Tempo fuori sesto.
Nella mia mente alcune sinapsi albergano grandi come delle
autostrade e fanno sì che ogni qual volta mi capita di passare per un luogo
della mia città (Roma), mi torna in mente sempre lo stesso identico ricordo, lo
stesso identico fatto che lì mi è accaduto.
Una sera di circa 25 anni fa mi trovavo a passare per la
scalinata che da Valle Giulia porta a Villa Borghese, e più precisamente nel
punto in cui dove, dopo le prime due serie di scale, vi è uno slargo formato da
due mezze lune, una a sinistra e una a destra. Stavo scendendo di buon passo
gli ultimi scalini della mia rampa quando un giovane nella penombra mi fischia.
Appena si accorge che lo avevo visto si volta, si abbassa i pantaloni, e mi
mostra il culo dondolandolo di a qua e là e sussurrandomi a voce alta “Dai
bello, vieni, andiamo”. Per chi non lo
avesse capito era il luogo dove quelli che Pierpaolo Pasolini avrebbe chiamato
ragazzi di vita esercitavano la loro professione, e che è diventata in seguito
una delle piazze della prostituzione maschile più frequentate della Capitale
anche dagli extracomunitari, perché lì si poteva guadagnare fino a 200 euro al
giorno.
Quando giovedì scorso ho scoperto che proprio nello stesso
punto vi era un chiosco bar prefabbricato e un piccolo palco con una giovane e
robusta ragazza di colore che cantava del magnifico jazz, sono stato felice che
finalmente anche in questa città sia incominciata una riqualificazione di aree
urbane che erano state totalmente abbandonate al degrado materiale e sociale.
Tutto questo probabilmente anche grazie alla nuova gestione degli spazi intorno
alla Galleria Nazionale di Arte Contemporanea, partendo proprio dall’uso della
stessa scalinata della GNAM utilizzata come tribuna per concerti serali e altre
iniziative.
LA MOSTRA
Ebbene
quando il piccolo gruppo musicale, coadiuvato dalla bella voce della cantante,
interrompe quelle che erano solo delle prove per il concerto che avrebbe fatto
molto più tardi, decido di approfittare di quella pausa per visitare Time is
Out of Joint, la grande mostra curata dalla direttrice Cristiana Collu alla
GNAM che non ho mai trovato il tempo di visitare con la giusta calma.
Bella l’idea
di ricercare un tempo fuori sesto.
Bella l’idea
di sparpagliare le opere dello stesso artista in più punti del museo.
Bella l’idea
del dialogo tra opere classiche, moderne e contemporanee.
Bella l’idea
di un’arte senza tempo.
Bella l’idea
di tirare fuori dai magazzini alcune pregevoli piccole opere sottovalutate.
Bella l’idea
di far respirare gli spazi senza affastellarli di opere.
Bella l’idea
di affastellare in un’unica sala e su un unico grande tavolo tanti mezzi busti
e piccole sculture in gesso, dotandole ognuna di una didascalia scritta a mano
come fosse una folla in protesta, non senza un nome.
Bella l’idea
d’illuminare i notturni di Scipione automaticamente solo quando arriva uno
spettatore, forse più per motivi di conservazione, che comunque non ne
vanificano la possibile allusività poetica.
NUOVI APPROCCI
Mi sono così ritrovato nuovamente a riflettere sulle inutili
e sterili polemiche che erano state fatte riguardo all’allestimento. Un
progetto museale che intende incoraggiare lo spettatore verso nuove prospettive
interpretative dell’arte e che io ho trovavo fin da subito assolutamente in
linea e al passo con le nuove concezioni d’esposizione delle collezioni d’arte
contemporanea un po’ in tutto il mondo. Mi viene così il forte sospetto che
queste critiche non vengano da reali esigenze idealiste di tradizionalisti o reazionari,
ma piuttosto da una polemica dettata da frustrazioni personali, quando non da
piccole invidie.
Prima di uscire dal museo non potevo non fare una veloce
visita alla libreria dove, inaspettatamente, ho trovato la nuova stilosa
edizione ristampata del libro di Fulvio Abbate Roma vista controvento. “Ma qui
ci sono pure io” mi sono detto, è così che ho avuto l’idea di lasciare
all’interno di ognuno dei due libri in esposizione un mio adesivo proprio tra
le pagine dove c’è il capitolo Lo sticker di Pino Boresta.
Poi al concerto dell’eccellente cantante non sono più
andato, non avevo incontrato nessuna compagnia giusta e ormai si era fatto
molto tardi e la vita di un artista è spesso più solitaria di quanto si
immagini, perché la solitudine è un misto di orgogliosa libertà e disperato
conforto.
Questo il cappello a cura della redazione:
L’artista Pino Boresta riflette sui nuovi
allestimenti della Galleria Nazionale di Roma voluti da Cristiana Collu e messi
in luce dalla mostra “Time is Out of Joint”.
In foto:
Due fotocomposizioni di Cristiana Collu (omaggio)
una con Dario Franceschini, un omaggio a Pier Paolo Pasolini, due foto esterno
ed interno del museo GNAM, Il libro di Fulvio Abbate.
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