Esserci
e scomparire
Cosa
esiste di più sperimentale che esserci, per poi sparire in mezzo a
tutte le altre centinaia di opere sparpagliate in ogni dove; sopra e
sotto a destra e sinistra di qua e di là, dentro e fuori e ovunque
sia possibile infilare qualcosa. Questo il destino degli artisti
italiani che hanno partecipato alla mostra nel padiglione Italia
della 54° Biennale di Venezia. Una kermesse che nonostante le
critiche o, forse, proprio grazie a queste, ha fatto il pienone,
almeno nei giorni del vernissage. Infatti, visto il così alto numero
di artisti, il successo di pubblico era probabilmente l’unica cosa
prevedibile. Del resto come si poteva far mancare la propria presenza
in un giorno così importante a tanti artisti che la biennale se la
sognano anche di notte proprio come me, e pensare che Vittorio mi
aveva pure telefonato ma dopo una breve chiacchierata mi ha detto che
non lo avevo convinto, che sia un buon segno?
Ora mi domando è
meglio la grande ammucchiata di Sgarbi o un padiglione Italia
assente? Ha chi ha veramente nociuto un pasticcio come quello di
Sgarbi? A quei due artisti che sarebbero stati invitati perché
appartenenti alla lobby dei soliti noti scelti al posto dei 300 (né
giovani né belli né forti) o alla credibilità della nostra arte
contemporanea nei confronti del mondo? Ma del resto chi ci dice che
la prossima volta non sia peggio? Per questo io non ne farei un
dramma ma proporrei Sgarbi santo subito: ha regalato un sogno a
centinaia di artisti e la speranza ad altri migliaia, e in tutto
questo non ci sarebbe niente di male se non fosse la stessa legge
della natura a insegnarci che la specie non migliora senza selezione,
e madre-natura sceglie realmente i migliori e in genere non sbaglia.
Chi ama le statistiche sottolinea i numeri e le cifre vincenti di
questa Biennale che il personaggio mediatico Vittorio Sgarbi ha
contributo a migliorare, ma ora la palla (avvelenata?) passa ai
prossimi curatori della 55° Biennale con la speranza che sappiano
approfittare di tutta questa aumentata popolarità dimostrandoci che
“L’arte
non è cosa nostra”.
Pubblicato
su; "Juliet"
n. 157 April – May 2012
In
foto: Due momenti della performance del cantante del complesso “Elio
e le storie tese”durante il vernissage del Padiglione Italiano
della 55° Biennale di Venezia, Foto opera composizione del manifesto
del Padiglione Italiano.
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