ArtBlitz in differita Tv
Un’esperienza può essere un’opera d’arte? Io credo di sì,
come quella volta che la produzione ha voluto che facessi un graffito in
differita tv in un minuto.
Mi avevano accennato telefonicamente che forse mi avrebbero
fatto fare un writing su un muro, ma non pensavo me lo avrebbero fatto fare
veramente, anche perché in un minuto cosa puoi fare? Questi sono i tempi
televisivi entro i quali mi avevano chiesto di stare. Avrei dovuto rifiutarmi,
e invece ero lì, dritto in piedi con in faccia due dita di fard (make-up
obbligatorio per chi in tv vuole andare) mentre chiamano il conoscente numero
sei. Cacchio! Sono io e devo scendere giù dalla mia postazione per la prova
d’abilità. Prova che avrebbe dovuto consentire ai due concorrenti (due fratelli
nati lo stesso giorno ma a distanza di tre anni), di capire se io fossi o no
l’amico pittore di Mariella Sapienza, attrice figurante in carriera.
Ero lì in veste di semplice pittore e dovevo cimentarmi
nella pratica artistica più competitiva e di tendenza del momento, senza essere
assolutamente uno specialista in tal senso. Non tutti sanno che io non ho mai
fatto un graffito in vita mia pur essendo considerato uno degli street artist
ante litteram (almeno qui in Italia) in virtù del mio lavoro di sticker art. Ma
come avrei potuto deludere il mio pubblico? Come avrei potuto deludere la mia
amica? Come avrei potuto deludere Max Giusti, il presentatore di Chi ti
conosce? (questo il titolo del nuovo quiz program sulla rete televisiva NOVE),
il quale, chiamandomi perentoriamente al centro della scena, mi chiede
immantinente di fare il graffito del suo nomignolo “MAX”. Quando vedo entrare
il grosso panello di legno che doveva essere il mio muro, e un cubo bianco con
diverse bombolette di colore spray, le gambe mi fanno giacomo giacomo. Ero sul
punto di buttare la spugna. Allorché mi sono ricordato di quando, durate la mia
infanzia, con i compagni di classe ci sfidavamo a scrivere sulla lavagna i nomi
con le lettere tutte attaccante, nella nota forma bombata. Mai avrei pensato
che quelle spassose gare della mia fanciullezza avrebbero potuto, 45 anni più
tardi, salvarmi da una figuraccia in differita televisiva, evitando, forse, un
irreversibile discredito della mia onesta e onorevole reputazione di street
artist.
BOMBOLETTE E SMORFIE
Ciak si gira: prendo una bomboletta e ne spruzzo un po’ sul
lato del muro come avevo visto fare tante volte, ero sicuro che questo mi
avrebbe dato un’aria competente, ma è così che mi accorgo che avevano invertito
le etichette per riconoscere i vari colori. Il nero era il rosso e il verde era
il blu. Sabotaggio o assistente daltonico? “Cominciamo bene”, dico io. No! Quello è un altro programma. Dai! Dai!
Pino, stai concentrato, il tempo passa veloce.
Allora impugno lo spray nero, e faccio la “M”, la prima lettera è sempre
la più facile ma non questa. Me la cavo bene, poi passo alla “A”, bene anche
questa. A questo punto mi sentivo sicuro, e l’animale da palcoscenico in me si
era ormai impadronito della mia mano armata, quindi prima di fare l’ultima
lettera torno sulle prime due e ne definisco meglio i contorni, ma il tempo
passa, passa veloce, per cui mi butto sulla “X”, la più difficile da fare.
Terminata questa, sento Giusti che dice “Ecco vediamo uno stile alla Banksy”,
non ne sono stato lusingato (preferisco artisti come Nemo’s ed Eron) e non
potevo di certo spiegare lì il perché, ma lo farò presto. Tornando verso il
cubo, dove erano gli spray, mi viene l’idea di prendere due bombolette di
colori diversi una per ogni mano e colorare a strisce diagonali alternate la
“M”. Il tempo mi morde il collo, ma questa mia inaspettata decisione esalta il
conduttore, il caro Max, che sottolinea al pubblico la mia destrezza dicendo “E
ora addirittura con due mani”, e quando la regia vuole fermarmi lui chiede
dell’extra time per farmi finire di colorare almeno la prima lettera. Terminata
la parziale colorazione del graffito depongo le bombolette sul cubo, mentre il
pubblico applaude e Max salutandomi fa la battuta (non preparata),
gigioneggiando che avrei dovuto pagare una multa in quanto avevo imbrattato il
muro. Allora io tiro fuori 50 euro che avevo in tasca, e faccio finta di
darglieli. Il resto della trasmissione l’ho passato in piedi immobile, ma dopo
un po’ ho incominciato ad annoiarmi e ho quindi incominciato a fare delle
smorfie all’indirizzo delle telecamere che continuavano a scrutarci,
probabilmente le taglieranno nel montaggio*, ma io comunque avevo fatto il mio
dovere e ricordato: “Generate una smorfia!!!… Non risolverete i vostri
problemi, ma questi assumeranno sicuramente un peso specifico inferiore”.
COME JOHN CAGE?
Alla fine, tutto finisce e il regista mi fa i complimenti,
infatti, per loro sarebbe andata bene anche se mi fossi dimostrato non in grado
del mio compito, ma io ci tenevo a fare la mia porca figura. A salvarmi la mia
esperienza da performer-incursore che spesso mi ha portato a improvvisare (vedi
ArtBlitz), ma capirò come è andata realmente solo quando vedrò la puntata,
quantunque i due concorrenti incontrati nel corridoio dei camerini abbiano
voluto farmi i complimenti, scusandosi di non avermi riconosciuto. “E di che?”,
ho detto io, “mica sono famoso”. Decido
così di regalare loro uno dei miei adesivi firmati per consolarli di aver perso
100mila euro portandone a casa comunque 12.500, sempre meglio dei miei 70 euro
scarsi. Ma si sa che l’arte non paga e la vita dell’artista è dura anche quando
si va in tv. Certo è che a John Cage, che partecipò alla trasmissione di Mike
Bongiorno Lascia o Raddoppia come esperto di funghi (non poi così esperto,
secondo Giancarlo Politi, che racconta il fatto in uno dei suoi Amarcord), è
andata meglio che a me. Lui il suo gruzzoletto se lo è portato a casa, anzi
negli United States, visto che i cinque milioni di lire gli servirono anche per
pagarsi il biglietto dell’areo. Cage era, infatti, rimasto senza soldi durante
il suo viaggio in Europa e, non essendo ancora riconosciuto come quel grande e
famoso artista che poi diventò, trovò così il modo di fare ritorno. Ha detto
Albert Einstein: “È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi
strategie”.
Per questo non bisogna mai dire “a me non succederà”, ma
piuttosto essere pronti a raccontarlo, e io non volevo certo deludervi.
*In realtà poi qualche smorfia è passata. Questo testo è
stato scritto da me prima che vedessi la registrazione della puntata andata in
onda l’11 settembre sulla rete televisiva la NOVE, e ancora visibile a questo
link.
Questo il cappello a cura della redazione:
L’artista romano, invitato al programma TV
“Chi ti conosce?”, si cimenta con writing e bombolette, senza dimenticare le
sue celebri smorfie e qualche riflessione sulle logiche del piccolo schermo.
In foto:
Frame da video di alcuni momenti della
trasmissione “Chi ti conosce” che mi riguardano.
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