mi sbagliavo.

Ultimamente si parla molto di meritocrazia, lei pensa che nel mondo dell'arte, in Italia, questo parametro viene applicato?
Ma no, certamente no. E del resto non si capisce per quale motivo il mondo dell'arte dovrebbe vivere in una sorta di ambiente protetto; è parte del sistema e basta leggere i bandi di reclutamento dei direttori dei musei d’arte contemporanea o i bandi per i servizi aggiuntivi del Ministero MICAB o cercare di penetrare nella rete di protezione di società, associazioni e fondazioni per comprendere che il merito non è neppure un optional,  compare proprio nel listino prezzi...

Interviw by  PINO BORESTA
artista eclettico e controcorrente. Da alcuni
anni tiene una rubrica fissa per la rivista
“Juliet”. Vive nei sobborghi di Roma ed è
un viaggiatore impenitente.


Pubblicata su; ("Juliet" n. 162  April - May  2013)


In foto:
Una mia opera di fotocomposizione del ritratto Roberto Casiraghi.
Due mie foto di ROMA CONTEPORARY al MACRO Testaccio del 2012.