Per cARThusia 2003. Città dis-continua Pino Boresta ha immaginato Ecce Smorfia, una performance che fonde due elementi importanti della poetica: L’attento esame alle possibilità espressive dell’uomo, per un utilizzo anticonformista e acutamente provocatorio, e l’intervento urbano discreto, ma persistente, reiterato, capillare.
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Maria Francesca Zeuli
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Pino Boresta nasce Roma vive a Segni (Roma) e lavora tra Segni e Roma.
Sulla scia di valori dei Situazionisti, di cui condivide impostazioni e finalità, Boresta realizza un’arte fatta di coinvolgimenti a tutto tondo, di se stesso e dei fruitori consapevoli o inconsapevoli delle sue opere. L’ambito privilegiato in cui interviene è proprio la città. La ricerca di questo artista romano è fatta di domande, di provocazioni, di gioco, di sollecitazioni e di valorizzazione di dettagli insignificanti. Il suo lavoro cerca di scuotere gli animi e stimolare le riflessioni dalle anonime presenze dell’universo urbano, cercando di renderle meno aliene (o alienate) proprio grazie ad una presa di coscienza di chi osserva e decide di partecipare attivamente all’opera, rispondendo al pungolo di Boresta con una frase scritta su adesivo, su un volantino trovato per caso nei muri delle città, con un’opinione lanciata per e-mail o con la propria fotografia, immagine che si banalizza (o mitizza) in un album di figurine che parla di quotidianità o di mondi circoscritti come quello dell’arte.
M.F.Z.
Dal catalogo di "Città dis-continua", cARThusia 2003
Sulla scia di valori dei Situazionisti, di cui condivide impostazioni e finalità, Boresta realizza un’arte fatta di coinvolgimenti a tutto tondo, di se stesso e dei fruitori consapevoli o inconsapevoli delle sue opere. L’ambito privilegiato in cui interviene è proprio la città. La ricerca di questo artista romano è fatta di domande, di provocazioni, di gioco, di sollecitazioni e di valorizzazione di dettagli insignificanti. Il suo lavoro cerca di scuotere gli animi e stimolare le riflessioni dalle anonime presenze dell’universo urbano, cercando di renderle meno aliene (o alienate) proprio grazie ad una presa di coscienza di chi osserva e decide di partecipare attivamente all’opera, rispondendo al pungolo di Boresta con una frase scritta su adesivo, su un volantino trovato per caso nei muri delle città, con un’opinione lanciata per e-mail o con la propria fotografia, immagine che si banalizza (o mitizza) in un album di figurine che parla di quotidianità o di mondi circoscritti come quello dell’arte.
M.F.Z.
Dal catalogo di "Città dis-continua", cARThusia 2003
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In foto; alcuni momenti della performance "Ecce Smorfia" 2003, 2 frame dal video "Io piango" Montescaglioso giugno 2000, intervento CUS Venezia 1997, io con magliette, adesivi interattivi ed una ragazza colta sul fatto.
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