La mia storia adesiva.
Nei primi Anni Novanta, tornato definitivamente dal mio
periodo londinese, praticamente un’esperienza ai confini del bohémien, aggregai
un piccolo gruppo di artisti. Eravamo in quattro: Giuseppe Polegri, Marco
Evangelista, Paolo Tognon e il sottoscritto. Avevamo tutti esposto alcune volte
con l’Associazione dei 100 Pittori di Via Margutta, dove ci siamo conosciuti. I
primi incontri li abbiamo fatti nella piccola ma antica latteria di Campo di Fiori,
adiacente alla famosa piazza di Roma, e tra un buon cioccolato caldo e delle
paste fresche iniziammo a progettare il nostro futuro di artisti
all’arrembaggio.
Appena diventammo un po’ meno teorici e più operativi
passammo dalla latteria alla casa di uno di noi. Infatti, Giuseppe Polegri
viveva solo con il suo mutuo, ma se lo poteva permettere perché già lavorava
come grafico per la prestigiosa Enciclopedia Italiana Treccani. Dopo poco
cominciammo a organizzare mostre più che altro in spazi alternativi e allo
stesso tempo iniziammo ad assistere a diversi convegni sull’arte che si
svolgevano in varie sedi. In uno di questi, che si era tenuto al Palazzo delle
Esposizioni di Roma (non ricordo se organizzato da Laura Cherubini o Ludovico
Pratesi) conoscemmo Carolyn Christov-Bakargiev, che aveva in pratica parlato
dell’intera storia dell’arte contemporanea. Carolyn alla fine della
presentazione espresse la sua disponibilità a incontrare giovani artisti con i
quali, sosteneva, trovava sempre interessante parlare. Ricordo che questa
esplicita apertura della storica d’arte, allora non ancora famosissima, ci
colpì particolarmente, tanto che incamminandoci verso l’uscita del palazzo
(quella che portava alla scalinata sul Traforo Umberto I) iniziammo a parlarne
vivacemente tra noi e, prima che riuscissimo a guadagnare l’uscita, i miei
compagni trovarono il modo di convincermi ad andare a parlarle, visto che loro
erano tutti più timidi e introversi di me per farlo. Allora mi feci coraggio e
andai a presentarmi alla Christov-Bakargiev, che si era fermata a conversare
con alcune persone. Si rivelò molto cordiale e gentile e mi dette il suo numero
di telefono. Dopo qualche giorno la chiamai e ci incontrammo al bar del Palazzo
delle Esposizioni, dove, davanti a una spremuta d’arancia per lei e un tè
freddo per me, parlammo un po’ e le feci vedere una specie di portfolio che
avevo preparato per l’occasione. All’interno di questo, oltre alla riproduzione
di qualche mio quadro, c’erano anche le foto di alcune mie performance e installazioni
con sagome di ombre colorate e altre con le mie smorfie (le “Smorfie” sono
foto-ritratti scattati alla fine degli Anni Ottanta e che iniziai a utilizzare
nei primi Anni Novanta per varie installazioni ed eventi. Ho poi creato una
serie di adesivi che ho incominciato ad attaccare in giro per la città, non
solo a Roma, ma ovunque il destino mi portasse).
DISORDINAZIONI E SMORFIE
Ricordo che Carolyn a un certo punto mi chiese chi fosse il
mio artista preferito e io, che avevo da poco superato la mia fase
espressionista, evitai di nominarle Kokoschka, Schiele, Klimt, Soutine, Rouault
ed Ensor, e risposi Keith Haring. Quindi parlammo ancora un po’ e, prima che si
congedasse, mi consigliò di frequentare alcuni artisti romani facendomi i nomi
di Cesare Tacchi, Renato Mambor e Sergio Lombardo. Fu proprio quest’ultimo che
andai a trovare al Centro Studi Jartrakor da lui stesso fondato e che si trova
ancora oggi a via dei Pianellari a Roma. Anche lui si dimostrò alquanto
disponibile e mi invitò a partecipare alle riunioni e ai dibattiti che si
svolgevano al centro, cosa che feci. Da Jartrakor conobbi Miriam Mirolla, Paola
Ferraris, Roberto Galeotti, Giovanni Di Stefano, Piero Mottola, Giuliano
Lombardo (figlio di Sergio) e Cesare Pietroiusti, che di Carolyn
Christov-Bakargiev era il marito, ma lei non mi disse che avrei potuto
incontrarlo, anche perché era il periodo che Cesare si era un po’ allontanato
dal gruppo degli Eventualisti e dalla Teoria Eventualista di cui Lombardo è il
fondatore. Fu qui che nacque il Bollettino delle DisordinAzioni su iniziativa
di Giuliano Lombardo, che ne fu il promotore, ma al quale, già dal secondo
numero, contribuimmo con forte entusiasmo anche noi quattro. Il primo gruppo
operativo di DisordinAzioni all’interno del quale portai i miei non fratelli di
latte, ma compagni di latteria (Giuseppe Polegri, Marco Evangelista, Paolo
Tognon) e altri (Sandro Zaccardini, Sergio Caruso, Patrizio Pica, Antonio
Colantoni, Alessio Fransoni, Lorenzo Busetti) prese vita allo studio di Pietroiusti
che si trovava a vicolo Savelli. Fu con questi, ai quali si aggiunse qualche
volta anche Lucia Pietroiusti (la figlia di Cesare), che organizzammo le prime
scorribande notturne del gruppo per la città di Roma. Tutti i diversi
interventi urbani da noi compiuti finivano, o meglio erano raccolti e
pubblicati, nel Bollettino delle DisordinAzioni che non aveva una periodicità
definitiva, ma che ebbe quattro uscite negli anni dal 1994 al 1998. I progetti,
o meglio gli interventi urbani da me compiuti e poi pubblicati sui vari
bollettini, sono i seguenti: C.U.S. ‒ Cerca ed Usa la Smorfia, Come contaminare
artisticamente la propria giornata (da me poi denominato P.B.A. ‒ Progetto
Biglietto Arte), A.R.A.P. ‒ Associazione Recupero Arte Perduta, R.S.S. ‒ Rebus
Sic Stantibus. Per tutti questi progetti vi era sempre una componente che
prevedeva l’affissione di adesivi o volantini. Di questi miei interventi quello
più conosciuto è sicuramente il progetto C.U.S., che consiste di adesivi della
mia faccia che fa delle smorfie riprodotte in vari formati e spalmate ovunque
nelle città: ve n’è pure una versione con una scritta intorno che così riporta:
“Contribuite a contaminare la città con una vostra opinione sul fenomeno
‘pubblicità’ oppure scrivete ciò che volete” e sotto vi è uno spazio per quelli
che vogliono scrivere la loro. Se mi capitava, o se tuttora mi capita, di
ritrovarne qualcuno con delle scritte, lo recupero o lo fotografo (spesso
entrambe le cose). Da quando poi vi è stato il boom della Street Art, invece che
le scritte capita di trovarvi sopra degli adesivi, il che va benissimo
ugualmente.
GIOCHI DEL SENSO E/O NONSENSO
Subito dopo DisordinAzioni, a seguito di nuove amicizie e
conoscenze, si formò il gruppo dei “Giochi del e/o nonsenso” composto da me,
Lorenzo Busetti, Sergio Caruso, Antonio Colantoni, Claudia Colasanti, Bruna
Esposito, Marco Evangelista, Alessio Fransoni, Patrizio Pica, Cesare
Pietroiusti, Giuseppe Polegri, Paolo Tognon, Sandro Zaccardini ed Edoardo De
Falchi, e fu lui che scrisse e poi pubblicò nel 1998 il libro "Non è vero.
Un’avanguardia subliminale di massa", edito dalla Odradek.
Edoardo, appena presentatomi, volle esprimermi
immediatamente il suo entusiasmo e interesse per quel mio adesivo con la faccia
che aveva trovato appiccicato ovunque per la città, e mi disse che ne era
rimasto così colpito e incuriosito che voleva farne oggetto di una
pubblicazione, insomma lo invitammo a partecipare alle riunioni del gruppo
delle DisordinAzioni che giusto in quei giorni si stava trasformando nel gruppo
dei “Giochi del senso e/o nonsenso”. Poi, per quei fatti strani della vita che
a volte avvengono in virtù delle dinamiche di gruppo e delle simpatie e
antipatie che sorgono all’interno delle redazioni, in quel libro uscì a stento
una singola e striminzita paginetta che mi riguardava, benché io ne fossi stato
la fonte d’ispirazione. Purtroppo, ancora oggi, di questa vicenda, non mi
conforta molto il fatto che, lamentandomene con gli addetti ai lavori, qualcuno
mi dica: “E buon per loro che alla fine si siano degnati di metterla, almeno
quella paginetta, perché tu sei, forse, l’unica prova tangibile, e ancora
esistente, che qualcosa di quello di cui si parla nel libro sia realmente
avvenuto”.
ORESTE
ORESTE
Il gruppo dei “Giochi del senso e/o nonsenso”, dopo aver
partecipato alla Quadriennale di Roma nel 1996, coinvolto da Cesare Pietroiusti
il quale era stato invitato ufficialmente, si sgretolò a causa della
preoccupazione di quasi tutti i componenti, escluso il sottoscritto, che il
merito del progetto Invito alla XII Quadriennale fosse riconosciuto solo ed
esclusivamente a Cesare. Fu così che i “Giochi” si liofilizzarono e io e Cesare
passammo alla nuova entusiasmante avventura del Progetto Oreste all’interno del
quale, oltre a diversi altri compiti, detti il mio contributo adesivo con la
realizzazione dell’Album di Oreste Zero nel 1998 e dell’Album di Oreste Uno nel
1999 (usciti sempre un anno dopo la residenza). Gli album dovevano essere
compilati con le figurine, stile quelle dei calciatori, di tutti i partecipanti
delle residenze a Palianello (nel comune di Paliano, in provincia di Roma), ma
vi sono anche figurine di alcuni momenti conviviali e grafici statistici da me
sviluppati. Album di Oreste Uno fu presentato a Venezia all’interno della
programmazione di Oreste at the Venice Biennal invitati come “Gruppo Oreste” da
Harald Szeemann a partecipare alla 48. Biennale di Venezia. Sempre lo stesso
anno organizzai all’interno dello spazio a noi assegnato nell’ex Padiglione
Italia ai Giardini della Biennale anche una tre giorni d’incontri e
presentazioni sugli “Adesivi Urbani Autoprodotti” e invitai a partecipare
Vittore Baroni e Piermario Ciani. Conobbi Piermario a Bologna, mi venne a
cercare perché aveva visto/trovato le mie facce a Venezia, e voleva parlarmi
della sua esperienza con gli adesivi. Mi raccontò inoltre che faceva parte del
collettivo Luther Blissett, un gruppo di attivisti culturali che volevano
denunciare e criticare il sistema mass-mediatico, che era esattamente anche il
mio stesso intento. Parlammo un bel po’ e, prima di salutarci, lo invitai alla
residenza di Oreste 2 a Montescaglioso (Matera) per conoscerci meglio, e così
fu.
STORIE ITALIANE
Quando Egidio Emiliano Bianco, uno storico dell’arte che si
stava specializzando sulla storia della Street Art, mi ha chiesto per la sua
ricerca come nasce questa mia idea della faccia, gli ho raccontato di quando
negli Anni Settanta la RAI ‒ Radiotelevisione Italiana faceva vedere i film di
mattina per fare le famose prove tecniche di trasmissioni e io vidi un film che
si intitola La ragazza del secolo (It Should Happen To You il titolo
originale). Questo film, che è sempre rimasto nella mia memoria latente, credo
abbia influenzato e determinato in qualche modo la nascita di questo mio
progetto adesivo forse più di qualsiasi altra cosa. Se si pensa, poi, che il
film è del 1954, come suggerisce Egidio, potrebbe considerarsi quasi una sorta
di manifesto ante litteram di quello che avrebbero fatto molti artisti da lì a
qualche decennio. Ma determinante fu probabilmente anche la lettura del libro
1984 di George Orwell che però feci solo in seguito.
STREET ART
“Come immaginare nuove storie per l’arte italiana?”, è quello che ci si è domandati ultimamente in un talk a miart. Ma, forse, non è questa la domanda giusta da porsi, né tanto meno il percorso da intraprendere, perché non c’è proprio nulla da immaginare, le storie in Italia ci sono, e non c’è bisogno di inventarne di fittizie, bisogna solo avere il coraggio di sostenerle. E mentre noi ci poniamo interrogativi sbagliati, da altre parti si sono già messi al lavoro: come per esempio a Nizza, dove in un seminario transdisciplinare internazionale dal titolo Street Art Europe, a cura di Edwige Comoy Fusaro e Hélène Gallard, hanno cercato di ricostruire la storia della Street Art in Europa. Per cui io credo che più che immaginare storie dovremmo imparare a guardare lì dove le storie già ci sono e incominciare a raccontarle. Come ha fatto Egidio Emiliano Bianco che lì (in Francia) ha raccontato un pezzetto della mia storia. Ma purtroppo, come ben sappiamo, in Italia la verità deve sempre percorrere strade tortuose e non è detto che venga conquistata.
Questo il cappello a cura della redazione:
Fra Street Art e dibattito, la storia di
Pino Boresta raccontata dal suo protagonista, che rievoca amicizie e
collaborazioni. A partire da un adesivo.
In foto:
Io tra due Manifesti Rettificati (foto di
Rita Restifo).
Il gruppo Disordinazioni.
Alcuni miei adesivi CUS recuperati.
Combo ante-litteram esposto alla Biennale di
Venezia del 1999.
Bustina dell’Album Oreste Uno.
Alcune figurine dell’Album Oreste Uno.
Frame del film "It Should Happen To You"
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