L’ultimo atto
possibile
È dovuto
morire affinché la sua vita da perdente funzionasse e fosse amato
dai più. Sto parlando dell’artista olandese Bas Jan Ader morto nel
1975 durante la performance intitolata “In
search of the miracolous” (che
consisteva nell’attraversamento in solitaria dell'Atlantico a bordo
di una minuscola barchetta a vela). Bas muore a 33 anni (per salvare
il sistema dell’arte dal disastro?) come un altro grande uomo nato
più di 2013 anni fa e che decise di morire in croce per salvare il
mondo dalla catastrofe. Se così fosse io mi auguro che ciò avvenga
perché se pure il paragone tra i due pare azzardato (o perfino
blasfemo), altre sono le analogie che mi fanno ben sperare. Infatti,
il corpo di Gesù scomparve poco dopo dal sepolcro e mai fu trovato,
al pari di quello di Ader, dando adito (anche su di lui) a non poche
speculazioni su una sua eventuale consapevole messa in scena della
propria morte. Quest’ultimo lavoro incompiuto di Ader viene invece
considerato l’unico riuscito secondo coloro che ritengono i pochi
lavori che ci ha lasciato (per lo più filmati e fotografie) come una
sorta di tentativi di suicidio.
A questo proposito si veda la serie
“Fall” (cadute da un albero, dal tetto di casa sua o con la
bicicletta in un canale di Amsterdam): azioni che in realtà per lui
sono solo sperimentazioni sulla gravità del suo corpo, ma che
qualche strizzacervelli tradurrebbe e spiegherebbe come il peso di
vivere che ha la meglio sulla mente.
In
conclusione, non sono troppo triste per dirvi
(il titolo di un suo bel video è “I’m
too sad to tell you”) che trovo oltremodo grotteschi tutti coloro
che tentano di svilire il lavoro di Bas Jan Ader perché io so di
certo che il suo agire non era quello di un folle ne era dettato da
pulsioni autodistruttive ma bensì nasceva da un profondo amore per
quello in cui credeva, dove la sofferenza era dovuta dall’urgenza
del fare che cresceva in lui quasi come un dolore fisico che gli
premeva dentro fino a fargli male. Il desiderio di raccontarsi in lui
era troppo forte e questo gli dava il coraggio per superare tutte le
inibizioni e le paure che avrebbero potuto frenare la sua ricerca:
non poteva fare diversamente. Non aveva scelta, doveva andare avanti
fino all’ultimo atto possibile, e così è stato.
Pubblicato
su; "Juliet"
n. 161 February – March 2013
In foto:
Performance di Bas Jan
Ader intitolata “Alla ricerca di un miracolo.
Composizione di alcune
performance di Ader della serie riguardante le cadute.
Foto composizione
della performance di Ader intitolata “Sono troppo triste per
dirtelo”.
Foto composizione
dell’immagine della sacra sindone con B.J. Ader e immagine di
Jesu.
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