lunedì 27 gennaio 2025

Indice

INDICE DI TUTTE LE PUBBLICAZIONI 

del mio progetto a Roma nel 2021 “Il BORESTA CHE NON TI ASPETTI” 









Sono qui riportati tutti i contributi editoriali, pubblicazioni, interviste, testi e comunicati riguardanti l’evento-mostra “Il BORESTA CHE NON TI ASPETTI” e performance “Serve! Boresta”

Arista: Pino Boresta

Curatore: Raffaele Gavarro

Gallerista: Paola Valori

Sede: Micro|Arti Visive, viale Mazzini 1 – 00195 Roma

Crediti fotografici: Martina Mettimano, Sara Verecchia, Tiziana Novena, Giorgio Benni, Zeno Colantoni, Vanessa Alessi.






Ciclo di mostre “Il boresta che non ti aspetti”

Primo episodio “BORESTA A SERVIZIO” con performance “Serve! Boresta”.

Unfolding

Stefania Vaghi:

-  Atto 1° “Serve! Boresta” (4 pranzi al buio). 06/03/2021

-  Atto 2° “Serve!Boresta” (4 pranzi al buio). 15/03/2021

-  Atto 3° “Serve!Boresta” (4 pranzi al buio). 07/05/2021

-  Atto 4° “Serve! Boresta” (4 pranzi al buio). 23/05/2021

- Intervista “L’artista che non ti aspetti” (Poliedrico). 26/03/2021

Chiara Sticca:

-  “Trenta anni di arte e vita” (Inedito). 03/03/2021


Corriere della sera

Lilli Garrone:

-  “Fronte Retro” (tovaglioli-quadri). 05/03/2021

 

Il Messaggero

Lucilla Quaglia:

-  “L’artista diventacameriere” (banchetto in galleria). 06/03/2021

 

Comunicato stampa pubblicato su varie testate online e cartacee

Paola Valori:

- “Il Boresta che non ti aspetti” (6 episodi in 6 mesi). 26/03/2021

 

Artribune

Gaia Bobo:

- “Un ‘inaspettato’ Pino Boresta (sperimentatore eclettico). 23/12/2020

Massimiliano Tonelli:

- “Il mitico artista Pino Boresta” (artista dal profilo irregolare e irriverente). 12/03/2021

 

MICRO

Martina Mettimano:

- “Lui la nuova avanguardia?” (spogliarsi dalle convenzioni). 20/02/2021

Patrizia Massimi:

- “Riflessioni su un outsider” (azioni quotidiane). 20/02/2021

Francesca Bisogni:

- “Arte a tavola” (boresta serve). 11/03/2021


 

Palcoevisioni

Paola Valori:

- Intervista “A pranzo in galleria” (pasto al buio). 28/06/2021



Evento all’interno del Primo episodio “Fai la tua domanda”.

MICRO

Paola Valori:

“FAVELLI - BORESTA” (Fai la tua domanda). 10/04/2021


Blog Libero

Dizzly:

- “Artisti Di-spiegati” (as-servire l’arte”). 19/04/2021

 

Evento all’interno del Primo episodio “Riffa! Boresta”.

Wordpress

Paola Valori:

- “Boresta dà i numeri” (pezzi unici). 13/05/2021


Secondo episodio “IL CORPO DI BORESTA” con performance “Una ciocca di capelli per Boresta”.

Comunicato stampa pubblicato su varie testate online e cartacee

Paola Valori:

- “Il corpo di Boresta” (fuori le righe). 27/05/2021

 

Binrome

Leonardo Rossi:

- “Attraverso il corpo” (con piglio ossessivo). 26/05/2021

 

Palcoevisioni

Sabrina Mammarella Tosè:

- “Messaggio visivo” (Informe e disturbante). 01/06/2021

 

 

“Serve! Boresta” Atto 1°

06/03/2021

Al Micro Il Venerdì Tra Arte E Cibo è Serve! Boresta: Alla galleria di Viale Mazzini la performance tra arte e cibo di Pino Boresta, il primo di quattro appuntamenti di marzo di #apranzoingalleria



Ogni venerdì di marzo al Micro di Viale Mazzini, andranno in scena le performance dell’eclettico artista Pino Boresta, il quale, in veste di vero e proprio cameriere – da qui il titolo “Serve! Boresta” - servirà il pranzo a quattro personaggi del mondo dell’arte e della cultura, estratti a sorte per l’occasione.

Un vero e proprio “appuntamento al buio”, dove i commensali, che avranno preventivamente ricevuto un invito cartaceo nominativo al proprio indirizzo, scopriranno gli altri partecipanti solo al cospetto dell’artista La performance è inserita nel ciclo di mostre “Il Boresta che non ti aspetti”, curate del critico e curatore Raffaele Gavarro, che sono iniziate lo scorso 2 marzo e termineranno il 30 novembre 2021.

Il pranzo preparato dalla chef Maura Pierangelini, sarà un viaggio sensoriale accompagnato dal sommelier Ettore Aimi e dagli allestimenti della floral designer Marilyn Floral Art. L'evento è a porte chiuse e il pubblico potrà seguire l’evento in diretta Facebook, al termine del pranzo performativo i tovaglioli degli ospiti diverranno, a loro volta, delle opere d'arte firmate da Pino Boresta.

Abbiamo assistito alla prima puntata di questo nuovo format #apranzoingalleria che ha unito arte e cibo, alla quale hanno partecipato: Cecilia Casorati, Direttrice Accademia delle Belle Arti di Roma, Ludovico Pratesi critico e curatore d’arte, Cesare Biasini Selvaggi Direttore Editoriale di Exibart e Tiziana Novena, stilista di moda e moglie dell’artista.

Una performance nuova e originale di cui abbiamo chiesto maggiori informazioni a Paola Valori, fondatrice di Micro:

“E’ un’idea nata da Pino Boresta, una performance vera e propria, in un momento come questo, dove bisogna essere attenti a tutto, agli ingressi contingentati, alle distanze, è un modo per far visitare la mostra a personaggi del settore, in intimità, in tranquillità, facendoli mangiare, la cosa carina ed originalissima è la formula dell’appuntamento al buio, nessuno dei commensali sa chi sarà l’altro, perché vengono estratti a sorte. Questo è lo spirito di tutto l’evento che oggi è alla sua prima data, del ciclo di quattro, e siamo tutti molto emozionati! Il connubio arte e cibo funziona sempre, perché il cibo è arte, è convivialità, è un modo alternativo di vedere la mostra e di vedere Pino Boresta all’opera, perché alla fine del pranzo Pino trasformerà i tovaglioli, che diventeranno delle opere d’arte.”

Abbiamo chiesto direttamente a Pino Boresta di questa sua performance, visto che a Londra negli anni ’80, l’artista ha fatto veramente il cameriere (una sua divisa è esposta all’interno del Micro):

“Per me è un flashback, dal 1986 fino al 1991 per lunghi periodi sono stato a Londra e ho cominciato a fare dei lavori sui tovaglioli che trovavo negli hotel, nei club, nei ristoranti dove lavoravo, perché le tele erano molto costose, così come i colori. Ho cominciato con queste serie di tovaglioli che ho continuato anche quando sono tornato a Roma. Facendo questa mostra ho pensato che potesse essere una buona idea fare una performance con i tovaglioli. Molto spesso, durante le mie mostre, faccio azioni e performance artistiche. Allora ho pensato di invitare quattro personaggi del mondo dell’arte e della cultura, in questo momento, causa Covid, solo romani, ma mi piacerebbe allargare gli inviti a tutta Italia. Gli inviti sono stati fatti in maniera cartacea, personale, nominativa, con consegna a casa, non in via digitale, con il famoso RSVP. Alla fine del pranzo, invece, “ruberò” i tovaglioli dei commensali che diventeranno altrettante opere, ma non vi voglio svelare nulla in anticipo”.

La prima ad arrivare è stata Cecilia Casorati, Direttrice dell’Accademia delle Belle Arti di Roma, dallo scorso novembre, a cui rivolgo alcune domande.

Quant’è importante la gestione di una donna nell’arte ed in particolare nell’Accademia di Belle Arti di Roma?

Credo che sia importante che in qualche modo ci siano delle donne che ricoprono ruoli di comando e responsabilità, perché bisogna prescindere dal sesso, e guardare anche e, soprattutto, alle qualità. Le donne penso abbiano una sensibilità diversa, spesso sembra che ci manchi la praticità ma, in realtà, siamo molto capaci di avere un’idea organizzativa vincente. Poi per il settore nel quale lavoro, ora che sono anch’io organizzativa e razionale, mi piace l’idea che l’arte debba andare contro un metodo, questo è fondamentale per dirigere un’Accademia, ovviamente non andare contro le regole, bensì contro il metodo.

L’Accademia, in questo momento, svolge attività in presenza?

Io ho iniziato a novembre, e abbiamo subito aperto i laboratori in presenza, ovviamente contingentata, è impossibile pensare di sostituire tutto con la didattica a distanza, bisogna aiutare gli studenti a fare esperienza, l’arte è esperienza. Ora abbiamo parecchi laboratori aperti, facciamo il possibile, e poi tante iniziative a supporto, tentando di farli riflettere di più…

C’è un connubio stretto tra cibo ed arte?

È una combinazione che attraversa i secoli, resta sempre qualcosa da guardare, di fronte al quale essere stimolati. Ci sono opere talmente ben fatte che sono praticamente uguali al reale e fanno venire voglia di mangiare. Il bello poi nella contemporaneità è che il cibo diventa presenza, trasformazione, il rapporto vero con il cibo che qui ritroviamo al pieno ed è un’esperienza da fare assolutamente, non solo da guardare.

Gli altri due ospiti Ludovico Pratesi e Cesare Biasini Selvaggi, arrivati nel frattempo, decidono di fare una dichiarazione al termine della performance. La performance di Pino Boresta è stata accompagnato dal menu, creato per l’occasione, dalla Chef “a domicilio” Maura Pierangelini: si inizia con un crostone di pane nero con ricotta di bufala e scarola alla mediterranea, per proseguire con una zuppa di ceci e zucca con funghi porcini, poi insalata di radicchio, gruyère e noci e, per terminare, panna cotta alla crema di castagne. A questo goloso e sfizioso menù il sommelier Ettore Aimi ha abbinato per le prime tre portate un Pecorino d’Abruzzo dell’azienda Barone Valforte, mentre per il dolce ha scelto un Moscato d’Alessandria, dell’azienda Kabir, Isola di Pantelleria. Scelta fatta per essere perfettamente in equilibrio con l’abbinamento cibo/vino. È un’arte anche degustare un buon vino… Le decorazioni floreali della tavola sono state affidate a Marzia Taurino di Marilyn Floral Art che ha scelto dei fiori molto eclettici e dai colori vivaci, insoliti e tropicali, come l’australiano Anigozanthos e delle orchidee, ispirandosi alle opere e all’arte di Pino Boresta.

Al termine della performance abbiamo chiesto delle impressioni “a caldo” al critico e curatore d’arte Ludovico Pratesi:

“Impressioni eccellente, sia per il pranzo che per i commensali, un’idea molto creativa, Pino ha fatto un’azione nel suo stile, ho avuto il piacere di conoscere anche la gallerista, che non conoscevo, molto carina. Veramente un’idea molto molto ben congeniata, ottima energia”.

Mentre ha dichiarato Cesare Biasini Selvaggi, Direttore Editoriale di Exibart:

“Un’impressione molto positiva, io non ero sicuro che fosse un “pranzo reale”, trattandosi di un artista come Pino Boresta per me poteva essere un qualcosa di assolutamente diverso, con un approccio performativo differente. Poi il format dell’appuntamento al buio, senza sapere chi fossero gli altri commensali, mi è molto piaciuto. In realtà poi noi ci conosciamo tutti, perché il nostro mondo è un ‘microcosmo’, però la cosa interessante, che abbiamo appurato alla fine, che mi ha fatto molto piacere, è che siamo stati sorteggiati. E che la sorte abbia fatto incontrare, in un periodo storico come questo, particolare, nel quale non ci si incontra, persone che non vedevo da molto tempo o, che non avevo mai visto, ma che conoscevo di firma, come Cecilia Casorati, è stato un incontro imprevisto e come tutte gli incontri imprevisti, è risultano essere il migliore.”















I quattro tovaglioli, firmati artisticamente dai quattro commensali e dall’artista, ora fanno parte delle opere geniali di Pino Boresta. Prossimo appuntamento venerdì 12 marzo con una nuova puntata di #apranzoingalleria al Micro.

 Stefania Vaghi


Pubblicato su Unfolding:


Qui il video di questo primo pranzo ed appuntamento:

“Serve! Boresta” Atto 2°

15/03/2021

Al Micro Il Secondo Appuntamento Di Serve! Boresta Al Micro Arti Visive la seconda puntata dell'evento che vede protagonista Pino Boresta e personaggi del mondo dell'arte e della cultura romani.











Al Micro di Paola Valori è andata in scena la seconda puntata di #apranzoingalleria, evento di marzo inserito nel ciclo di performance de “Il Boresta che non ti aspetti”, una sei mesi dedicata a Pino Boresta, artista assolutamente outsider nel panorama dell’arte contemporanea nazionale ed internazionale.

Al secondo appuntamento schedulato prima dell’ennesimo lockdown di questa infinita pandemia, hanno partecipato quattro esponenti di spicco dell’arte contemporanea italiana ed internazionale: Daniela Lancioni, curatrice per il Palazzo delle Esposizioni, Antonio Arévalo, curatore e poeta cileno, Adriana Polveroni giornalista e curatrice d’arte (direttrice artistica di ArtVerona e Arte in Nuvola) e Raffaele Gavarro, critico, curatore della mostra di Pino Boresta, nonché docente all’Accademia di Belle Arti.

A deliziare i palati dei commensali, come d’abitudine, la chef a domicilio Maura Pierangelini, che per questo secondo appuntamento ha preparato: crumble di verdure con mousse allo yogurt, lasagnetta ai carciofi e provola su crema al parmigiano, perline ai funghi in insalata e per finire tortino al vino rosso e lamponi.

Il sommelier Ettore Aimi ha abbinato alle pietanze un Franciacorta Berlucchi 61 Saten, un vino estremamente setoso ed elegante, abbinato alla lasagna e alle perline un Chianti Colli Senesi Al Canapo (Azienda Bindi Sergardi) – da sottolineare che il canapo è la fune con cui si da il via al Palio di Siena, e per il dolce un Recioto della Valpolicella (Azienda Accordini).

Affidate a Marilyn Floral Art, le decorazioni della tavola e degli interni che anche per questo secondo episodio, hanno scelto tonalità accese, forti contrasti e texture floreali differenti. Anemoni, i grandi Ranuncoli "Clone" ed un fiore Asiatico simile ad un corallo, la "Jatropha", i protagonisti dei centrotavola.


Abbiamo chiesto a Paola Valori la scelta dei commensali di questa seconda puntata:

“ho voluto una chiave di lettura differente, ci piace l’idea di cambiare ogni volta. I quattro commensali stavolta vengono non solo da realtà culturali romane di prim’ordine ma anche dall’estero, un tavolo molto intrigante, per avere degli elementi di conversazione sempre nuovi e differenti, che possano creare interesse anche durante la diretta dell’evento sui social.”

Abbiamo subito voluto chiedere delle notizie aggiuntive a Raffaele Gavarro, oggi in doppia veste di curatore della mostra di Pino Boresta e di commensale.

Un percorso espositivo lungo addirittura sei mesi, come nasce questa idea?

È un’idea folle, ma non per questo periodo, che mi sembra folle per altre ragioni… per cui assolutamente plausibile come follia. L’idea nasce perché il percorso artistico di Pino Boresta è talmente complesso, lungo e articolato, attraverso varie modalità espressive, che ogni volta è come presentare un artista diverso, fondamentalmente. Era anche interessante mettere alla prova lo spazio espositivo e l’idea stessa del mercato dell’arte rispetto ad un artista che ha avuto così tanti aspetti, tante forme, tanti linguaggi. Volevo vedere come rispondeva il pubblico ad una situazione così inedita, sia l’artista che la modalità espositiva sono totalmente fuori da “ogni regola”.

Passiamo poi ad Antonio Arévalo, curatore d’arte ed affermato poeta cileno, che ha al suo attivo ben sei volumi di poesie e da ultimo una raccolta antologica, che è andata subito esaurita.

La sua attività creativa ha risentito del lockdown forzato?

Esattamente l’opposto, ho iniziato a scrivere delle cronache che pubblico una volta al mese sul Wall Street International Magazine e da ultimo ho iniziato un nuovo lavoro. Ho preso oltre mille tra selfie e fotografie dal 1975 ad oggi, per cui ho dovuto rintracciare mille nomi e mille luoghi, un lavoro pandemico, che è pubblicato interamente da ieri sui miei social Instagram, Facebook e Twitter. Io sono un profugo che è arrivato in Italia quando avevo 16 anni ed è per questo che sono stato chiamato dal regista a Nanni Moretti a fare il testimonial del suo documentario “Santiago, Italia”.

Che cosa ne pensa di questa iniziativa #apranzoingalleria?

Io sono un curatore abbastanza anomalo, per cui sono fortemente interessato a queste iniziative di arte contemporanea non “classiche”. Adoro e gioco molto con i pranzi e le cene con delitto. Alla Biennale di Venezia, ho fatto fare a 26 artisti un autoritratto che poi ho messo su un mio unico manifesto con il quale è stata tappezzata tutta la manifestazione. Per cui questo appuntamento “mi solletica molto”!

Passo quindi a Daniela Lancioni, curatrice senior dell’Azienda Speciale Palaexpo (Palazzo delle Esposizioni).

La cultura è uno dei settori più penalizzati, come tanti altri, dalla pandemia, come lo affrontate voi che siete in grandi spazi espositivi, e che lavorate con grandi realtà artistiche?

Sicuramente la cultura è un ambito molto penalizzato, ma è tutto penalizzato in questo momento. Bisognerebbe parlare, ognuno per il proprio ambito di azione, con la coscienza che è un male molto generalizzato. Noi abbiamo continuato a lavorare in maniera indefessa, abbiamo cercato, in piccola misura, durante il lockdown, di produrre dei prodotti, non solo contenuti di comunicazioni, delle piccole “cose”, che avessero una loro completezza, per dare lavoro a tutti, anche alla filiera dell’indotto. L’importante è continuare a lavorare con la stessa profondità, riconoscendo ai critici, agli artisti e ai curatori quello che gli spetterebbe in un periodo normale, o almeno provarci per non sminuire l’intensità del prodotto. Questa è stata la nostra piccola strategia, certo a breve termine, speriamo di ripartire quanto prima. Noi ci occupiamo di arti visive, come il teatro e il cinema, senza la presenza ha poco senso. La cultura è un rituale di creazione di comunità a tutti gli effetti, non bisogna dimenticarlo

Cosa ne pensa di questo connubio di arte intorno ad un tavolo?

Questo lo devo ancora sperimentare, l’idea mi sembra molto bella. Ho una piccola fissazione per i luoghi espositivi che debbano assomigliare in qualche modo ad una casa, ad uno stare insieme; quindi, mi sento particolarmente a mio agio. Le opere proposte in mostra sono molto interessanti, una pittura figurativa anche molto intensa, che precede il periodo per cui conosceva già Boresta. Un ottimo lavoro dell’artista e del curatore Raffaele Gavarro.

Abbiamo rubato una battuta finale ad Adriana Polveroni, al termine della performance di Serve! Boresta:

“Forse non è la prima volta che partecipo ad un evento così congeniato, ma è la prima volta in una versione così ristretta, con amici. Quindi è stato un tavolo molto interessante, divertente ed affettuoso, qualità che in questo momento apprezziamo particolarmente, così come l’ottimo cibo e il vino eccellente.”

Aspettiamo con ansia il prossimo appuntamento, quando sarà possibile riorganizzarne, al momento siamo tutti in balia delle nuances dei colori che il Governo sceglie per noi e che condizionano la nostra vita!

Stefania Vaghi


Pubblicato su Unfolding:


Qui il video di questo secondo pranzo ed appuntamento:

“Serve! Boresta” Atto 3°

07/05/2021

Ritorna L’appuntamento Al Micro Con Serve! Boresta Alla Galleria di Viale Mazzini il terzo appuntamento con l'artista Pino Boresta in una insolita veste, tra arte, cibo e cultura.


Finalmente la tanto anelata zona gialla ci permette di ripartire con mostre ed appuntamenti nelle gallerie di Roma. Al Micro di Viale Mazzini torna Serve Boresta! L’appuntamento “intorno ad un tavolo” tra arte, cultura e buon cibo del vulcanico artista Pino Boresta magistralmente orchestrato dalla gallerista Paola Valori e dal poliedrico curatore Raffaele Gavarro.

Ospiti in questo terzo incontro: Beatrice Bertini (curatrice e storica dell'arte), Valentina Ciarallo (storica dell'arte e docente allo IED), Claudio Libero Pisano (docente dell'Accademia delle Belle Arti di Roma) e Carlo Alberto Bucci (Giornalista).


Ormai consolidata la presenza della chef “a domicilio” Maura Pierangelini, che ha preparato un menù gustoso e colorato, in linea con i sapori della stagione: insalata di fave, menta e pomodorini confit; crêpes agli asparagi; uova di quaglia insalata di fagiolini alla senape; millefoglie scomposto alle fragole.

Ad un menù così articolato ha risposto una tris di vini scelti appositamente dal sommelier Ettore Aimi che ha proposto in degustazione: un Sauvignon Turranio Bosco del Merlo, un Trebbiano Barone Valforte e, per il dolce, un Moscato d'Asti La Serra Marchesi di Gresy.















Come sempre particolarmente curato l’allestimento della tavola con le splendide creazioni di Marilyn Floral Art, che in questa occasione ha voluto omaggiare la stagione delle peonie, scegliendone una particolare tipologia, grande e variopinta, la “Coral”, abbinandola ad Ortensie, alla Ixia, un fiore tipicamente africano e a foglie di Eucalipto

Abbiamo voluto, come d’abitudine scambiare un paio di battute con i quattro commensali per avere le loro impressioni, su questo appuntamento insolito e particolare, che ad ogni puntata diventa un vero e proprio un mix and match culturale tra i commensali .










Iniziamo subito con il giornalista Carlo Alberto Bucci:

Sono venuto assolutamente “al buio”, senza sapere chi fossero gli altri commensali che poi, invece, conoscevo tutti! Conoscevo Pino Boresta per i suoi interventi e i suoi volti attaccati in giro per la Capitale, un po' un precursore della Sticker Art. Quanto Raffaele Gavarro mi ha chiesto di partecipare mi è sembrata un’ottima situazione per venire a conoscere personalmente l’artista e vedere questa sua mostra personale. Sono giornalista ma in passato sono stato storico dell’arte, ho mantenuto la passione per le arti visive.

Passo poi a Claudio Libero Pisano, conosceva già l’artista, cosa ne pensa di questo appuntamento che mescola cibo, arte e cultura?

Conoscevo già Pino Boresta da anni e conoscevo il progetto perché conosco Raffaele Gavarro, che lo segue. Trovo estremamente interessante la formula del pranzo con chi non conosco, anche se io oggi conosco tutti. Trovo che la cucina abbia un ruolo non banale, non solo per i trascorsi da cameriere di Boresta, ma perché la buona cucina è dispendio di energia e trovo geniale l’idea che tutto sia legato alla storia di questi lavori che sono realizzati su tovaglioli.

Arte, cultura, hanno avuto un momento di stop, ma la creatività non si è mai fermata, la cultura è il fiore all’occhiello del nostro Paese, si può vivere senza?

La cultura almeno per noi è essenziale, qualcuno aveva detto “con la cultura non si mangia” (frase poco felice dell’allora ministro Tremonti, ndr.). Io posso dirti che con la cultura si respira, lo dico sempre, prima di mangiare bisogna poter respirare. Con la cultura non si fanno soldi, sulla cultura bisogna investire, così come sulla sanità, non si fanno profitti, questo è quello che penso. Di questo momento storico, di questa pandemia ne potremmo parlare liberamente tra qualche anno, vedo che gli artisti hanno cambiato il loro modo di creare, perché i momenti di forte crisi producono grande creatività. Come diceva Orson Wells “In Italia per trenta anni sotto i Borgia ci sono stati guerra, terrore, criminalità, spargimenti di sangue. Ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo, il Rinascimento. In Svizzera vivevano in amore fraterno, avevano cinquecento anni di pace e democrazia. E cosa hanno prodotto? L’orologio a cucù!” – senza togliere nulla alla Svizzera che adoro, in effetti nei momenti di grande crisi l’arte è quella che ti da un’altra possibilità di visione, oltre quello che puoi vedere con i tuoi occhi. Gli artisti stanno lì per questo, un passo sempre avanti a noi comuni mortali.

Quello di oggi non è un semplice pranzo ma un discorso a tuttotondo sulla creatività, l’artista ci invita a guardare oltre le sue opere a muro.

Al termine del pranzo-performance scambio due battute con Valentina Ciarallo per sapere cosa ne pensa di questo nuovo format, per lei assolutamente nuovo.

È la prima volta che effettivamente partecipo ad un evento così strutturato. Amo molto le fusioni tra diversi linguaggi, quindi l’associare arte e cibo, come arte e moda e arte e design, superare, quindi, i confini del “sistema arte” è sempre molto interessante e stimolante.

Conosceva già Pino Boresta?

Sì, ma non in maniera approfondita, ho apprezzato molto l’installazione creata appositamente per l’occasione, una vera e proprio quadreria di tovaglioli, nel quale è evidente una serialità ma nell’unicità della singola opera.

Una battuta e una riflessione anche con Beatrice Bertini.

Cosa ne pensa di questo incontro, di questo connubio arte, cultura, cibo e se conosceva già l’artista?

Si conoscevo benissimo Pino Boresta, ho accettato entusiasta subito l’invito dell’artista, anche perché penso che sia uno degli agitatori culturali della città, e gli va assolutamente riconosciuto questo credito e questo tributo.

Ho incontrato queste sue opere che coinvolgono, super colorate, oltre all’invito inconsueto trovo che l’ambiente sia vivace, pieno di stimoli. Ho declinato la questione a livello d’incontro con persone che conosco, amici con cui non mi capitava da tempo di stare in una situazione di piacevole intimità.

Io sono un po' femminista, sostengo che, durante la pandemia, le donne hanno un po’ fatto “la fine del sorcio”, abbiamo prestato un servizio assoluto all’interno della famiglia, con i parenti, con il lavoro... L’idea di mettersi a tavola e trovare qualcuno che si occupa di te è stato bellissimo, qualcosa di unico!















Interviene Valentina Ciarallo: “Guardando i tovaglioli di Pino Boresta potremmo dire che i ritratti femminili ricordano la Marcella (Marzella) di Ernst Ludwig Kirchner, noi potremmo essere le Marcelle attuali.” Ribatte Beatrice Bertini: “In effetti noi tutte siamo un po' la Marcella di Kirchner, un po' disperate ed a un passo dalla nevrosi. Nel confronto con le donne ho sentito una grande vicinanza durante la pandemia, di tutte quelle professioniste, che sono dovute ripiombare in ruoli sociali un po' dimenticati o accantonati, abbiamo anche riscoperto delle dinamiche umane, anche e, soprattutto, con i figli. Tutto questo da un valore maggiore al nostro “risveglio”.

Stefania Vaghi


Pubblicato su Unfolding:


Qui il video di questo terzo pranzo ed appuntamento:

“Serve! Boresta” Atto 4°

 23/05/2021

Al Micro L’ultimo Appuntamento Di Serve Boresta: L'artista Pino Boresta nel quarto e ultimo appuntamento del ciclo che lo ha visto protagonista in una insolita veste.


















Si è chiuso il ciclo dei quattro appuntamenti al Micro di Paola Valori di “Serve! Boresta”, un format innovativo che ha visto il connubio di arte, cibo e cultura.

Appuntamenti intorno ad un tavolo, nel senso fisico e letterale del termine, che hanno visto protagonisti, insieme all’artista Pino Boresta, personaggi illustri del mondo dell’arte e della cultura del panorama romano.

Serve! Boresta è inserito nel più ampio progetto espositivo della personale “Il Boresta che non ti aspetti” partito lo scorso 2 marzo e che terminerà il prossimo 30 novembre 2021.















A questa ultima puntata hanno partecipato Ivan Barlafante artista e membro dell’Archivio Fabio Mauri, Francesco Impellizzeri artista e membro dell’Archivio Accardi Sanfilippo e Liliana Maniero curatrice e gallerista romana di lungo corso. Proprio perché il leitmotiv è Il Boresta che non ti aspetti, in questo appuntamento conclusivo il vulcanico e poliedrico artista si è presentato in una triplice veste: quella primaria di artista e creativo, di cameriere e stavolta, a sorpresa, di commensale, lasciando tutti senza parole!

Per quest’ultimo appuntamento la chef Maura Pierangelini ha deliziato i presenti con un menù fresco e tipicamente estivo: insalata di melone con pancetta affumicata, pappa al pomodoro con salsa al basilico, parmigiana fredda e tartella di mandorle alla frutta.

Al menù, come sempre, è stata abbinata una degustazione di vini, a cura del sommelier Ettore Aimi in collaborazione con www.winegoshop.it (http://www.winegoshop.it/) che ha scelto un Vermentino Le Gessaie di Le Sode di Sant’Angelo, Quattro Chiacchiere a Oltrepoggio, e un Passito Diamante Terre Siciliane.

Le decorazioni floreali a cura di Marilyn Floral Art questa volta hanno scelto elementi floreali dalle linee leggere e stilizzate, come a voler dipingere con i fiori, protagonista la Gloriosa, fiore australiano, la Craspedia gialla e piccoli rami di bambù.

Quest’ultimo appuntamento è trascorso tra racconti e aneddoti tra i commensali, soprattutto tra i tre artisti che condividono anche un’amicizia di lunga data.

Ivan Barlafante racconta addirittura di un episodio accaduto nel lontano 1995. Tornando verso Roma, insieme a Carolyn Christov-Bakargiev e ad un altro artista, dopo aver partecipato alla mostra collettiva Incantesimi che aveva coinvolto tutto il borgo di Bomarzo, curata da Simonetta Lux, Carolyn si è così espressa, parlando con Ivan “ma se tu vivi a Roma devi frequentare gli artisti romani, devi conoscere assolutamente Pino Boresta, è un artista che ha la stessa genialità di Pino Pascali”, affermazione che ha lasciato l’artista assolutamente senza parole.















Come sempre chiedo ai commensali le loro impressioni su questo appuntamento unico ed originale che spazia tra arte, cibo e cultura e sulla loro conoscenza dell’artista in mostra.

Inizio con Francesco Impellizzeri.

“Cibo e arte? Lo trovo un appuntamento assolutamente di grande attualità. Conosco benissimo le performance di Pino Boresta, lo conosco dall’inizio dal 1990-93, ci siamo conosciuti e trovati nel percorso performativo. Abbiamo fatto insieme anche il Progetto Oreste. E ho seguito tutte le sue raccolte tra unghie e capelli, partecipando anche. Lo stimo in maniera assoluta.

È responsabile dell’Archivio Accardi Sanfilippo, le attività stanno riprendendo, la cultura sta ripartendo?

L’attività dell’archivio di cui faccio parte non si è mai fermata, non ne ha risentito, tranne che per il prolungamento delle esposizioni che erano in atto o che erano già state schedulate, i cataloghi hanno sopperito alla mancanza della presenza.

Avete avuto eventi online e sul web. La cultura e l’arte possono avere vita autonoma sul web?

Il web è un mezzo, ma non è quello che non può sostituire la presenza. Io questa mostra “Il Boresta che non ti aspetti” l’ho vista online, perché non sono riuscito a passare prima per i molteplici impegni. L’online è un mezzo di diffusione, un po' com’erano prima i giornali cartacei. Una mostra vista solo sul web “non regge”. Io ho studiato pittura, io devo vedere da vicino la pennellata per capire l’artista, il suo stile personale. Un’opera deve farti vibrare, non basta una semplice immagine da uno schermo. Il web serve per informare, questo sì. La ricezione dell’arte deve essere vis a vis.”



Passo poi alla seconda ospite, Lilliana Maniero.

Conoscevo Pino Boresta e l’ho seguito nel tempo, ma non così bene. Mi ha fatto molto piacere ricevere questo invito che considero molto particolare, accompagnato da un pranzo eccezionale.

Lei è curatrice e nota gallerista, la cultura ha subito una battuta d’arresto, sta riprendendo e come?

Sono stata una gallerista che ho fatto quello che ritenevo interessante fare, ho sempre sostenuto gli artisti che mi piacevano. Le idee non si fermano mai è la pratica delle cose che è cambiata, stiamo vivendo un momento dove la pratica finanziaria è a farla da padrona. Il momento è un po' diverso, bisogna capire e capirlo, si parla più di economia e di finanza dell’arte che di arte nel senso stretto della parola.

L’arte sul web, funziona, ha lo stesso impatto sullo spettatore?

No per me non è la stessa cosa assolutamente, l’arte va vista dal vivo, va conosciuto, possibilmente, anche l’artista perché ti da altre emozioni, oltre ad aver visto le sue opere. Però il web serve, è un veicolo di pubblicizzazione, bisogna utilizzarlo al meglio, a regola d’arte.

Strappo una dichiarazione finale anche ad Ivan Barlafante membro Archivio Fabio Mauri.

Ho partecipato ad un evento simile, a grandi linee (la performance “Il Tavolo dell’Alleanza di Daniela Papadia al Carcere di Rebibbia), ringrazio tantissimo Pino dell’invito di oggi, di avermi reso partecipe in questo momento di “pacificazione” di un percorso personale in cui riespone dei lavori vecchi, con la pertinenza di chi non è mai uscito da una linea di ricerca e di pensiero. Sono molto contento e lieto di essere stato a questo evento di Pino Boresta.

 “Il Boresta che non ti aspetti”, continuerà con altre puntate, la mostra è visitabile gratuitamente, ad ingresso contingentato dal lunedì al venerdì dalle 15.30 alle 19.30 al Micro di Viale Mazzini 1 a Roma.

Stefania Vaghi 


Pubblicato su Unfolding:


Qui il video di questo quarto pranzo ed appuntamento:

Un artista che non ti aspetti

26/03/2021

Pino Boresta L’artista Che Non Ti Aspetti Eclettico e poliedrico artista, outsider del mondo dell'arte contemporanea, in un'intervista per la sua personale "Il Boresta che non ti aspetti" al Micro di Roma, fino al prossimo novembre.
















Ho avuto il piacere di conoscere personalmente Pino Boresta, artista eclettico e vulcanico, in mostra al Micro di Paola Valori, con la personale “Il Boresta che non ti aspetti!”, fino al prossimo novembre, sei mesi non solo di mostra, di performance e di appuntamenti, che lo vedono anche in veste di artista-cameriere speciale in “Serve! Boresta”, ho voluto tempestarlo di domande sulla sua arte, sul suo percorso artistico e, in generale, sul mondo dell’arte contemporanea.

Pino Boresta, sei mesi di mostra “Il Boresta che non ti aspetti” al Micro, un progetto molto ambizioso, come nasce?

Questo è progetto che avevo in testa da molto tempo, perché volevo trovare il modo di presentare e valorizzare alcuni momenti importanti del mio lavoro artistico. Un’idea che si è poi concretizzata quando ho incontrato dopo molti anni la mia amica Paola Valori anche lei coinvolta in prima linea all’interno di questo sfavillante mondo dell’arte. Ci siamo immediatamente detti che prima o poi avremmo dovuto fare qualcosa insieme. Paola ha dimostrato fin da subito un sincero interesse nei confronti del mio lavoro artistico, forse un po’ atipico per i suoi gusti, ma ho percepito che in qualche modo aveva seguito nel tempo la mia ricerca e quindi il suo interesse, al di là della nostra amicizia, era autentico. Così alla prima occasione non ci siamo fatti sfuggire la possibilità. Abbiamo poi trovato la quadra perfetta nel momento in cui ho pensato che potesse essere Raffaele Gavarro il curatore che ci avrebbe potuto affiancare ed aiutare in questa audace avventura, e non poteva essere diversamente vista la sua professionalità e la reciproca stima che ci lega da lunga data. Poi le ciliegine sulla torta sono state tutte le ragazze ed assistenti di Paola: Francesca, Martina, Carolina, Sara, Natascia, Arianna, Karla e Patrizia, che collaborano con noi in questo impegnativo progetto.

Negli appuntamenti di marzo “Serve! Boresta” serve a tavola personaggi del mondo della cultura romana, un flashback nel suo passato a Londra?

Si! Ho pensato di mettere in piedi questa performance memore di quello che è stato uno dei miei primi mestieri “il cameriere” che avevo iniziato già a fare dopo essermi diplomato per guadagnare un po’ di soldi per i miei viaggi. Uno dei quali mi ha portato a Londra per imparare la lingua e dove per sostentarmi ho continuato a fare. Un lavoro per noi italiani all’estero, che era sicuramente uno dei più facili che si poteva trovare allora e forse pure oggi.

Siamo tutti molto contenti di questa performance perché la sua peculiarità ne sta determinando il successo oltre ogni nostra più rosea aspettativa. Credo che questo sia dovuto all’accuratezza che abbiamo posto nei dettagli e dall’inusuale situazione che si viene a creare. Infatti, tutti gli invitati dopo aver confermato la loro presenza, riceveranno a casa un invito cartaceo nominale (usanza ormai scomparsa nell’era del digitale ma da noi ripristinata creativamente) da presentare e consegnare al loro arrivo in galleria, e che ritireranno come ricordo firmata dall’artista quando andranno via. Inoltre, non succede tutti i giorni di mangiare all’interno di una galleria circondati da opere d’arte fatte su tovaglioli come quelli che si hanno sulle proprie ginocchia e serviti da un cameriere che è anche l’artista che ha realizzato più di 30 anni prima quegli stessi quadri appesi alle pareti. Aggiungete a questo l’elegante e preziosa mise an place di proprietà della titolare della galleria, la singolare composizione floreale del centro tavola realizzata da Marzia Taurino, il ricercato menu di alta cucina preparato dallo chef stellato Maura Pierangelini, i raffinati vini serviti dal qualificato sommelier Ettore Aimi e “Il pranzo è servito”. Oltre tutto, essendo un pranzo al buio, vi è la sorpresa di trovarsi a tavola con persone che non si conoscono o che magari si conoscono ma mai ci si sarebbe aspettati di trovare lì. A tutto questo aggiungete il fatto che: non solo siete immersi in un’opera d’arte, ma fate parte dell’opera stessa, anche perché alla fine del pranzo i tovaglioli di tutti i commensali, grazie alla loro presenza, diventeranno opere uniche ed esclusive, e chi sa? potrebbero passare nei libri di storia dell’arte? Mi suggeriscono di volare basso perché mi dicono che le mie ali sono fatte ancora di cera, va bene… speriamo allora che un domani mi spuntino quelle vere come ad Angelo degli X-Men.

Londra 1988













Roma 2021

















Da appassionato d'arte quanto sareste disposti a sborsare per un’opera d’arte? E quanto se invece si trattasse di un qualcosa che esiste solamente sotto forma di asset digitale? Qualcuno gli ha staccato un assegno dall’importo pari a 69,3 milioni di dollari per “EVERYDAYS: THE FIRST 5000 DAYS, 2021” di Beeple, all’anagrafe Mike Winkelmann troppo poco? Troppo alto? L'arte digitale è il futuro?

Ho riflettuto più volte su questa faccenda del mercato dell’arte, e trovo ridicolo che gli artisti che il più delle volte vivono e muoiono in povertà, sono coloro che in realtà, non solo creano e producono ricchezza ma la sfamano. Gli artisti con le loro mani, con le loro storie e le loro idee danno origine a quella ricchezza che diventa spesso bene rifugio per un ristretto gruppo di abbienti che ha bisogno di diversificare i propri investimenti. Spesso gli artisti sono solo lo strumento per produrre e mettere in circolazione del valore capitale. Un valore variabile rappresentato dalle loro opere, come fossero una sorta di zecca che batte moneta e la mette in circolazione. Ma mentre il valore della moneta lo fa lo stato sulla pelle dei cittadini, quello delle opere, cioè il loro controvalore, è sulla pelle dell’artista, e l’arte digitale non cambierà le cose. Per cui No! l’arte digitale non è il futuro, anzi, penso che sia già vecchia, e può trovare la sua salvezza solo se trova alleati in altre forme d’arte.

Lei si considera un'artista che vive la contraddizione fra l'essere e il fare?

Direi proprio di sì, frequentando da molti anni le fiere d’arte, ho come l’impressione (e non dico niente di nuovo) che molti degli avventori: benestanti, ricchi e collezionisti, comprino opere d’arte non per il valore intrinseco che queste rivestono intellettualmente o artisticamente, ma solo a fine speculativo, come potenziale bene d’investimento economico. Questo fa sì che i frequentatori delle fiere, il più delle volte non siano alla ricerca dell’artista di sicuro valore in virtù del suo lavoro, ma piuttosto dell’artista anche mediocre, che gli garantisce un investimento sicuro. Grazie a dio, la storia ci insegna che questo tipo di speculazioni falliscono il 95% delle volte se non vi è un reale interesse e amore per l’arte, neanche lo screening più accurato farà scoprire al collezionista di turno la verità, perché la verità non va scoperta ma va cercata. Pertanto, solo coloro che ben conoscono il sistema dell’arte, le sue insidie, i suoi inganni, ma anche i suoi pregi e tutto quello che di nascosto vi è tra le pieghe sottili dell’Art System, potrà realmente avvantaggiarsi e fare buoni affari, spesso alla faccia dei cento babbei che cascano nelle grinfie dei soliti spregiudicati mestieranti.


ph Giorgio Benni


Tutti pensano di sapere cosa sia esattamente l’arte contemporanea, ma spesso questa definizione viene usata a sproposito e su alcuni grandi artisti e le loro opere persistono pregiudizi e credenze profondamente errati: lei come si contraddistingue come artista nell'era moderna?

Il problema non sono i pregiudizi sugli artisti, il problema spesso sono gli artisti stessi. Quanti artisti (senza che mi metta qui a fare i soliti nomi che sono stufo di ripetere ogni volta) pensano di giocare con l’arte o con il sistema dell’arte, quando in realtà è il sistema dell’arte che gioca con loro, facendogli credere di essere grandi artisti solo perché le loro opere vengono comprate a milioni di euro o dollari. Io credo che ai più intelligenti di questi, sia venuto sicuramente il dubbio, di essere in realtà solo pedine funzionali al sistema capitalistico ormai globalmente riconosciuto vincente.

Del resto, il sistema economico mondiale movimenta enormi capitali economici sempre più ingenti; ed oro, platino, diamanti ecc. non sono più in grado di supportarne il controvalore. Per cui, così come in passato, si pensò, per necessità e comodità, di sostituire alla circolazione delle monete d’oro o d’argento delle semplici banconote, che avessero il loro controvalore nelle casseforti degli Stati sovrani, qualcuno ha pensato ad un certo punto, visto che intorno all’arte giravano un sacco di soldi, di adoperare come controvalore alle banconote le opere d’arte degli artisti. Ma qua sorge il problema: mentre l’oro ha un valore che può fluttuare ma è più o meno stabile e garantito, così come avviene per i titoli quotati in Borsa anche le opere d’arte non hanno garanzie certe, specialmente se sono opere d’arte contemporanea. È stato a questo punto che qualcuno nel tentativo di garantire un controvalore certo, o almeno di una certa sicurezza, si è inventato il sistema dell’arte. È così che nasce il S.E.C.A. quello che io chiamo il: Sistema Economico Commerciale dell’Arte che sarà oggetto di un mio prossimo progetto artistico Top Secret.

Purtroppo, questo sistema si è dimostrato e si dimostra spesso fallace, così come avvenne per la bolla dei tulipani in Olanda. Le troppe decisioni avventate, spesso prese a tavolino con motivazioni puramente commerciali e di comodo, ne causa la sua fragilità. Per questo siamo ancora qui tutti a domandarci: Quali devono essere i fattori che determinano il valore di un’opera? La Gioconda sarebbe divenuta così preziosa se non fosse mai stata rubata? Chi decide cosa e quanto deve valere una determinata opera d’arte? Chi decide quale artista deve essere più importante di altri, e quindi le sue opere devono costare più di quelle di altri? Coloro che decidono conoscono e tengono conto del percorso artistico di un artista? Coloro che decidono considerano importante il valore sociale, spirituale, intellettuale, storico e artistico di un’opera d’arte? Purtroppo, a molti tutto questo non interessa, a molti interessa solo che abbiano un reale controvalore commerciale, possibilmente il più stabile possibile.

Accade così, che certi artisti, se ancora in vita, ripagati oltre che economicamente anche con qualche piccola o grande gratificazione qui e lì, diventino una sorta di zecca che produce opere di vario formato e foggia (non importa se siano banane, stencil, sculturine scopiazzate) che vengono usate come controvalore per enormi transazioni economiche, sostituendo la carta moneta o altre forme di scambio. Questi artisti sono ignari di fare parte di tutto questo che rischia di diventare un grande bluff? Questi artisti sono coscienti che stanno alimentando una pratica che si sta sempre più consolidando? Né è la prova il fatto che si possono trovare opere importanti del passato che vengono vendute e stimate a prezzi irrisori, in confronto a molte opere d’arte contemporanea di dubbio valore, vendute a prezzi inauditi. Allora mi chiedo: e da qui che nasce il bisogno di mitizzare e rendere famosi certi artisti, per celebrare le loro opere sugli altari delle case d’aste più importanti al mondo?

Essere artista in qualche modo l'ha salvata da una vita precaria e piatta; usa l’arte per capire qual è il suo posto nel mondo?

Alla luce delle mie risposte precedenti credo avrai capito che, sono ancora in fase di analisi, e più che un salvato mi sento un sopravvissuto dei sommersi.

Com’è nata la sua passione per l’arte?

In realtà non vi è un momento in cui ho deciso che volevo fare l’artista, quello che ho fatto è incominciare a disegnare e dipingere, ma ad un certo punto ho capito che avevo trovato la strada, la mia strada. Ora quello che dovevo fare era mettere dentro la mia testa la maggiore quantità possibile d’informazioni, il resto lo avrebbe fatto il mio cervello che non era certo peggiore né migliore di tanti altri. Dopo di che la missione consisteva nel mettermi in ascolto dei suggerimenti e indicazioni che venivano prodotte dai miei pensieri; analizzarli, valutarli, e quindi decidere cosa fare o cosa non fare. È a questo punto che entra in gioco l’intuizione bergsoniana, che ho scoperto già allora, ma che continuo a coltivare e affinare sempre di più.

Si è sempre definito un autodidatta dell’arte, secondo lei è stato un bene o è stato penalizzante non seguire nessun indirizzo accademico di settore?

No! Forse è stato un bene, almeno da quello che sento dire da chi le ha frequentate o da chi si è posto il problema più di quanto abbia fatto io. A ogni modo credo che la differenza la faccia poi la forza di volontà, la voglia di studiare e cercare di crescere ogni giorno cercando di capire sempre meglio quello che ci circonda. Ormai sappiamo bene tutti che oggigiorno essere e fare gli artisti non significa saper disegnare bene o essere dei bravi pittori o scultori. In un’era complessa e in continua evoluzione, come quella che stiamo vivendo, fare l’artista è diventato qualcosa di più articolato e probabilmente completamente diverso da quello era una volta.

È sempre stato considerato un outsider del mondo dell’arte, questa cosa lo ha penalizzato nel circuito dell’arte contemporanea italiana?

Mi accorgo adesso che mi stai dando del lei, ti prego dammi del tu, anche perché non credo sia mai stato dato del lei a un outsider e non voglio di certo essere io il primo.

Detto questo se ognuno di noi avesse la certezza che di fronte a ogni problema che la vita gli pone davanti riuscirà sicuramente a superarlo, forse la vita risulterebbe noiosa. Bisogna affrontare la vita con la consapevolezza che ogni ostacolo che si presenterà nel corso dell’esistenza è possibile superarlo ma se l’ostacolo è troppo alto bisogna aggirarlo, oppure avere la saggezza di sapere aspettare e comunque trovare il modo di andare avanti. Io credo che ognuno di noi debba vivere ogni giorno della propria esistenza come una sfida, se ci si rifiuta di affrontare le sfide che la vita ci pone, abbiamo perso in partenza e si diventa schiavi degli eventi. Vivremmo come quei drogati che decidono di vivere in uno stato di annullamento del pensiero perché non sanno quello che vogliono, incapaci di pianificare un disegno e tentare di raggiungerlo, vogliono solo godere ogni attimo di vita procurandosi una falsa felicità imperitura. Certo si può vivere cercando una pace interiore, evitando di imbarcarsi in progetti ed avventure rischiose, ma non sarebbe un po’ come rinunciare ad amare ed a essere amati? Allora tanto varrebbe rinchiudersi in un monastero ed evitare così tutti quei pericoli che vivendo una vita piena si corre il rischio d’incontrare.

Come hai vissuto il lockdown del 2020 e come stai vivendo questo ulteriore di marzo 2021? La tua attività creativa ha subito una battuta d’arresto? (Da notare che ti sto dando del tu…)

Da più parti nel mondo dell’arte capita sempre più spesso di domandarsi se: “L’esperienza può essere un’opera d’arte?”, io questo non lo so e lascio il dibattito agli esperti. Ma dopo aver partecipato con una mia incursione semiclandestina al programma di Max Giusti “Chi ti conosce?” (https://www.artribune.com/arti-visive/arte-contemporanea/2018/09/pino-boresta-televisione/) ho capito ancora di più l’importanza di indagare questo campo d’azione come nuova forma d’arte e credo che questa pandemia e questi ripetuti lockdown ci stiano insegnando e facendo capire quanto questo sia necessario. Molti artisti si stanno orientando in questo senso ed anche il pranzo della performance “Serve! Boresta” oltre ad essere un’azione di Arte Relazionale è una manifestazione artistica dove l’esperienza fa da padrona e in qualche modo viene esposta e studiata. Il dinamismo di un vero artista non si fa certo intimorire da qualche breve periodo di isolamento. Un artista ha sempre qualche opera e qualche progetto incompiuto da terminare, se poi è uno a cui piace anche scrivere, le giornate passano più veloci di quanto uno possa immaginare.

Come definisci la tua arte?

Ho fatto nel tempo talmente tante di quelle sperimentazioni e ricerche artistiche che non credo riuscirei a trovare una definizione che le possa comprendere tutte, ma se penso alla mia storia d’artista potrei forse definirla: un’arte ribelle, di barricata, di protesta, di contestazione e contrapposizione, un’arte clandestina, un’arte situazionista, un’arte relazionale, un’arte fatta nelle strade, un’arte arrabbiata di dissenso, ma fatta anche di amore, di pietà, di attenzione all’altro e di ricerca dell’altro. L’arte è la mia vita e ci sono dentro con tutte le scarpe, lascerò pertanto che sia qualcun altro a dire cosa è stato quello che ho fatto, perché il quadro quando lo vivi da dentro perdi la possibilità di capire quello che avresti potuto comprendere guardandolo dall’esterno.


Quali sono gli artisti che apprezzi maggiormente nel panorama italiano ed internazionale?

Alcuni di questi li ho invitati a partecipare a questo mio progetto. Ogni ultima settimana delle sei diverse mostre, un artista con il quale ho condiviso parte del mio percorso artistico sarà invitato ad esporre delle sue opere accanto alle mie, in una sorta di dialogo artistico. Poi DPCM permettendo vi sarà anche un nuovo vernissage e un incontro con l’artista invitato dove insieme al curatore, alla gallerista, e forse qualche altro invitato, parleremo oltre che delle opere, anche dell’amicizia che ci lega. I primi due sono Flavio Favelli e Salvatore Falci, sugli altri preferisco mantenere la sorpresa. Ma altri artisti che apprezzo sono sicuramente quelli che fanno già parte della mia collezione privata, spesso frutto di scambi, alcuni dei quali esporrò nell’ultima mostra del ciclo che si intitola “Gli amici di Boresta” e sono: Cesare Pietroiusti, Tomaso Binga, Alessandro Ratti, Giuliano Lombardo, Simone Marini, Salvatore Pupillo, Nello Teodori, Hannes Egger, Francesco Melone, Giuseppe Polegri, Luca Bidoli, Santini Del Prete.





















Progetti futuri?

E no! Di idee per il futuro ne abbiamo tante ma non si svelano mai prima, specialmente in un ambito come il nostro, sarei già contento se non accadesse che con qualche scusa ci scopiazzassero questo dei “Pranzi di Boresta”, che comunque faremo diventare presto un format che potremmo portare in altre prestigiose sedi, anche istituzionali, che si sono dimostrate interessate al nostro progetto. Ma sicuramente altre sorprese, che sono già in programma, avrete modo di apprezzarle durante tutti gli episodi di questo lungo ciclo di mostre, per cui seguiteci e non credo rimarrete delusi.

 

La mostra “Il Boresta che non ti aspetti” sarà al Micro di Roma, fino al prossimo 30 novembre 2021, DPCM e colori zone vari permettendo.

Stefania Vaghi

Pubblicato su Unfolding: