Pino Boresta! Presente!
“Il gioco è già giocato e abbiamo perduto”. L’unica cosa che si può provare a fare è seguire proprio il consiglio di Goffredo Fofi cercando di mettere in piedi delle situazioni serie che partano da noi stessi. È quello in cui tento di impegnarmi io tutti i giorni, o almeno ci provo, per quel poco che posso fare, con piccole e semplici azioni che denuncino questo stato di cose. Azioni come gli “ArtBlitz”, Opere come i miei “Testamenti”, Interventi Urbani come il “Progetto CUS”, Performance clandestine come “Libri in Cerca di Autore” e qualche arringa di denuncia pubblicata qui e lì, cosa potrei fare di più? Si lo so, sono solo piccoli gesti che si palesano in sporadiche occasioni, e che si determinano solo in alcune circostanze riguardanti ristretti contesti. Situazioni il più delle volte minoritarie, ma come potrei diversamente affrontare più efficacemente le molte maggioranze manipolate con le poche o quasi assenti risorse a mia disposizione?
Purtroppo oggigiorno la cultura è usata per distrarci e non farci pensare, sommergendoci con parole inutili, suoni inutili, immagini inutili, invadenti e dannose. Perché come dice sempre Fofi: non vogliono che pensiamo, perché hanno paura che ci svegliamo e ci accorgiamo di essere nella merda, e sapere di non poter fare un cazzo per cambiare tali condizioni ci getterebbe nella disperazione più totale. Come dargli torto? Siamo ostaggi di un sistema economico/politico che ci vuole rimbecillire vendendoci e facendoci credere qualsiasi cosa. Non possiamo fare molto per combattere e tanto meno sperare di vincere, ma possiamo almeno esserne coscienti, ma forse anche questo è ben poca cosa, specialmente se il dialogo in qualche modo si interrompe e le provocazioni non vanno a segno. Cosa fare, allora, quando ci si ritrova senza più neanche un nemico? È in questo momento che nasce quella disperazione che porta a quelle forme di frustrazione tutte tipiche di molti artisti e che si palesano nelle mie opere e in quelle di molti altri, correndo ogni volta il rischio di divenire patetici e noiosi.
Del resto il rischio di essere catturati inconsapevolmente nella rete, senza che ce se ne accorga, è sempre presente, poiché dobbiamo ricordarci che il successo è spesso transitorio: i media hanno continuamente bisogno di sangue fresco, carne nuova e facce originali da consumare e poi buttare via. Gli americani li chiamano gli “has-been”. E quindi a questo punto non ci rimane che mettere in atto il decalogo in 4 punti di Goffredo, anche se io è già da molto tempo che lo faccio, e cioè “resistere, studiare, fare rete e rompere i coglioni”. Ma soprattutto io credo sia importante esserci, cercare di essere presenti al proprio tempo e farsi trovare pronti quando incominciano l’appello.
“Pino Boresta!”
“Presente!”
“Caricate le armi! Puntate! Attenti! Fuoco!”
“Prigioniero morto. Sentenza eseguita”
“Amen”.
pino boresta
Ho scritto questo articolo in risposta al seguente post su Facebook di Andrea Rossi. Mi sembravano riflessioni interessanti da condividere anche con coloro che mi seguono qui su Corriere del Web.
Pino Boresta nonostante il tuo intervento sia certamente il più sensato e concreto di quelli emanati fino adesso (tanto da rendere ancora più imbarazzante quello del celebre artista napoletano che, poverino, non viene ancora considerato dalla scrittura della storia contemporanea), non sono del tutto d'accordo sul fatto che il martirio sia l'unica via per la sincerità oggi. Almeno non pubblicamente: entro certe misure, si può creare un circolo virtuoso di arricchimento reciproco senza rinunciare a nulla. Il martirio è più una necessità interiore che non pubblica (in un altro post hai citato Modigliani, Gauguin e Van Gogh: pessimi esempi di artisti "inutili")*, se pubblica è solo un altro modo dialettico di porsi nei confronti di sistemi consolidati. Educare è meglio che contrapporsi.
Andrea Rossi
* Questo l'altro post in questione: "Certo è che pensando alla vita di molti artisti come: Caravaggio, Vincent van Gogh, Paul Gauguin, Egon Shiele, Frida Kahlo, Amedeo Modigliani, Chaim Soutine, Piero Manzoni e questi sono solo i primi che mi vengono in mente. Viene da chiedersi ma la loro era una vocazione all'arte o una vocazione al martirio?"
“Pino Boresta!”
“Presente!”
“Caricate le armi! Puntate! Attenti! Fuoco!”
“Prigioniero morto. Sentenza eseguita”
“Amen”.
pino boresta
Omaggio a Goffredo Fofi |
Ho scritto questo articolo in risposta al seguente post su Facebook di Andrea Rossi. Mi sembravano riflessioni interessanti da condividere anche con coloro che mi seguono qui su Corriere del Web.
Pino Boresta nonostante il tuo intervento sia certamente il più sensato e concreto di quelli emanati fino adesso (tanto da rendere ancora più imbarazzante quello del celebre artista napoletano che, poverino, non viene ancora considerato dalla scrittura della storia contemporanea), non sono del tutto d'accordo sul fatto che il martirio sia l'unica via per la sincerità oggi. Almeno non pubblicamente: entro certe misure, si può creare un circolo virtuoso di arricchimento reciproco senza rinunciare a nulla. Il martirio è più una necessità interiore che non pubblica (in un altro post hai citato Modigliani, Gauguin e Van Gogh: pessimi esempi di artisti "inutili")*, se pubblica è solo un altro modo dialettico di porsi nei confronti di sistemi consolidati. Educare è meglio che contrapporsi.
Andrea Rossi
* Questo l'altro post in questione: "Certo è che pensando alla vita di molti artisti come: Caravaggio, Vincent van Gogh, Paul Gauguin, Egon Shiele, Frida Kahlo, Amedeo Modigliani, Chaim Soutine, Piero Manzoni e questi sono solo i primi che mi vengono in mente. Viene da chiedersi ma la loro era una vocazione all'arte o una vocazione al martirio?"
Questo articolo pubblicato anche su Corriere del Web.
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