L’attenzione
Pino Boresta con quelle da lui chiamate “Muffe” allestisce un vero e proprio percorso attraverso l’ambiente estremo prescelto. L’elemento-base che costituisce la parte preponderante dell’opera, cioè l’acqua, è portatore di evocative associazioni legate ad un’idea di natura nelle sue molteplici, cicliche trasformazioni. Le modificazioni della materia e l’attenzione verso i suoi mutamenti è l’indagine sottintesa in tutto il lavoro di Boresta: qui è riassunta nelle “ninfee” galleggianti, negli spartani contenitori pieni d’acqua.
Quelle tracce inaffondabili (perché montate su polistirolo) accolgono muffe correlate a memoria d’archetipa derivazione, pressanti - come fiori messi a seccare tra le pagine d’un libro – su fogli scritti che ne fanno da supporto. La ricerca d’un valore estetico è evidente così come lo è quella d’un meta-linguaggio che sia il risultato dell’artista, inteso al pari di un processo alchemico legato alla trasfigurazione delle cose. A volte anche la guarigione dalla malattia (nel procedimento, per esempio, della penicillina che cura l’infezione; dell’olio che rimargina la piaga). Ed è a questo punto che tutto il lavoro di Boresta torna ad additare l’attenzione, cioè quella capacità ed impegno a considerare ogni elemento ed accadimento - esterno ed interno – al di la della consuetudine ma come se fosse un fatto eccezionale e straordinario.
Barbara Martusciello
Testo scritto in occasione della collettiva "Al Chiostro di S. Cosimato", Ospedale Nuova Regina Margherita di Roma, e pubblicato su un catalogo da noi autoprodotto nel maggio 1995.
In foto: Penicillina, e due mie opere del 1995 della serie intitolate “Muffe”.
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