Overdose di colori
Il carnevale vip di Pino Boresta: benvenuti nel gotha dell'arte
Un rutilante vibrare di tinte vivaci e squillanti divampa sull'intonaco bianco della sala inferiore del Museo Laboratorio di Arte Contemporanea. E' tempesta cromatica, overdose di colori che inebriano i sensi e saturano lo spazio espositivo, lo azzerano trapassandolo con l'eco amplificata dei loro battiti sonori. Si propagano all'esterno, s'irradiano come pulsazioni martellanti e ipnotiche, che invitano inesorabilmente il passante a varcare la soglia, ammaliato dal fascino capzioso e suadente del colore. Per questo Pino Boresta, dopo aver attraversato gli ambiti più diversi e, talvolta estremi, della ricerca artistica, recupera una prassi tanto tradizionale, quanto efficace come la pittura: linguaggio universale, diretta emanazione dell'atto comunicativo, medium duttile e immediato, tramite il quale manifestare la propria volontà d'essere; una sintesi mirabile di talento tecnico e sguardo prensile sulla realtà, che non si limita alla sua copia conforme, ma a rifarla concretamente, in sincronia con i rintocchi dell'anima. L'artista, dunque, riscopre l'immenso potenziale creativo della pittura, capace di distillare nella velocità del tocco la profondità di un'azione etica. Non a caso, Boresta sceglie il ritratto, troppo spesso imbalsamato nella sterile gerarchia dei generi, votato al culto della personalità, o all'esaltazione del mestiere pittorico. Il ritratto, al contrario, stabilisce un particolare flusso dialettico tra l'artista e il suo modello, sul crinale instabile e sdrucciolevole tra identità e alterità. Plasmando la materia densa e pastosa del colore, l'operatore estetico ri-crea se stesso e l'altro da sé nel processo dinamico del loro relazionarsi. E' emblematico che Boresta selezioni un particolare target, riassunto nella sigla A.Q.P.A.C.: Archivio Quadrografico dei Personaggi dell'Arte Contemporanea. Sono le "icone" di un olimpo mitico ed elitario, bersaglio costante dei suoi strali polemici; volti "scolpiti" a colpi di pennello, forgiati dalla consistenza solida e grumosa dell'impasto, circonfusi di un'aureola sfavillante di colori, eminenze celesti e iperuraniche! Bastano pochi tratti a identificare i personaggi, segno che la loro popolarità li rende facilmente riconoscibili. Ciononostante, l'artista dota ciascun ritratto d'informazioni dettagliate su nome, cognome e numero relativo all'ordine di compilazione. Tale operazione suggerisce l'intento di non allestire una galleria di ritratti illustri, intrappolati nella condizione sepolcrale di effigi monumentali, ma di rianimarli a contatto con il pubblico, trascinandoli nel vortice dell'esistenza. Allora, quelle facce imbrattate di colore diventano, paradossalmente, altrettante figurine da archiviare in un ipotetico album. Al fruitore il compito di reperire, raccogliere e arricchire la collezione nel tempo. Il progetto è aperto, infatti, alla partecipazione di chiunque voglia farsi fotografare il giorno dell'inaugurazione, o inviando successivamente all'artista una propria foto formato tessera. Il "situazionauta" Boresta segna, così, un altro punto a suo favore: profanando il sacro tempio dell'arte, ne provoca la precipitazione fenomenica, il violento riflusso nel magma dell'esperienza vissuta. Chiunque può appropriarsi quelle immagini, scardinando il tradizionale assetto gerarchico che contrappone radicalmente pubblico e critica, militanti dell'arte e nomadi metropolitani. Motto di Boresta e titolo della mostra è proprio "Artisti & Co.", all'insegna di un rinsaldato legame arte-vita. Attento osservatore della contemporaneità, l'artista cerca di attuare tale pacificazione, utilizzando le attuali strategie comunicative che più impattano l'audience. In una società che produce e consuma in massa le immagini, tradotte in valore economico, l'artista detiene il compito di riaffermare la loro intrinseca funzione etica e gnoseologica. Da qui, la necessità di evadere dai tradizionali luoghi e cliché dell'arte, per rituffarsi nello sciabordio dell'esistenza. Le logiche della comunicazione mass-mediatica e dell'advertising sono letteralmente scardinate, depistate sul binario morto dell'ironia e del non-senso. Lo sticker, il gadget fetish-kitch si trasformano in arma pacifica di manipolazione estetica, d'intervento nello spazio della vita, rivendicando la volontà di partecipare all'ipotesi progettuale di una nuova società, collegialmente costruita. Completa la mostra "Artisti & Co." la serie inedita dei Testamenti: sentenze lapidarie in forma di collage pittorico, lettere ritagliate e ricostruite in sequenza, come il messaggio shockante di un serial killer! In realtà, l'ironia tagliente di Boresta scaturisce, ancora una volta, dall'atmosfera apparentemente noir dei lavori. L'artista ci fa depositari del suo testamento: "Questo quadro diventerà un'opera d'arte a tutti gli effetti, solo il giorno in cui sarò invitato a partecipare alla Documenta di Kassel" . Un'amara riflessione sulle dinamiche interne al sistema dell'arte ma, al tempo stesso, uno stimolo a rivitalizzare la sensibilità estetica dei fruitori, arbitri indiscussi del gusto, per quanto storditi dal megafono dei media e indottrinati dalle omelie dei troppi critici-vati.
Maria Egizia Fiaschetti
Testo scritto a seguito della personale "Artisti & Co. ", al MLAC - Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università La Sapienza di Roma nel 2003 e pubblicato on line.
In foto; particolari di un quadro, due ritratti del progetto A.Q.P.A.C. - Archivio Quadrografico dei Personaggi dell'Arte Contemporanea ed una serie di studi disegnati per poi realizzare i quadri, due quadri del progetto Testamenti.
1 commento:
Questi quadri sono stupendi coloratissimi sembra che ogni tela racchiuda in se` l'arcobaleno!
Posta un commento