lunedì 28 aprile 2008

2003 Maria Francesca Zeuli

Ecce Smorfia



Per cARThusia 2003. Città dis-continua Pino Boresta ha immaginato Ecce Smorfia, una performance che fonde due elementi importanti della poetica: L’attento esame alle possibilità espressive dell’uomo, per un utilizzo anticonformista e acutamente provocatorio, e l’intervento urbano discreto, ma persistente, reiterato, capillare.

Le smorfie segnali della propria presenza, straniante e burlescamente insolente, disseminate negli spazi cittadini. "Uno dei miei intenti principali è quello di voler coinvolgere attivamente il fruitore nell’opera" (Pino Boresta-interventi abusivi, intervista di Ugo Giuliani, 13-07-01, in http://www.exibart.com/notizia.asp?IDCAtegoria=195&IDNotizia=2895. "Mi interessano gli artisti che creano il tempo psicologico della riflessione, che è tempo estorto alla banalità dei messaggi nel caos dei mezzi di diffusione di massa." ( Pino Boresta, Il Situazionauta, sito; http://www.piziarte.net/boresta.htm ). Al fine di coinvolgere il pubblico e stimolarlo a una risposta emotiva (Il riso, il disappunto, lo sconcerto, la sospensione) e attiva (la riflessione, la risposta 
scritta, l’atteggiamento mentale), l’artista propone una sequenza di smorfie, tanto più strane e grottesche, quanto sembrano rispecchiare, esasperati, i nostri stati emotivi, le nostre vicende interiori, che restano incompiutamente manifeste nelle nostre espressioni contenute, decorose, ma purtroppo, spesso ipocrite. Boresta ci invita a lasciar esplodere le smorfie che si formano e ci deformano intimamente, a liberarle sfogando le nostre verità, ristabilendo, così, dialoghi più autentici con la società con cui ci si confronta quotidianamente. È "necessaria soprattutto la costruzione di nuove situazioni (…) dove la condizione preliminare sia quella della ricerca di forme diverse di vivere" (ibidem), meno alienate, più coscienti. Al termine della performance il buffo si crina, il sorriso si spezza e progressivamente si stravolge in pianto profondo, desolato: è la più tragica delle tante possibili smorfie che dobbiamo imparare a usare e a leggere nei volti dell’universo cittadino, dimensione spersonalizzante, da ri-umanizzare attraverso il recupero delle consapevolezza che l’essere persona passa anche attraverso il recupero della consapevolezza che l’essere persona passa anche attraverso il grottesco, l’esasperato, il tenero, il ridicolo, il sofferente esprimersi di sentimenti tramite le smorfie che, per lo più inconsapevolmente, facciamo. Il valore della smorfia si intrinseca con la città; essa si moltiplica e si appropria abusivamente delle strutture metropolitane, integrandosi con cartelli stradali, pali della luce, muri e cartelloni pubblicitari, dando loro un nuovo senso: è un’operazione per la città, attraverso e a favore di essa. Lo scopo: attrarre l’attenzione dei passanti, stornando l’usuale lettura automatica degli elementi urbani, con la presenza ammiccante della faccia di Boresta su adesivi o volantini, appiccicati come avvisi pubblicitari, e stimolare una riflessione su società e pubblicità. La trasformazione di senso poi, contagia pure le persone, rendendole fruitori inconsapevoli di arte, ma più consapevoli della città. La performance si conclude con la lettura di un testo sull’importanza della smorfia; alcuni ragazzi indossano magliette con l’invito al pubblico a produrre smorfie e con immagini documentative di interventi urbani dell’artista.

Maria Francesca Zeuli



























Pino Boresta nasce Roma vive a Segni (Roma) e lavora tra Segni e Roma.
Sulla scia di valori dei Situazionisti, di cui condivide impostazioni e finalità, Boresta realizza un’arte fatta di coinvolgimenti a tutto tondo, di se stesso e dei fruitori consapevoli o inconsapevoli delle sue opere. L’ambito privilegiato in cui interviene è proprio la città. La ricerca di questo artista romano è fatta di domande, di provocazioni, di gioco, di sollecitazioni e di valorizzazione di dettagli insignificanti. Il suo lavoro cerca di scuotere gli animi e stimolare le riflessioni dalle anonime presenze dell’universo urbano, cercando di renderle meno aliene (o alienate) proprio grazie ad una presa di coscienza di chi osserva e decide di partecipare attivamente all’opera, rispondendo al pungolo di Boresta con una frase scritta su adesivo, su un volantino trovato per caso nei muri delle città, con un’opinione lanciata per e-mail o con la propria fotografia, immagine che si banalizza (o mitizza) in un album di figurine che parla di quotidianità o di mondi circoscritti come quello dell’arte.

M.F.Z.

Dal catalogo di "Città dis-continua", cARThusia 2003



























In foto; alcuni momenti della performance "Ecce Smorfia" 2003, 2 frame dal video "Io piango" Montescaglioso giugno 2000, intervento CUS Venezia 1997, io con magliette, adesivi interattivi ed una ragazza colta sul fatto.






Qui il trailer video Ecce Smorfie:

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