L’inattuale
Marco
Senaldi ha scritto:
“L’arte o manifesta una coscienza critica, o non è. Un’arte
non critica non produrrebbe nuovi modi di pensare e di vedere, si
limiterebbe ad avvallare l’esistente e non sarebbe arte.”
Questo
vale a mio modo di vedere anche quando la critica è rivolta verso se
stessa, pertanto una lotta diretta e continua verso il sistema non
incarna la solita sterile lamentela, non rappresenta la solita
rivendicazione sociale e non vuole essere un’opera di persuasione,
ma in alcuni casi un reale lavoro d’arte. Io credo che per generare
il nuovo c’è bisogno di coraggio e voglia di rischiare, gridando
al mondo intero i propri intenti. C’è bisogno di un vento
d’innovazione per rendere più vivi e veri i luoghi dell’arte. Ci
vogliono delle impresa e delle azioni indispensabili e necessarie per
correggere un sistema e un mondo dove tutto e terribilmente piatto,
scontato, prevedibile e codificato. È giunta l’ora di riconoscere
il valore e la diversità di chi si impone fuori dagli schemi contro
le leggi codificate del sistema, in forme ed espressioni
intellettuali inaspettate, bisogna imparare a conoscerle e a
riconoscerle senza aver paura di apprezzarle fino in fondo per quelle
che sono e cioè un salto di qualità rispetto a tante altre forme
d’arte alquanto ingessate e stantie. Marcel Duchamp l’ha scritto
“Il
grande artista di domani sarà nella clandestinità”
e se lo diceva lui che un pizzico di intuito in queste cose credo gli
vada riconosciuto qualcosa di vero dovrà pur esserci, non credete?
Infatti, in alcuni casi non essere assorbiti dall’establishment
culturale può risultare utile per testare le capacità, il valore e
la combattività di un vero artista che spesso è proprio
nell’ostracismo e nelle condizioni a lui avverse che trova la forza
di superare ogni tipo di difficoltà.
Questo perché essere relegato
e stare ai margini del sistema piuttosto che essere confusi tra la
massa uniforme e molteplice degli omologati, allineati e ben coperti
del sistema aiuta in alcuni casi a stimolare l’ingegno e la
fantasia. C’è anche chi trova tutto questo inattuale, ma pare che
sia un complimento visto che c’è chi ha scritto dell’opera di
Alighiero: “Il
concettualismo di Boetti non è modernista né postmoderno è
inattuale”. Per
cui come dice John Fante “Fallire
può essere positivo. Non è una di quelle cose che ti distruggono,
ma ti ispirano, spingendoti a continuare. Il fallimento è una sfida
a continuare. In un campo in cui gli strumenti sono carta e penna
cosa c’è da perdere? Mi piace perdere. C’è sempre da imparare.”
Pubblicato
su; "Juliet" n. 152 April – May 2011
In
foto: Foto composizione Marco Senaldi, Foto composizione Alighiero Boetti.
Nessun commento:
Posta un commento